La leva calcistica del 2003. Classico esempio di sceneggiatura scritta bene. Nel giorno in cui la Pro Patria ferma il Torino a domicilio chiudendo la gara con in campo 7 prodotti del proprio settore giovanile (4 minorenni, tre 2003 e due 2002), a prendere per mano il ginnasio biancoblu (nel gol e nella prestazione), è Riccardo Colombo. Cioè, il quasi 38enne capitano, ex granata, a sua volta uscito dalle giovanili tigrotte 20 anni fa esatti. Quando gli sbarbati di cui sopra erano ancora (forse) solo un progetto nei desideri dei rispettivi genitori. Roba che sembra fatta apposta per il solito quartetto d’archi retorico. Da cui ci teniamo alla larga. Ma fatta la tara al Toro (9 assenti ne riducono il potenziale, inutile nasconderlo), resta la prova titillante della Pro. Soprattutto, l’idea (chiarissima) di un calcio sempre più fatto in casa. Un po’ per forza (di bilancio) e un po’ per amore (di progetto). La strada è tracciata. E non si torna indietro.

Atarassia portami via. Nel post partita dell’Olimpico, Ivan Javorcic si mostra più atarassico del solito: “Una bella giornata lavorativa. E’ stato un onore essere qui in questo stadio a giocare contro una squadra di questo spessore. Il risultato è la cosa meno importante. Sono contento per i ragazzi che hanno fatto un’esperienza bella e importante. Mi è piaciuto il modo di stare in campo. Personalità, consapevolezza, organizzazione. Tutto quello che fa parte della struttura di gioco. Ci siamo espressi molto bene in fase difensiva. Abbiamo anche provato a pressarli alti, con coraggio e con rischio. Costruendo anche delle occasioni. La differenza di categoria si nota e poter reggere il confronto è motivo di grande soddisfazione”.

Ok Boomer. Sul fronte giocatori, Giovanni Fietta mette l’accento sul passaggio di testimone generazionale: “Queste partite valgono come 10 allenamenti. Abbiamo fatto una buona gara. Mantenendo le distanze ed essendo aggressivi quando si poteva. Con due categorie di differenza si gioca contro elementi fisicamente e tecnicamente di livello. Credo chepossiamotornare a casa e lavorare con ottimismo. C’è grande dedizione da parte dei più giovani ed è anche vero che in questo gruppo c’è grande e quotidiana cultura del lavoro. Fa parte del nostro DNA. Qui c’è la mentalità di una squadra che gioca da squadra, lavora da squadra e si allena da squadra. Non vedo e non vediamo l’ora di poter giocare una partita vera. Con i 3 punti in palio. Manca quell’adrenalina”.                          

Giovanni Castiglioni
(foto da Torino Football Club Official Facebook)  

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