Effetto Gattuso. Jack, s’intende. Da quando ha preso il posto di Banchini sulla panchina lariana (1 dicembre), il Como ha fatturato 34 dei 42 punti disponibili. Cioè, al netto della gara in più recuperata rispetto alla concorrenza, 8 lunghezze guadagnate su Pro Patria e Lecco, 9 sul Renate, 10 su Pro Vercelli e Alessandria, 13 sulla Juventus U23, addirittura 21 sulla Carrarese. Di fatto, corsa a sé. Enfatizzata dalle 3 vittorie in 8 giorni dell’ultima tripla stagionale (Lucchese, Pergolettese e Giana Erminio). Allungo che ha portato ad un confortevole più 5 il vantaggio sulla prima inseguitrice Renate. E ha consentito di lasciarsi alle spalle (per quanto possibile) i 4 missultin rimediati a Lecco nel secondo stunner stagionale con i blucelesti. 

Il segreto? Questione di feeling. Inevitabile per Giacomo Gattuso che a Como è nato anagraficamente, cresciuto calcisticamente (come giocatore e come allenatore) e degli azzurri è da sempre tifoso. Radicamento ed identità. Retorica altrove. Non al “Sinigaglia”, dove a dispetto di una proprietà straniera (la britannica Sent Enterteinment), si parla rigorosamente laghée. In senso lato. E chissà (forse), anche in senso stretto. Una necessità, prima ancora che un’opzione sul tavolo che ha convinto il club ad accompagnare all’uscita il titolare per promuovere il vice. In una fase in cui il ribaltone poteva sembrare un vezzo. Come sottolineato qualche giorno fa sulle colonne del quotidiano La Provincia dal veterano Alessandro Bellemo: “In ogni caso la scelta della società si è rivelata giusta, anche se non eravamo in un momento così negativo allora. La cosa positiva è stata che scegliendo Gattuso che ci conosceva non si è stravolto niente, questa è una squadra che messa in campo nel modo giusto va con il pilota automatico. E il mister lo ha saputo fare. Del resto, questa è una squadra intelligente, che non dà problemi, nessuno pensa a sé stesso, nello spogliatoio c’è grande serenità. Dobbiamo solo andare avanti così”. Rapporto talmente simbiotico che quando il tecnico ha dovuto dare forfait per un improvviso malore (a Pistoia il 31 gennaio), la squadra si è persa interrompendo una serie di 6 vittorie e 11 risultati utili. Prova provata che quando a certe latitudini dici Gattuso, più di Ringhio intendi Jack.        

Messa da parte l’agiografia, passiamo alla ciccia. Ovvero al partidazo di sabato con la Pro Patria (ore 17.30, stadio “Speroni”). Tatticamente, il Como non si scosterà dal 4-2-3-1 che ne ha sublimato sin qui l’indole tecnica. Evoluzione del geometrico 4-4-2 visto nelle prima parte di stagione e, per inciso, sistema di gioco adottato a Busto anche da Carrarese e Pergolettese. Due formazioni capaci di togliere ritmo alla prima costruzione tigrotta. Out Cicconi per squalifica, possibile undici con Davide Facchin tra i pali; in difesa l’ironman Alessio Iovine (in campo in tutti i 2.340’ di campionato), Crescenzi, Solini (a segno nell’1-0 dell’andata) e lo scioglilingua Azzedine Dkidak (in alternativa l’acquisto di gennaio ex Juve Stabia Nicholas Allievi); doble pivote Tommaso Arrigoni e Bellemo; Toninelli, Gatto e l’ex Giovanni Terrani (26 presenze e 3 gol nel 2014/15) a supporto del Loco Franco Ferrari (match winner a 7’ dalla fine nel redde rationem del 25 gennaio con il Renate). Con Gabrielloni e H’Maidat come prime carte di scorta nel mazzo. In soldoni, quanto di meglio può offrire oggi il Girone A. Sesto grado alpinistico per la Pro Patria. Coefficiente di difficoltà che in epoca Javorcic è stato arrampicato più volte. Spesso riuscendo anche a venire a capo della parete.          

Giovanni Castiglioni

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