Si è concluso ieri con l’incontro con i ragazzi del Liceo sportivo dell’Istituto “E. Fermi” di Castellanza, il progetto di Pallacanestro Varese “Basket: una scuola di vita”, arrivato al termine così del suo diciannovesimo anno d’età. Incontro finale che ha visto come protagonista il capitano e simbolo dei biancorossi Giancarlo Ferrero in compagnia della Responsabile del progetto, la dottoressa Raffaella Demattè.

Un faccia a faccia tra Ferrero ed i ragazzi che ha così concluso un’annata davvero particolare in tutti i sensi, difficile ma colma di soddisfazioni ed emozioni per il progetto che ha superato anche le difficoltà che la pandemia ha riservato. E’ quindi doveroso ed importante tracciare un bilancio di quella che è una della più belle iniziative a livello sociale che ci siano e che ricalca, in maniera concreta, quel concetto di affiliazione e legame tra squadra e territorio che vuole essere valore fondante della società biancorossa. A parlare è la dottoressa Demattè che ha descritto tanti interessanti risvolti.

Se dovesse fare un riassunto finale dell’annata del progetto, che risultato viene fuori dall’esperienza?
“E’ sicuramente stata un’annata positiva. All’inizio del progetto quest’anno dicevo che saremmo stati distanti ma mai così vicini e così è stato. Fin dai primi incontri di novembre, nonostante la situazione fosse surreale, perché “Basket: una scuola di vita” voleva rappresentare l’incontro più prossimo tra i ragazzi ed i giocatore ed invece si è dovuto svolgere tutto via telematica creando la distanza obbligata a causa del covid-19, ho subito riscontrato una grande partecipazione degli insegnanti nel voler preparare gli alunni agli incontri, ma soprattutto una grandissima partecipazione dei ragazzi, interessati più che mai. La cosa che più mi ha colpito è stato proprio lo scambio di esperienze personali tra i ragazzi ed il giocatore di turno, in quella che è stata un’annata che ha tolto lo sport e la normalità in quelle attività quotidiane che fino ad un anno e mezzo fa avevano contraddistinto le nostre vite. In questo senso il messaggio più importante lo ha dato proprio Ferrero ad un incontro dicendo ai ragazzi di non mollare”.

Durante questo ciclo, come ha trovato i giocatori che hanno partecipato agli incontri?
“Devo dire che sono stati tutti fantastici. Possiamo partire da Ferrero, visto che con Giancarlo sono 6 anni che facciamo questo percorso. Ormai si è creata un’affinità ed un’intesa davvero importante. Poi lui ha scelto di seguire un percorso di crescita a livello formativo molto importante come la laurea magistrale conseguita quest’anno dimostra e quindi la sua testimonianza e presenza è sempre preziosa. Devo dire che anche i nuovi si sono comportati in maniera unica: De Vico ha dimostrato di essere davvero una bellissima persona e negli incontri con lui devo dire che si è anche riso molto, perché è un ragazzo davvero speciale e molto solare; De Nicolao l’ho sottoposto ad un impegno abbastanza pesante, tenendolo al computer due ore filate con due classi diverse ma anche lui ha reagito benissimo portando la sua esperienza anche nel College americano che lo ha formato e dando una prospettiva particolare ai ragazzi interessatissimi. La cosa che mi ha lasciato davvero soddisfatta è che non ho mai dovuto dire ai giocatori cosa rispondere per fare veicolare un qualche tipo di messaggio perché loro hanno sempre dimostrato una maturità ed una genuinità tali da rendere tutto assolutamente naturale. Questa spontaneità dei giocatori è la cosa più bella, perché dimostra non solo a me ma soprattutto ai ragazzi l’uomo dietro al giocatore, che poi penso sia qualcosa di molto rilevante”.

L’incontro più particolare anche per il contesto immagino sia stato quello alla Biblioteca di Busto Arsizio con Luis Scola nell’ambito della presentazione del libro “Il Bosco delle sette Querce”, must dell’annata. Conferma?
“Sì chiaramente, anche per tutto il contorno. Quella con Luis è stata una giornata particolare. Il contesto era più formale di come avvengono solitamente gli incontri del progetto “Basket: una scuola di vita”, c’erano rappresentanze cittadine, giornalisti, televisioni, insomma era tutto veramente molto più formale. Devo dire che ovviamente la presenza del campione, la caratura dello stesso, umana e sportiva cambia un po’ l’approccio, ma la bellezza di Scola, e che poi penso sia ciò che davvero distingue un pluricampionissimo come lui, sia quella di riuscire a passare da un argomento ad un altro in maniera assolutamente naturale. Una versatilità unica, soprattutto con i bambini che erano presenti, molto disponibile a rispondere a tutte le loro domande anche quelle che potevano sembrare più banali ma che per un bambino sono invece importanti come l’emozione nel segnare un canestro. Questa penso sia una cosa davvero bellissima”.

L’anno prossimo sarà il ventesimo compleanno del progetto. Avete in cantiere qualcosa di particolare per festeggiare?
“L’emblema del ventennale del progetto sarà il ritorno alla normalità. La possibilità di tornare a fare gli incontri in presenza, di riportare i ragazzi vicini anche fisicamente alla realtà del progetto e della Pallacanestro Varese. Posso assicurare che vivere quest’annata anche durante le partite con in palazzetto vuoto con 100 persone dove solitamente ce ne sono 5000 non è stato facile né bello. Io credo che un periodo di crisi come questo possa dare una forza propulsiva in termini di cambiamento in meglio. E’ una cosa che ci accade a livello personale quando dalle crisi si esce più forti e sicuramente sarà così anche in questo caso. Cercheremo di creare molto coinvolgimento, la possibilità di far venire i ragazzi al palazzetto e a vedere gli allenamenti. Anche grazie alle sinergie con gli sponsor, cercheremo di fare tante iniziative ed appuntamenti perché è bello, ai ragazzi piace ed è un messaggio importante e fondamentale a livello sportivo, etico e di rilevanza sociale. La Pallacanestro Varese è la realtà sportiva del territorio più importante rimasta ed ha secondo me il dovere di fare progetti come questo e siamo felici di portarlo avanti da ormai vent’anni.”

Alessandro Burin

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