Donato Disabato era l’uomo che avrebbe dovuto prendere in mano le chiavi del centrocampo del Città di Varese per trascinare i biancorossi verso grandi traguardi, ma gli infortuni si sono messi di mezzo e sei mesi di calvario l’hanno tenuto lontano dal rettangolo verde. Ora il buio è passato, è tornata la luce e da sette partite (sei, in realtà, dato che contro il Vado ha scontato la squalifica rimediata contro il Casale) ha finalmente preso le redini della squadra.

Impatto non da poco il suo: due gol, assist e numeri di livello assoluto che meriterebbero ben altro palcoscenico. Dal suo ritorno il Varese ha segnato dieci gol in sette partite quando nelle precedenti 23 ne aveva segnati appena 20. Domenica scorsa nel derby contro la Castellenzese “Dido” non ha segnato ma ha regalato giocate da vero numero 10 e l’assist del momentaneo 1-0 firmato Polo. “Secondo me potevamo anche vincere – esordisce il capitano biancorosso – perché dopo il pareggio di Ebagua c’era la sensazione di poterla ribaltare. L’espulsione ci ha complicato i piani; peccato perché le sensazioni erano positive”.

Ti aspettavi di più dalla Castellanzese?
“Il merito è tutto nostro perché nelle ultime partite giocate siamo stati sempre noi a fare la partita e credo che lo stiamo facendo bene. Anche per questo motivo c’è tanto rammarico: i risultati pian piano stanno arrivando, ma non riusciamo ancora a raccogliere totalmente quanto stiamo seminando. La Castellanzese davanti ha una potenziale straordinario e siamo riusciti ad arginare molto bene i loro attaccanti; purtroppo il primo gol, evitabile, ci ha un po’ scombussolato”.

Una curiosità. Alla fine hai avuto ragione tu, ma ti chiedo: perché, dato che eri in ottima posizione, non hai tirato direttamente e hai preferito passarla a Polo?
“In realtà appena mi è arrivato il pallone volevo tirare di prima, ma ho visto arrivare un difensore avversario in scivolata e ho quindi scelto di saltarlo con un controllo orientato per calciare di mancino; tuttavia nel momento in cui ho iniziato a girarmi un altro difensore mi stava chiudendo lo spazio e con la coda dell’occhio ho visto Polo libero. Direi che è andata bene così: gran gol, tra l’altro, perché Tommaso ha visto che il portiere si stava spostando per intercettare un eventuale cross e lo ha beffato sul suo palo”.

Riavvolgiamo il nastro. Quanto hai sofferto nei mesi passati lontano dal campo?
“Tantissimo, inutile negarlo. Sono di Varese e giocare per questa squadra rappresenta sempre un sogno: avevo anche qualche offerta dalla Serie C ma non ho mai avuto dubbi nel tornare qui ed è stata davvero dura doversi fermare dopo appena una partita. Tra un infortunio e l’altro sono stati sei mesi infiniti: sono andato a Torino, da solo, per farmi curare e fortunatamente ho trovato persone straordinarie che mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Ora ho quasi il problema opposto (ride) perché da quando sono tornato le ho praticamente giocate tutte e non ho un attimo per recuperare le energie; non sono ancora al 100%”.

Dal tuo infortunio al tuo rientro sono cambiate parecchie cose: mister, giocatori, obiettivi… cosa ne pensi di quest’annata particolare?
“Abbiamo avuto problemi fin dall’inizio: io, così come altri, mi sono fatto subito male e poi è arrivato anche il Covid che ci ha costretto a numerose interruzioni. Non trovare la continuità è stato pesante e lo è tuttora: noi siamo stati fermi 42 giorni mentre le altre giocavano, poi abbiamo cominciato ad aver partite ogni tre giorni e le altre erano ai box… non è un’annata facile per tutti e si vede dai tanti risultati tennistici che ci sono stati sia in Serie D sia in Serie A”

Sei rientrato da trequartista ma, a causa dei tanti infortuni dei tuoi compagni, ora stai giocando più arretrato insieme a Beak. Come ti trovi con lui?
“È uno che lotta e combatte su ogni pallone, sta facendo bene e in questa fase di piena emergenza ci stiamo dando una grossa mano a vicenda. Con Gazo in campo ero più libero di spaziare, mentre ora sto giocando davanti alla difesa per dare più equilibrio alla squadra. È un ruolo in cui mi trovo bene perché quando ho spazio e tempo davanti alla difesa mi piace impostare il gioco”.

Parlando di infortuni, secondo te perché ce ne sono stati così tanti?
“Partiamo dal presupposto che, come ho detto prima, giocare a singhiozzo non aiuta: quando stai fermo per tanto tempo e riprendi con una partita ogni tre giorni il rischio di infortunarsi aumenta. Detto questo, però, non posso non parlare di sfortuna. Personalmente non ho mai visto un’annata del genere: tanti ragazzi non hanno quasi fatto tempo ad arrivare e si sono subito infortunati in maniera grave”.

Dal tuo rientro, comunque, si è visto un cambio di rotta là in mezzo: ti senti il leader tecnico e carismatico di questa squadra?
“Io sono il capitano, è vero, ma il Città di Varese ha tanti leader e il capitano non è mai uno solo. Noi più vecchiotti dobbiamo dare quel qualcosa in più soprattutto a livello mentale poi, personalmente, cerco di far capire agli altri cosa voglia dire giocare a Varese”.

E per te cosa significa giocare a Varese?
“Non è certo la prima volta che lo dico e continuerò a dirlo sempre: Varese per me è speciale perché sono nato qui, ho fatto tutta la trafila dalle giovanili e indossare questi colori mi riempie di orgoglio. Quest’anno poi c’è finalmente una società seria che fa le cose per bene e siamo tutti focalizzati sul nostro obiettivo: vogliamo salvarci”.

Il tuo amore per i colori biancorossi si è visto soprattutto dopo il gol al Legnano: possiamo già dire che è il momento più bello della tua stagione fin qui?
“Direi proprio di sì, ma mi auguro che non sia l’ultimo! Avevo già segnato un rigore contro la Lavagnese, ma segnare nel derby in quel modo è stata davvero una liberazione e mi sono lasciato andare ad un’esultanza sfrenata; peccato per l’assenza del pubblico perché con loro sarebbe stato ancor più magico”.

Comunque già due gol dal tuo rientro: se le giocavi tutte saresti probabilmente stato il capocannoniere della squadra…
“Magari (ride)! Beh, diciamo che in queste partite non posso certo lamentarmi perché anche domenica scorsa sono andato vicino al gol. Il mio obiettivo comunque non è segnare, ma salvarmi insieme alla squadra. Se il Varese si salva senza i miei gol io sono solo felice”.

Cosa manca al Varese per fare il definitivo salto di qualità?
“Torniamo sul fatto che è stata un’annata particolare: tante volte siamo arrivati davanti al portiere e non siamo riusciti a segnare o a chiudere le partite. Ci è mancata la finalizzazione e forse è questo che ci serve ora più che mai: tutti noi, dai difensori agli attaccanti passando per i centrocampisti, dobbiamo essere più decisi sotto porta”.

Mancano sette partite alla fine: tralasciando la questione dei regolamenti, credi che riuscirete ad agganciare la salvezza diretta che al momento dista sei punti?
“Con sette partite da giocare ci sono tanti punti in palio e credo che per come stiamo giocando la squadra ce la può fare. Di sicuro bisognerà restare compatti come siamo stati nelle ultime uscite e prestare la massima attenzione ad ogni sfida perché ora più che mai tutte le squadre vogliono far punti”.

Soprattutto contro l’Arconatese si era visto un Varese abbastanza stanco: quanto sarà importante recuperare le energie in questa settimana?
“Questi sei giorni saranno fondamentali perché ci faranno recuperare tante energie. Abbiamo giocato sette partite in 22 giorni e, non potendo fare rotazioni a causa di infortuni e squalifiche, è normale che la squadra sia stanca. Domenica ci aspetta un’altra battaglia anche perché ci mancheranno due pedine fondamentali come Aprile e Quitadamo. Cosa mi aspetto dal Gozzano? È una squadra molto forte che è lassù per un motivo, ma sono sicuro che potremo portare a casa il risultato: nelle ultime partite abbiamo trovato una certa compattezza e ci stiamo dimostrando più forti della sfortuna”.

Per concludere, un commento sui tifosi? Soprattutto nelle ultime uscite si stanno facendo sentire davvero tanto: cosa significa per te e per la squadra il loro supporto?
“Fa piacere sentirli perché nonostante le difficoltà ci sono sempre stati vicini dandoci una grossa mano. Avere dei tifosi del genere fa capire a tanti ragazzi cosa vuol dire giocare a Varese perché in altre piazze non è così e la dimostrazione l’abbiamo avuta contro il Legnano: è stato fantastico incontrarli fuori dallo stadio. Il loro supporto è la vera anima del Varese”.

Matteo Carraro

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