Discorso su due piedi. In senso letterale perché giovedì mattina la prima conferenza stampa annuale allo “Speroni” ha previsto relatori appiedati e platea accomodata sui seggiolini della tribuna. Roba da post Covid che ha però consentito di mettere qualche punto qua e là su quanto ci attende in casa biancoblu per il campionato in partenza il 27 settembre.
Cinque cose che abbiamo capito (o che pensiamo di aver capito) dal primo giorno tigrotto della stagione di grazia 2020/2021.

Tanta voglia di lei. Menate a nastro per settimane quando in realtà Ivan Javorcic non ha mai pensato di trasferirsi altrove. Questa la sintesi. A cui lo spalatino ha garantito la didascalia: “La vera sfida è rimanere”. Con l’assalto al podio storico di presenze in panca ormai nel mirino (114 contro le 144 di Carlo Regalia attualmente terzo). All’alba del campionato seguito a Scudetto Dilettanti e promozione (16 luglio 2018), Ivan Drago aveva dichiarato: “La Pro Patria deve rappresentare qualcosa di diverso nel panorama del calcio italiano”. Qualora il target venisse raggiunto (se già non lo è stato), sarà anche per merito suo.       

Centravanti tutta. La rosa è ancora incompleta. Non è certo un mistero. A spanne altri 6/7 elementi per completare la lista dei 22 con contratti professionistici. Il tempo c’è ancora (eccome), e le occasioni non mancheranno. Una volta congedato Mastroianni, il pezzo che farà più differenza nel gioco bustocco sarà sempre il 9. Vero. Perché falso va sempre meno di moda. Turotti è atteso da scelte strategiche e operazioni complementari. Quella dell’attaccante di riferimento appartenente senza dubbio alle prime.        

Size Matters. Le misure contano. Da sempre. E restando debitamente lontani da lubrici paralleli da caserma, quelle della Pro Patria rimarranno invariate anche per il terzo anno consecutivo in C. “Nessun ridimensionamento. L’obiettivo resta quello di sempre, la salvezza”. L’epigramma del biellese non ammette interpretazioni. Seppur con la tara di budget sforbiciati (per tutti) e di incerti orizzonti per la categoria. Largo ai giovani. Per forza (di bilancio), e per amore (di progetto). Perché le misure contano, certo. Ma poi bisogna anche saperle usare. 

36.8. Il numero in questione rappresenta la misura della febbre testata l’altro giorno al sottoscritto. Range utile a garantirsi l’accesso alla conferenza stampa e segno dei tempi che tocca vivere dopo la pandemia. Tamponi, test sierologici, porte chiuse. Il sillogismo potrebbe comportare anelli infiniti. Legati dal comune destino di mostrare in filigrana la corda della sostenibilità del sistema una volta che la cassa integrazione andrà ad esaurirsi. Discorso chiaramente generale. E non particolare della Pro. Allo stato, esiste solo l’ipotesi di una parziale riapertura autunnale degli spalti. Con protocolli ancora tutti da scrivere. Salvo impennate nei contagi, s’intende. Il Decreto Agosto prevede 90 milioni di plafond per il credito di imposta sulle sponsorizzazioni. Una mano. Anzi, una buonissima mano. Che non impedisce di porsi in ogni caso una domanda. Per quanto la Lega Pro può permettersi di giocare senza pubblico? Per una questione di appeal e di immagine. Prima ancora che per una necessità strettamente economica.    

Attenti a quei due. Questa l’abbiamo capita a metà. “Farei contratti a tempo indeterminato a tutti. Direi pure eterni. Tranne a 2 che infatti non ci sono più”. Senza scatenare la caccia alla coppia reietta, la curiosità è donna. Come Patrizia Testa, autrice della frase (senza ulteriori indizi) di cui sopra. Lo stile di gestione di via Cà Bianca è a suo modo un modello. Che ha creato un’identità. Persino di genere. “Una volta un giocatore mi ha chiesto cos’era il Pro Patria. Ora non succede più”, la chiosa turottiana all’argomento. Sesso matto. Ma a tutto c’è un limite.          

Giovanni Castiglioni 

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