Simone Patruno è un giocatore del Rugby Varese, uno dei giovani più genuini e entusiasti che ci sia in squadra. Classe 2000, Simone gioca a rugby da parecchio e, come se la durezza di questo sport non fosse già sufficiente, il ventunenne biancorosso si destreggia in uno dei ruoli più grezzi e sfiancanti di questa disciplina: la prima linea. Nonostante la giovane età, Patruno fa parte del gruppo seniores già da tre stagioni e, sotto la guida di compagni di reparto esperti come Gulisano, Bosoni, Maletti e altri, ha imparato molti trucchi del mestiere, crescendo e mostrando un grande impegno.
Ora, come tutti i suoi compagni di squadra, non vede l’ora di poter tornare a giocare un campionato ufficiale, che ormai i biancorossi non vedono dal febbraio 2020.

Da quanto giochi a rugby?
“Ho iniziato a giocare quando avevo circa sette anni. Da piccolo ero molto attivo e avevo bisogno di uno sfogo fisico così, dopo aver provato diversi sport, ho deciso di giocare a rugby nel Varese, anche grazie a una spinta da parte dei miei”.

Cosa significa per te essere un giocatore di rugby?
“Per me vuol dire far parte di una squadra, con una sua identità. Quando gioco do tutto me stesso e sono molto fiero di potermi esprimere in questo sport. Negli anni ho imparato tanto e mi sono tolto diverse soddisfazioni, spero di potermene togliere molte altre al più presto”.

Quanto è difficile giocare in prima linea?
“E’ un ruolo molto duro e di estrema fatica, inoltre oltre al fisico ci vuole anche tanta tecnica per essere competente. Da sempre gioco in questo ruolo, principalmente tallonatore ma posso giocare anche pilone.”.

Quali sono le tue passioni oltre alla palla ovale?
“Sicuramente la palestra e la cucina, ma ultimamente ho imparato ad apprezzare meglio la musica, in particolare i generi jazz, soul e funk”.

Come ti trovi in squadra e cos’è per te il Rugby Varese?
“In questa squadra mi trovo benissimo. Nel complesso mi sento accolto, rispettato e il Rugby Varese è diventato una buona parte della mia vita perché mi ha dato tanto e io voglio fare lo stesso. Mi sento bene quando parlo di Rugby Varese”.

Come hai vissuto la lontananza dal campo causata dal Covid?
“All’inizio male. Ero molto triste di non poter giocare, ormai non abbiamo partite da più di un anno. Successivamente ho trovato le motivazioni e la spinta che mi serviva e ho capito che potevo utilizzare questo tempo per migliorarmi come giocatore e persona, in modo da essere pronto e fare di tutto per giocare la mia miglior stagione”.

Stefano Sessarego

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