E’ il momento di sporcarsi le mani e in casa Openejobmetis Pallacanestro Varese, nessuno si chiami fuori.
E’ il momento, non solo metaforico, di infilare le mani nel fango della passione e in quella terra intrisa di umiltà. A chi lo farà la Varese cestistica, storicamente “Land of the Brave”, garantirà onore, affetto, eterna riconoscenza. 

Insomma, sotto le volte di Masnago è scoccato il momento di una chiara e netta assunzione di responsabilità e da domenica in poi i tifosi andranno, giustamente, alla conta. Pretenderanno di sapere chi, nella formazione allenata da coach Massimo Bulleri, mostrerà occhi “vuoti” e chi, invece, sarà in grado di garantire lampi di furore, grinta, coinvolgimento totale, “fede” e dedizione alla causa.
“Premessa doverosa: finora nessuno tra giocatori e staff – dice Andrea Conti, general manager di Pallacanestro Varese -, ha mai tirato indietro la gamba o, peggio, si è dimostrato poco sensibile rispetto alla situazione che stiamo vivendo. Però è vero che adesso i buoni atteggiamenti non bastano più e tutti quanti, se vogliamo conquistare la salvezza, dobbiamo fare non uno, ma dieci passi in avanti“.

Invece, per dovere di cronaca, facciamone dieci indietro cominciando da una domanda: Varese, oggi, è dove ti aspettavi che fosse?
“Certamente no – risponde secco il dirigente varesino -. A consuntivo mancano almeno 4 punti, quelli persi nel match casalinghi contro Treviso e Cantù. Contro l’Aquila, dopo il cospicuo vantaggio alla fine del primo tempo e comunque il +3 a una dozzina di secondi dalla fine, bisognava vincere. Quella è stata una sconfitta che, complice l’infortunio di De Vico (frattura capitello radiale, ndr), ha marchiato col sangue il nostro cammino perché oltre ai due punti abbiamo perso per due mesi uno dei giocatori più produttivi della prima di stagione. Idem, in termini di ‘dolore’, la sconfitta nel derby in una gara contrassegnata da episodi finali poco chiari. Poi, potrei recriminare su altre partite che causa covid-19 abbiamo giocato in formazione largamente rimaneggiata, vedi per esempio la trasferta a Trieste, ma questi guai di percorso rientrano nella casistica di questo campionato che si sta sviluppando in maniera allucinante. Si potrebbe anche analizzare il ‘diario’ di tutto il campionato, ma per correttezza mi limito a dire che abbiamo giocato veramente male solo contro Reggio Emilia e Sassari. In tutte le altre sconfitte, al netto delle difficoltà e delle carenze di organico, ho sempre visto una squadra viva e giocatori con le facce giuste”.

Nella chiacchierata del settembre scorso avevi indirizzato il “focus” sul tema “scommesse da vincere”. Com’è la situazione a cinque mesi di distanza?
“Per essere onesti fino in fondo devo dire che, per ora e per diverse ragioni, al ‘botteghino’ abbiamo raccolto poco anche se la vera scommessa, andata male, a mio parere l’unica è stata quella su Anderson. Il ragazzo, nonostante il grande impegno, non si è rivelato ancora pronto per un campionato duro e competitivo come quello italiano e la scelta di tagliarlo è arrivata di conseguenza. Per quanto riguarda le altre numerose scommesse, direi che siamo solo in attesa di apprezzare maggior continuità di rendimento. Al momento infatti i numeri parlano un linguaggio chiaro ed escludendo Beane, appena arrivato, abbiamo in organico due giocatori ‘sicuri’. Mi riferisco a Scola e Douglas, e un ‘mezzo sicuro’, parlo di Niccolò De Vico che, pian piano sta tornando ai livelli di inizio campionato. Tutti gli altri hanno prodotto alcuni picchi interessanti accanto però a gare abbastanza anonime e altre giocate con scarsa incisività, mentre al nostro gruppo servirebbe assai di più un rendimento più costante sui due lati del campo”.

Dei “due lati del campo” è sotto accusa soprattutto la metà difensiva: essere la seconda peggior difesa del campionato, a quasi 90 punti subiti di media, non è un dato prospettico esattamente incoraggiante. E tu lo sai meglio di me: se non difendi di solito retrocedi.
“Il dato numerico in sè è corretto e incontrovertibile, ma va rapportato anche ad una situazione che nelle ultime settimane è in deciso miglioramento. La difesa colabrodo della prima parte di stagione era figlia di un impatto fisico e atletico francamente sotto la sufficienza. Nelle prime dieci partite abbiamo subito da tutti a rimbalzo, nella fisicità dei giochi uno contro uno, nell’atletismo complessivo e, per un difetto che definirei genetico, in tutte le situazioni di pick and roll. Poi, con i primi aggiustamenti nell’assetto sono arrivate anche le prime statistiche positive e, vedi la partita vinta contro Brindisi, anche importanti segnali in termini di mentalità e numeri. Stiamo andando un po’ meglio a rimbalzo riusciamo a tenere botta contro i top-team e a pareggiare contro gli avversari di fascia simile alla nostra. In questo è stato importante far leva sul  maggior coinvolgimento di tutti i ragazzi facendo capire loro che la ‘teoria del mattoncino’ è tanto più valida ed efficace se a portare il peso sono 10 giocatori. E, oggi, facendo i debiti scongiuri, coach Bulleri può contare sull’apporto di dieci-giocatori-dieci. Tutti pronti a fornire minuti di intensità, reattività e sacrificio. In buona sostanza, minuti utili. In quest’ottica stiamo apprezzando il cambio di rotta di Douglas che, per così dire, rispolverando il suo ‘NBA Style’ ci sta dando una mano importante nella difesa uno contro uno e a rimbalzo. Di fatto, oggi più che mai è importante che tutti mettano a referto qualcosa sia nelle voci statistiche difensive palesi, quindi palle recuperate, rimbalzi, stoppate, sia in quelle nascoste, quindi aiuti difensivi e recuperi, rotazioni e giocate di sacrificio, quelle che rendono la ‘foto’ di un gruppo e sono in grado di esaltarlo. Solo in questo modo, ovvero dimostrandoci una squadra unita, forte e coesa sarà più facile raggiungere la salvezza”. 

Da uno a dieci, confessa, quanto sei preoccupato?
“Sono preoccupato il giusto, tra il 7 e l’8, perché in questo momento devo, realisticamente, guardare la classifica. Però, lo accennavo poco fa, ho ampi margini per sperare. Sia perché gli inserimenti di Beane e Egbunu daranno, sempre più, una forma fisica e atletica diversa, ovviamente migliore, alla squadra. Sia perché, se il covid-19 ce lo permetterà potremo ricominciare ad allenarci a ranghi completi e sviluppare quelle idee e opzioni tattiche che, oggi, sono solo in embrione. Poi, detto questo, è evidente che la cosa più importante sarà vincere più partite possibili e soprattutto non fallire gli scontri diretti in una stagione che, a differenza di quanto successo gli anni scorsi, avrà una quota salvezza molto, molto elevata. Credo, a occhio, intorno ai 22 punti”.

L’ultimo pensiero è per “Luigino” Scola: che ne pensi?
“Luis è il nostro leader ed è l’uomo-roccia a cui ci vogliamo aggrappare in tutti i momenti difficili. Poi, sono sinceramente dispiaciuto perché, a causa di una serie di circostanze ben note, non siamo del tutto riusciti a realizzare il progetto tecnico che, entrambi, noi e lui, avevamo in mente. Scola, è risaputo, doveva essere il giocatore ‘ciliegina’, quello che giocando tra i 20 e 25 minuti a partita, avrebbe prodotto tantissima qualità alzando, da campione qual è, il livello di tutti i suoi compagni. Purtroppo, oggi siamo vicini ai 30 minuti di impiego e in tante, troppe partite, siamo stati costretti a ‘farlo cuocere’ in campo facendogli perdere efficacia e lucidità. E a 40 anni, non è bello, né giusto nei suoi confronti. Però l’argentino, senza mai lamentarsi, da grandissimo professionista spreme tutto quello che ha dentro ed è sempre determinante. Così, in definitiva, sulla base di quello che dicevo prima, la speranza è quella di riportarlo all’idea iniziale e gestirlo al meglio in maniera tale da averlo ancora con energie e freschezza per la volata finale del campionato. Una volata che, ça va sans dire, vogliamo vincere mettendoci alle spalle altre squadre. Non sarà facile ma qui non si mollerà di un millimetro”.

Massimo Turconi

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