Lo scorso 12 agosto la Svizzera ha ufficialmente rinunciato ai Mondiali di ciclismo su strada e l’iniziale suggestione di riportare la competizione a Varese, dopo l’epopea del 2008, è ben presto diventata una possibilità concreta. Principale promotrice di questa meravigliosa idea è la Società Ciclistica Alfredo Binda che per mezzo del presidente Renzo Oldani ha immediatamente avviato i contatti con l’UCI. Qual è la situazione? “Abbiamo avanzato una richiesta formale all’UCI – spiega Oldani – dimostrando che dal punto di vista tecnico e sportivo siamo pronti ad organizzare un Mondiale in meno di un mese. Ci hanno risposto a grandi linee, forse per capire se avevamo la seria volontà di agire, per cui abbiamo riformulato la domanda in maniera più specifica e ad oggi stiamo aspettando la risposta”.

Qual è stato l’iter per proporre la candidatura di Varese?
“È nato tutto da un’intervista di Sergio Gianoli in cui ho detto che la Binda sarebbe in grado di organizzare i Mondiali. Il giorno dopo ho ricevuto telefonate da mezzo mondo, dal Sindaco Galimberti, dalla Regione Lombardia, da altri politici e da parecchi sponsor. La cosa si è fatta seria e abbiamo deciso di agire. Non vogliamo sembrare dei pazzi: chiunque si appresta ad organizzare un evento del genere deve avere in primis un’esperienza pregressa e soprattutto una ferrea volontà di far bene. Noi abbiamo entrambe e stiamo provando a fare il tutto in maniera seria e coscienziosa”.

Come si organizza un Mondiale in così poco tempo?
“Logicamente abbiamo chiesto all’UCI di darci delle delucidazioni in merito perché è ovvio che, a prescindere da tutto, non potrà essere un Mondiale normale: non ci sarà una settimana di gare ma solo due giorni, non avremo due o più anni di tempo per prepararci, per organizzare eventi, pubblicità e tutto quanto sta intorno. Inoltre il budget medio in situazioni di normalità si aggira fra i 10 e i 12 milioni di euro, cifra improponibile in questo momento. Per cui se dal punto di vista tecnico ed economico le richieste dell’UCI saranno alla nostra portata noi risponderemo presente”.

Discostandoci per un momento dai Mondiali in senso stretto, il fatto che la Svizzera abbia rinunciato porta ad una conseguente riflessione: qual è la situazione generale del ciclismo?
“Dal punto di vista del ciclismo in sé è un momento ottimo grazie agli atleti e ai campioni che stanno dando visibilità e lustro a questo sport. Dall’altra parte è un momento pessimo per quanto riguarda le condizioni in cui bisogna operare: il ciclismo è aggregazione come ben pochi altri sport, dal tifoso che dà la pacca sulla schiena del corridore ai raduni in cima alle salite aspettando i campioni. È un momento di sofferenza”.

Malgrado tutte le difficoltà, l’organizzazione del Gran Trittico Lombardo, new entry del calendario UCI, è stata un successo. È una definizione corretta?
“Direi che è stata ben più che un successo. La Società Ciclistica Alfredo Binda, la U.S. Legnanese 1913 e la Sport Club Mobili Lissone hanno avuto il coraggio di agire in un momento complicato in cui non tutti si sarebbero mossi. Grazie al grandissimo lavoro della Prefettura e delle Forze dell’Ordine siamo stati i primi a garantire l’apertura ad un pubblico certificato e autorizzato, tracciando la strada a tutti coloro che hanno poi voluto seguire il nostro esempio. Inoltre abbiamo riscontrato un grande successo di pubblico registrando ascolti televisivi superiori alla Tre Valli dello scorso anno: la gente ha voglia di ciclismo e noi siamo riusciti a soddisfarli”.

Tornando ai Mondiali va detto che l’organizzazione non può prescindere dalla situazione sanitaria. Con il Gran Trittico Lombardo vi siete fatti le ossa; per il Mondiale cambia qualcosa? Considerate la possibilità che, da un momento all’altro, potrebbe saltare tutto?
“Il 7 settembre uscirà un nuovo decreto e potremo avere le idee più chiare, ma a prescindere da questo voglio sottolineare che noi abbiamo il vantaggio di avere un territorio le cui Forze dell’Ordine sono già state testate per situazioni del genere e sono le migliori in assoluto. È ovvio che siamo tutti preoccupati, ma al tempo stesso coscienziosi e sicuri di ciò che si può fare: vogliamo portare a termine questo progetto e, anche a porte chiuse, non si perderà la validità. Non dimentichiamo che un Mondiale non è solo sport, ma è un’immagine che va a tutto il mondo e Varese ne beneficerebbe in toto; chiaramente ci deve essere un giusto rapporto qualità-prezzo e tutti gli ingredienti si devono amalgamare alla perfezione per garantire questo pasto”.

Il tracciato svizzero era piuttosto insidioso. Da questo punto di vista il territorio varesino offre infinite possibilità; che percorso potremmo aspettarci?
“In questo io parto sempre da due domande molto semplici: quanto vale la pena massacrare i corridori per avere un arrivo con una decina di elementi? Cosa vuole il pubblico? Chi organizza vede le cose in maniera diversa da chi corre, per cui credo che debba esserci una gestione del tracciato tale da far sì che siano i ciclisti a fare la corsa. È il regno dell’incertezza: a Varese 2008 i big erano tutti insieme, almeno fino all’intuizione di Ballan, e questo dimostra che un percorso studiato ad hoc per lasciare il dubbio fino alla fine garantisce molto più pathos”.

L’assessore allo sport Dino De Simone ha detto: “Avere di nuovo il Mondiale sulle nostre strade sarebbe un sogno”. Da Varese 2008 a Varese 2020: quanto sarebbe importante per Varese, per la Lombardia e per l’Italia?
“Non bisogna guardare solo l’evento sportivo ma la voglia di rinascita e di rimettersi in gioco da parte della nostra Regione e della nostra Nazione. Ovviamente con tutte le precauzioni del caso, perché la tutela della salute di corridori, addetti e pubblico è da sempre la nostra priorità. Come dicevo prima i Mondiali vanno oltre la competizione in sé: dal 2008 ad oggi il turismo a Varese è aumentato del 300% e tutte le corse ciclistiche hanno contribuito a questo, inclusi i Mondiali di Gran Fondo 2018 che hanno visto arrivare atleti da 63 Paesi. Il professionismo deve essere la vetrina per far sì che la gente faccia sport e porti economia tutto intorno: quest’anno forse non sarà così a causa dell’epidemia, ma dal prossimo anno la gente si ricorderà di Varese e tornerà”.

A proposito di Varese 2008, qual è il ricordo più emozionante di Renzo Oldani?
“Sicuramente l’emozione e la pelle d’oca nel momento in cui Ballan è entrato nell’ippodromo e c’è stato un boato da stadio. Lì ho capito che avevamo fatto una grande cosa per Varese e per il ciclismo. ho capito perché avevo ‘buttato via’ quattro anni della mia vita e ho finalmente scaricato la tensione. È stato un momento di liberazione”.

Quanto dovremo aspettare prima di conoscere il destino dei Mondiali di ciclismo su strada?
“Non molto, penso al massimo una settimana; bisogna saperlo il prima possibile perché avviare una macchina organizzativa del genere richiede tempo. E già non ne abbiamo molto. In caso di risposta affermativa ci faremo trovare pronti e disporremo di tutti gli aiuti del caso, perché questo discorso non riguarda solo la Binda o Varese, ma l’orgoglio italiano. Come ha detto De Simone sarebbe un sogno riportare i Mondiali a Varese, ma senza i sogni non si può costruire nulla; e allora dico a tutti di continuare a sognare”.

Matteo Carraro

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