Federico Ligori, nato a Varese nel 1981, traccia un bilancio dei suoi primi quarant’anni (che compirà il 31 agosto) e torna a fare quello che ama, quello che per otto anni ha rappresentato la sua vita quotidiana dopo aver smesso con il calcio: le tigelle.
“Sono veramente contento e gasato a mille. Gli ultimi due anni sono stati un po’ burrascosi, dopo aver lasciato la Tigelleria sono stato in Svizzera a lavorare in una mensa scolastica come aiuto cuoco. Una grande esperienza dove ho avuto modo di ripartire anche con le basi della cucina, ma avevo un pensiero fisso: tornare a fare le mie tigelle”.

A 17 anni Ligori è già titolare nel Sud Tirol in Serie D e la stagione successiva, 1999-2000, la Fiorentina lo vuole in Toscana in Serie A. Ottima esperienza, l’esordio nella massima serie non arriva, ma la carriera nel mondo professionistico viene tracciata. Torna al Varese in C1 nel 2000-2001 e da lì in poi, in una decina di anni, colleziona 220 presenze vestendo tra le altre le maglie di Biellese, Prato, Spezia, Pro Vercelli, Vittoria, San Marino e Rodengo Saiano. A soli 32 anni, l’ultima stagione l’ha trascorsa in Serie D al Gozzano, ha deciso di smettere, di appendere le scarpe al chiodo.
“Quando ho deciso di scendere di categoria dal professionismo al dilettantismo per avvicinarmi a casa, qualcosa in me si è rotto. La differenza che notavo era enorme, non riuscivo più a trovare gli stimoli giusti, non era più il mio calcio e così ho deciso di smettere. Non mi sembrava corretto prendere in giro le squadre che mi pagavano e, soprattutto, non mi sembrava corretto per me stesso visto che non facevo più una cosa che mi piaceva“.

Hai quindi iniziato a fare tigelle. Come ti è venuta questa passione e, soprattutto, come hai fatto a imparare?
“Tra i 23 e i 26 anni, mentre giocavo a Biella e Vercelli, ho frequentato la Scuola di Panificatore. La mattina studiavo, il pomeriggio giovavo a calcio. Non è stato semplicissimo, ma mi piaceva, mi ero intrippato e quindi non mi pesava. Ancora oggi sono felice di aver fatto quei sacrifici perchè dopo il calcio avevo in mano un mestiere, ho potuto scegliere di smettere perchè sapevo cosa fare. I ragazzi di oggi dovrebbero capire quanto sia importante finire gli studi, conciliarli con il pallone, e portarli a termine sempre”.
Ora sei pronto a iniziare questa nuova avventura con We love Tigella.
“Esatto, tra l’altro proprio sabato questo (22 maggio, ndr) apriremo le porte ai clienti per la prima volta. Peccato non si possa fare un’inaugurazione per far assaggiare il nostro prodotto perchè le norme Covid non ce lo consentono. Ho però pensato di offrire comunque una tigella dolce a tutti quelli che verranno da noi per provarci e conoscerci”.
Non essere timido, puoi anche dire l’indirizzo…
“Saremo in Via Vetera 6, proprio nel centro di Varese (ride ndr). Oltre alla tigella classica, che solitamente è di 15 centimetri, come specialità faremo delle tigelle più piccole con ingredienti selezionati e ricercati tipo tartare di carne, di tonno e altre sfiziosità”.

Non ti manca il mondo del calcio e dello sport in generale? Hai staccato completamente?
“Mi manca lo spogliatoio, mi mancano i compagni di squadra che magari hai vissuto anche solo per una stagione ma ti porti dietro per tutta la vita. Ora i miei bimbi, Tayla 12 anni che pratica nuoto sincronizzato, e Tiago 9 anni che gioca a calcio nel Torino Club, mi stanno riavvicinando a questo mondo. Li seguo, soprattutto Tiago che è bravino, doveva andare all’Atalanta poi il Covid ha rinviato tutto”.

Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita, diceva Confucio. Federico ha avuto la fortuna di lavorare come calciatore e poi di fare le sue tigelle, prima di staccarsi per un po’.
Ora è tornato a fare quello che ama… non lavorerà nemmeno un giorno nella sua vita.

Michele Marocco


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