Le sette note che finiscono nel cassetto, la chitarra in un angolo, gli streaming che prendono il posto dei concenti ed i decibel che d’un tratto si abbassano: è così che gli artisti si sono trovati ingarbugliati nella “svolta obbligata” dal lockdown, una svolta che ha staccato la corrente senza preavviso.
Per Giuseppe Spina, cantautore di Olgiate Comasco, tutto questo non ha fatto eccezione: il 21 febbraio l’ultima data poi la musica si è spenta e ha lasciato posto ad una miriade di incertezze.
“Scrivo canzoni da una vita, lo scorso anno ho prodotto un disco, faccio tutto ciò che è inerente alla musica, concerti, collaborazioni con associazioni, musica di strada, tutto ad eccezione dell’insegnamento, perché sono un autodidatta e non saprei trasmettere un metodo se non il mio, ma purtroppo da quando è esplosa questa pandemia ho dovuto mettere tutto in secondo piano”.
Due bambini che frequentano le scuole elementari, una compagna che fa la Oss in una casa di riposo e che questa situazione la vive molto da vicino, è così che Giuseppe si è trasformato in “mammo” a tempo pieno: “La mia storia è un po’ particolare, avevo avuto un po’ di delusioni e aveva messo da parte l’amore per la musica, sono arrivato qui nel 2009 e il destino ha voluto che la persona che mi affittasse casa fosse un musicista, Mauro dei Settegrani una band che ha suonato fino in Cina e diventato poi mio grande amico, e così le cose sono nuovamente cambiate, prima lavoravo e mi ritagliavo il tempo per suonare, la sera, nei weekend, ma quando sono arrivati i figli al contrario di ciò che uno possa pensare, ho deciso di dedicarmi alla musica a tempo pieno, occupandomi dei bambini di giorno, visto che la mamma lavora su turni, e di comporre e suonare in tutto il resto del tempo”.
Da quel momento sono partite nuove collaborazioni, andate sempre in crescita, fin quando l’arrivo del covid ha stoppato tutto..
“Purtroppo questa pandemia non era preventivabile e ci ha dato una mazzata, per noi artisti poi che abbiamo una serie di entrate variabili e non facilmente quantificabili è anche peggio perché se pure volessero darci una mano a quale base possono attenersi? La situazione è altamente complicata, non ci sono decisioni giuste o sbagliate, ci sono regole a cui attenersi ed è quello che dobbiamo fare, io non vorrei mai essere nei panni di chi ci governa perché oggi qualunque cosa decidano non va mai bene o per l’uno o per l’altro”.
Cosa pensi delle proteste degli artisti scesi persino nelle più importanti piazze italiane?
“Ci sono proteste molto belle, ordinate, con un senso, come quella manifestata in piazza Duomo che ha coinvolto gli operatori dello spettacolo i quali si sono presentati rispettando le regole e muniti di bauli neri, come a dire che la loro arte fosse rinchiusa lì, sono state proteste civili al contrario di quello schifo che abbiamo visto in cui sono intervenuti i delinquenti creando solo danni ulteriori e disagi”.
Un cantante senza musica è un po’ come un cielo senza stelle…
“Stoppare una passione così, senza preavviso, in maniera tanto brutale, è stato come spezzarci le ali, la musica è il nostro mondo, d’un tratto la porta si è chiusa e non possiamo più entrarci, fa male ma personalmente la cosa che mi manca di più è il contatto con la gente, fare “assembramento ai concerti”, averli lì il pubblico e poter saltare, scherzare, urlare con loro…questo è un vuoto incolmabile”.
Anche tu in questo periodo ti sei affidato al mondo web riproponendoti in streaming?
“Qualcosa ho fatto, qualche diretta facebook, qualche intervento in radio, diciamo che è un “far finta di suonare”, è mettere in qualche modo una pezza su un’esigenza primaria, sono mezzi che sicuramente tornano utili ma non prendiamoci in giro, non sostituiscono nulla, non sarà mai la stessa cosa”.
Mai come in questo momento il futuro è difficile da decifrare: tu cosa pensi e cosa ti auguri?
“Ho letto un articolo in cui si diceva che per progettare il futuro bisogna capire bene il passato, così ho fatto, mi sono documentato su situazioni simili e per quanto difficile non abbiamo a che fare con un virus apocalittico, la situazione è complicata certo, ma la spagnola, tanto per dirne una, fece 50 milioni di morti in due anni, diciamo che fra i negazionisti e i catastrofisti io sto in mezzo, mi attengo alle regole e aspetto, il futuro è difficile da delineare ma sono che certo anche le nostre menti, a loro volta intrappolate in un questo scenario, verranno salvate dalle nostre passioni, e nel mio caso sarà ancora la musica a darmi una nuova chance”.
Mariella Lamonica