È arrivata ieri la notizia circa la firma, da parte del Ministro dello Sport Spadafora, di una Riforma dello Sport con la conseguente abolizione del vincolo sportivo, sostituito da un premio di formazione per le società, a partire dalla stagione 2022/2023. Nello specifico, i calciatori saranno, in questo modo, totalmente liberi di cambiare ogni anno squadra, a prescindere dal consenso della società, a cui andrà un premio di formazione.
Naturalmente, come ogni decisione, i pareri che la accolgono sono discordanti e anche in Seconda Categoria le società si sono fatte un’opinione a riguardo.

“E’ una riforma davvero sgradevole a parte il discorso del vincolo e tutto quello che ci sta dietro – esordisce così il presidente della Valcuviana, Testa – perché se tutte le società devono tesserare i calciatori come soggetti INPS, diventerebbe un disastro. Il problema è che poi, i ragazzi diventerebbero merce di scambio per il discorso allenatori o direttori sportivi perché, ad esempio, l’allenatore si fa il suo gruppetto che poi lo seguirà nelle varie squadre e, a quel punto, non riesci più a costruire un vivaio che sposi il tuo progetto. Non riesci neanche ad investire nei ragazzi, a fargli fare corsi ad hoc o stage, come fai?
Oggi come oggi, quasi tutte le società di calcio finanziano il settore dilettantistico con quello giovanile, per fortuna non è il nostro caso e per noi le giovanili sono esclusivamente la base, ma posso immaginare il problema per una società che ha gli allenatori o giocatori da pagare e che si deve avvalere sul settore giovanile. In una situazione del genere, con lo sport fermo e una pandemia nazionale, vai a fare una cosa del genere? Era obbligatorio fare una trattativa con le persone che masticano il calcio. Che cosa dovremmo aspettarci se la pandemia dovesse durare ancora? La mia paura è questa. Non riesci più a programmare serenamente una stagione di calcio”.

Anche il numero uno del Caravate, Tatti, ha espresso dissenso a riguardo: “Facendo un discorso generale, il vincolo, quando era stato creato, aveva come obiettivo quello di dare continuità e presenza dei ragazzi nella società, permettendo una base fissa ogni anno di giocatori a disposizione per la prima squadra e, laddove il ragazzo fosse stato richiesto da altre società, ricevere una remunerazione economica. Abolirlo completamente – prosegue il presidente – è sbagliato perché togli risorse alle società che hanno investito e crei discontinuità nelle squadre. In più, hai un problema economico perché formi il ragazzo senza poi avere nulla in cambio. C’è da dire che negli anni c’è stato un abuso di questo vincolo, tante carriere di ragazzi promettenti spezzate e che avevano la possibilità di giocare a livelli più alti ma che non hanno potuto farlo. Sicuramente è necessaria una riforma ma bisogna coinvolgere il sistema dilettantistico. Se anche la LND ieri ha tuonato contro questa riforma significa che non sono stati interpellati e il problema di fondo è stato proprio questo, non coinvolgere chi ci lavora e chi è competente. Poi anche questi premi di formazione non si capisce a chi spetteranno e in che modo. In senso assoluto va migliorato il vincolo, con regole più elastiche e adeguate ai tempi attuali”.

Di opinione diversa e incentrata sul calciatore, in quanto ragazzo che gioca per un suo svago e piacere, è il ds del Buguggiate, Cortazzi: “Non ha senso il vincolo sportivo per un ragazzo che non è professionista perché quanti hanno smesso di giocare per questi vincoli? O quanti che volevano andare in una squadra perché c’era l’amichetto e non potevano farlo? Oppure, ancora, quanti preferiscono andare in Svizzera dove non c’è questo vincolo. A rigor di logica non ci deve essere, potrebbe essere intelligente fare, ad esempio, un contratto biennale o triennale e fatto questo il calciatore è vincolato alla squadra. È giusto tutelare anche le società, che sicuramente guadagneranno di meno e avranno dei grattacapi, con i premi, i classici “tetti”, ma quello che manca ad oggi è la tutela del ragazzino. Certo, questo può essere, in parte, la morte del calcio dilettantistico ma stiamo parlando di un giovane che deve divertirsi e deve essere libero di scegliere”.

Roberta Sgarriglia

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