In fondo è solo una normale anomalia. Ossimoro farina del sacco di chi alla Reggiana (dalla Pro Patria), l’aveva portato nel 2014. Dopo aver condotto in B gli emiliani interrompendo un’astinenza lunga 21 anni, il capitano dei granata Alessandro Spanò ha comunicato ieri l’intenzione di appendere prematuramente gli scarpini al chiodo per proseguire gli studi. Laureatosi in Economia e Management all’Unicusano (ateneo telematico fondato dal patron della Ternana Bandecchi) a poche ore dalla finale playoff vinta mercoledì 22 contro il Bari, il centrale della Regia ha anteposto il Master alla Hult Business School (percorso di 20 mesi tra Londra, Shanghai e San Francisco reso possibile da una borsa di studio) all’agognata serie cadetta. Da terzo difensivo di destra nel 3-4-1-2 alviniano a “La capitalizzazione degli investimenti: private equity e venture capital” (tema della tesi): il passo non sembra poi così breve. Quanti avrebbero fatto altrettanto? Impossibile saperlo. Diciamo (visto il contesto e volendo andare controcorrente), che sarebbe stata una follia il contrario. Perché smarcandosi da un cliché ormai consunto, nel calcio (soprattutto in Serie C) ci sono molte più teste sulle spalle di quante la vulgata vorrebbe accreditare. E di studenti in pieno corso fioccano le rose (solo la Pro Patria ne può contare una mezza dozzina).

Ciò detto, la storia mantiene comunque il suo cotè romantico. Tanto da suggerire al Ministro dello Sport Spadafora l’etichetta di “esempio per i giovani”. L’Alessandro da Giussano (traguardo dei 26 anni tagliato il 19 giugno scorso), prima di accumulare 197 presenze con la Reggiana (187 in regular season e playoff), ne aveva giocate 25 (una, con il Como, anche da capitano) in biancoblu (2013/2014). La stagione pre riforma della C (quella senza retrocessioni), caratterizzata da una Pro Patria in blue jeans con Colombo in panca e parecchi pischelli in campo. Poi (l’estate successiva), la “cessione di ramo d’azienda” (almeno così fu definita) con Vavassori (lui l’autore del paradosso d’apertura) che trasferì sulla via Emilia (tra gli altri) Ferrara, Colombo, Simonelli, Federici più i giocatori Mignanelli, Spanò, Giannone, Bruccini, Siega e Messina. Trasformando il club tigrotto in una sorta di bad bank. Sportivamente parlando, s’intende. Con rutilanti sviluppi vissuti nel campionato a seguire.    

Nel suo congedo dalla Reggiana (celebrato da un servizio del TG1), Spanò ha invitato a non smarrire la diritta via. Con una chiosa in perfetto Steve Jobs’ mood: “Credo che il destino giochi con le nostre vite, per dare a tempo debito un senso a tutto ciò che nei momenti difficili sembra non averne. Il mio destino si è intrecciato con quello di questa città. Mi ha chiesto di fare con lei un viaggio, fianco a fianco. Di accompagnarla dove merita. Così ci siamo presi per mano, siamo arrivati in vetta, ce l’abbiamo fatta insieme… Ci sono altre parti dentro di me che sgomitano per avere spazio ed è giunto il loro momento. Inseguite il vostro vero significato e vivrete per sempre un sogno”.    

Giovanni Castiglioni
(Foto quotidiano.net)

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