L’attuale emergenza epidemiologica suppone una sfida di non poco conto per il calcio dilettantistico. Dopo la sospensione dei campionati e le bizzarre vicissitudini circa la possibilità o meno di continuare l’attività di allenamento (ora definitivamente sospesa a causa del lockdown in cui è ritornata la Lombardia come da nuovo DPCM del 3 novembre) le società devono fare fronte alle difficoltà economiche e organizzative scatenate dalla seconda ondata di contagi.
In casa Valle Olona, prima della chiusura della regione come zona rossa, si attendeva di poter valutare gli ulteriori sviluppi prima di decidere in merito alla fattibilità della ripresa degli allenamenti, tanto per la prima squadra quanto per i più piccoli. Abbiamo affrontato l’argomento con il responsabile del settore giovanile Biagio Castiglia, che ha tracciato un quadro cauto e realista del delicato momento che stiamo vivendo.

Quali erano e quali sono i vostri piani per questo periodo di stop dalle competizioni?
“Dopo il primo DPCM (del 25 ottobre, ndr) avevamo fatto una riunione a livello di società per capire cosa si potesse fare e come riprendere l’attività. Ci eravamo organizzati per fare allenamenti a norma, con tutti i mister a disposizione per dare una mano e lavorare con piccoli gruppi di 5 ragazzi in modo da rispettare il distanziamento. Poi la situazione è degenerata giorno dopo giorno e ora i casi continuano ad aumentare. Prima che fosse annunciato il lockdown, volevamo prenderci un po’ di tempo per discutere sul da farsi in base ai dati. Ora invece siamo tutti fermi e bisogna rimanere con i piedi per terra. Attendiamo di poter tornare sui campi e da parte nostra ci sarà sempre il massimo impegno”.

Qual è la sua opinione sugli avvicendamenti delle ultime settimane? 
“Penso che in queste situazioni non sia mai facile decidere la cosa giusta da fare, perché ci troviamo davanti a una malattia che ci sta devastando. Egoisticamente parlando, da sportivo avrei preferito che fermassero prima altre cose. Avendo figli che vanno a scuola, vedevo com’era la situazione del trasporto pubblico, con i mezzi pieni che sono sicuramente uno dei principali problemi del contagio. Il nostro sport, invece, era un momento di sfogo all’aria aperta. Dal punto di vista politico non so se sia giusto o sbagliato quello che sta facendo la regione. Anche noi abbiamo firmato la lettera per Fontana, però all’inizio i casi non erano così tanti. Se la situazione fosse rimasta così, piuttosto che chiudere completamente avremmo accettato anche di giocare a porte chiuse, anche se per le piccole società come la nostra sarebbe stato un sacrificio, perché abbiamo bisogno di gente che viene al campo e che consuma al bar. Ora, però, la realtà è questa e ci spaventa: la passione è una cosa e la malattia è un’altra”. 

Economicamente, quanto sarà pesante questo secondo stop? 
“Per noi non sarà facile. Come società abbiamo dato e speso molto per andare avanti e metterci in condizioni di allenare i ragazzi in questo periodo, perché ci vogliono macchinari e persone per sanificare gli ambienti e misurare la temperatura. Ora, però, non si sa neanche quando ripartiremo e in che condizioni, quindi avremo grosse difficoltà. Senza le rette, i tornei natalizi e tutte le attività che ruotano attorno a una società dilettantistica, sarà molto complicato. Con gli aiuti economici si aprirebbe un altro mondo, ammesso che sopra di noi non facciano solo chiacchiere. Ora è il momento dei fatti e sono proprio curioso di sapere come si muoverà la ‘politica del calcio’, perchédavanti al dramma che stiamo vivendo diventa tutto più difficile, per noi, per le famiglie e per i ragazzi”.

I ragazzi, per l’appunto, pagano forse il prezzo più alto.
“È un peccato perché dopo il primo stop ora arrivava la parte più bella per loro, ovvero stare insieme e giocare. Dopo esserci fermati tanti mesi, in estate molti avevano smesso e credo che altri smetteranno ancora, perché purtroppo quando non si vive completamente un certo ambiente la voglia di fare sacrifici e di mettersi in gioco passa e si rischia di perdere la passione. Questa è la cosa più brutta, che i ragazzi si lascino andare e magari cerchino altri sbocchi, ma se non fanno sport rischiano di chiudersi in casa davanti al computer. Gli allenamenti individuali sarebbero stati fattibili, ma un bambino o un ragazzo vuole tirare in porta e alla lunga la situazione può diventare stressante”. 

Che intenzioni avevate per la prima squadra, che tra l’altro si è rinforzata proprio in questi giorni?
“Come a marzo, a ogni ragazzo è stato assegnato un programma specifico per allenarsi individualmente”.

Pensa che ci saranno i margini per una ripresa a febbraio? 
“Mi auspico che si possa riprendere a febbraio, visto che sarà passato il periodo più brutto che è quello invernale. Mi auguro davvero che sia così, altrimenti sarebbe un dramma per tutti. Spero anche che già a gennaio si possa ricominciare con gli allenamenti normali, di squadra, in vista di un’eventuale ripresa del campionato”.

Silvia Alabardi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui