A B1 B2 C. La battaglia navale per la riforma del calcio italiano conosce già coordinate e data. Quella del 30 giugno. Deadline entro cui il quadro di revisione dello status quo pallonaro andrà perfezionato attraverso una prima approvazione. “Ogni componente non pensi che la riforma riguardi solo gli altri, ognuno dovrà rinunciare a qualcosa”.
Questa la promessa (o minaccia) fatta ieri in Consiglio Federale dal Presidente della FIGC Gravina. Di fatto, una sgasata sulla strada di una rivoluzione attesa da anni e ora (sulla spinta di ipotesi SuperLega e contingenza Covid) elevata da opzione a necessità. Curioso (ma fino ad un certo punto), che nelle stesse ore il Premier Mario Draghi abbia definito il Recovery Plan: “La chiave del destino del nostro paese”. Là ce lo chiede l’Europa. Oltre che il buon senso. Nel calcio più che di UEFA, è invece questione di sopravvivenza prima e di sostenibilità del sistema poi.
Nel merito, lo scenario va ancora declinato ma i punti fermi non mancano. I due principali riguardano la messa in opera (stagione 2022/23) e il fatto che il ribaltone partirà dal basso (dall’attuale Lega Pro, per intendersi). Per sommi capi (e nelle intenzioni, vedremo poi nella realtà): la platea professionistica oggi quantificabile in 100 club (20 in Serie A, 20 in B e 60 suddivisi in 3 Gironi di C), verrà drasticamente ridotta a 60. All’ingrosso, con la struttura a seguire:
– 18/20 squadre in Serie A con Scudetto assegnato ai playoff;
– 20/22 in Serie B1 (spin off della B odierna);
– 20 in Serie B2 (categoria nazionale a girone unico che raccoglierebbe la parte virtuosa dell’attuale Serie C).
I restanti club verrebbero destinati ad una Serie C rivisitata in salsa semiprofessionistica e a forte trazione giovanile con contratti di apprendistato a garanzia dei ragazzi in rosa. Un mare magnum (se preferite, una bad company), che andrebbe a coagulare anche parte della Serie D di oggi. In un limbo sospeso tra élite professionistica e quarto stato del dilettantismo.
Calando la riforma dalla teoria alla pratica, per la Serie C la prossima stagione (2021/22) sarebbe già il prequel del campionato a regime. Con (a occhio e croce), le prime 6/7 di ogni girone destinate alla successiva B2. Tutte le altre, invece, al purgatorio della C ermafrodita prossima ventura. Cioè, volendola fare grezza, promozioni allargate e retrocessioni allargatissime. Un’altra annata come quella (quasi) conclusa (al 5° o 6° posto) garantirebbe alla Pro Patria il ritorno ad una cadetteria reloaded dopo 56 anni di assenza. Serve la Vitamina B2. Ricostituente che la Trimurti tigrotta Testa/Turotti/Javorcic sa dove andare a pescare.
Giovanni Castiglioni