Che Varese potesse tentare l’impresa in terra meneghina era nell’aria, vuoi per la condizione fisica e mentale con la quale gli uomini di Bulleri arrivavano al match, vuoi per le fatiche di coppa di Milano, ma che potesse riuscirci con una prestazione come quella fornita ieri sera sul parquet del Forum di Assago che ha regalato due punti d’oro verso la salvezza e la corsa play off nel derby lombardo era pronosticabile, forse, solo nei più rosei sogni di tutto l’ambiente varesino.
Sta di fatto che a volte i sogni si realizzano e la Openjobmetis, con l’81-83 finale, conquista una vittoria più che meritata, in una gara condotta dal primo all’ultimo minuto contro l’Olimpia più forte degli ultimi anni. Un successo fatto di autorità, di capacità di imporre il proprio gioco, il proprio ritmo, le proprie idee, il tutto unito ad un’applicazione tattica che ormai è perfetta ed un grandissimo sacrificio in difesa.
Relegare questi due punti per i Bullo’s boys solo al cuore e all’orgoglio sarebbe riduttivo, perché riuscire a segnare 83 punti in casa di questa Milano, subendone solo 81, vuol dire aver compiuto una vera e propria impresa sia a livello tattico che soprattutto tecnico. La Varese del Forum è la squadra che ormai da un mese azzanna le gare, e con la stessa grinta e voglia con la quale fa suoi i primi minuti del match, conduce con lucidità, pragmatismo, ritmo e ottimo gioco tutto il match.
Ancora una volta tra i mattatori di serata c’è uno strepitoso Ruzzier che vince l’ennesimo scontro diretto con il play avversario, e parliamo questa volta del Chacho Rodriguez, insomma non uno qualunque, con la solita enorme energia in difesa e lucidità offensiva. Da questo punto di vista, le prestazioni di Michele stanno lievitando a vista d’occhio, ormai marcatore fisso di questa squadra, con un’altra prova da 17 punti, tre dei quali decisivi e pesantissimi più degli altri nella penultima azione del match quando penetra nella difesa milanese come un coltello nel burro, costringe i meneghini al fallo, segna e conclude un gioco da tre punti che vuol dire vittoria.
Attorno a lui la macchina gira a meraviglia: i due totem che tali sono tornati dopo un periodo di appannamento, Douglas e Scola, ancora una volta comandano in campo e fanno sentire tutto il peso NBA che si portano dietro. Toney è giocatore determinante, che non ha paura di prendersi tiri anche spesso fuori dalla normale logica e metterli a segno, distruggendo psicologicamente il difensore. Mentre per El General gli aggettivi sono finiti, diventa difficile catalogare tra i normali giocatori uno che a 40 anni suonati comanda in campo contro la sua ex squadra in tutto e per tutto con 18 punti e tanti saluti a LeDay, Tarczewski e compagnia.
Il giocatore che però pare essere l’uomo della provvidenza varesina, ancora una volta, è John Egbunu. Il centro arrivato in sordina dalla Corea, con tanti dubbi e poche certezze, sta portando a Varese tutto quello che fino a queste quattro gare era mancato; energia, sostanza, presenza fisica e tanto, tantissimo atletismo che inevitabilmente condizionano gli avversari.
Nella presentazione del match avevamo detto che Varese avrebbe dovuto vincere la sfida fisica contro Milano prima ancora che quella tecnica ed Egbunu ha guidato questo trionfo battendo colpo su colpo contro Hynes, regalando una stoppata che speriamo non abbia ferito nessun giornalista in tribuna stampa, ma soprattutto si è eretto a insuperabile baluardo difensivo. Inoltre ha dimostrato di saperci ben fare anche mettendo la palla a terra, a dimostrazione di come il ragazzo lavori in palestra e possa ancora crescere molto. Una manna per Bulleri e per tutta Varese.
Proprio per il tecnico Bulleri è giusto dedicare l’ultimo pensiero, in un’annata disastrata sta riuscendo a dare sostanza a tutto quello che Bulgheroni in primis, ed è giusto sottolinearlo, ha sempre detto di lui: allenatore in campo ancor prima che in panchina. In un mese e mezzo ha ribaltato le sorti della stagione di Varese, l’ha resa squadra vera a sua immagine e somiglianza, riuscendo a far esprimere dai suoi quei concetti che spesso ha ripetuto in conferenza stampa o nelle intervista: tenacia, ardore, voglia, audacia ed anche un pizzico di pazzia si può aggiungere, per fare cose davvero grandi. Nella gara d’andata rimane negli occhi la scena del coach di Cecina che si ferma a chiacchierare con Messina al termine di un match che Milano stra vinse e che ancora si portava dietro una Varese fuori giri. Oggi all’abbraccio finale tra i due coach è sembrato come se il maestro regalasse un grande complimento all’allievo che è riuscito a superarlo, proseguendo il quel percorso di crescita che mostra sempre più luce, in fondo ad un tunnel che sembrava essersi fatto fin troppo buio e che ora brilla in maniera vivida.
Alessandro Burin