La storia di un ragazzo che schivando qualche ostacolo e saltando qualche indecisione sul percorso è diventato, passo dopo passo, uno dei più importanti e apprezzati allenatori della “new age” tecnica italica. Un giovane uomo, 40 anni compiuti pochi mesi fa, che da ormai una quindicina di stagioni vive il suo sogno e seguendo la sua grande passione è arrivato finalmente in serie A e tra poche settimane dirigerà le operazioni da una delle panchine comunque più prestigiose nel panorama italiano.

E se fosse il titolo di un libro l’avventura di coach Adriano Vertemati sarebbe probabilmente: “Da Cornaredo alla serie A”
Sottotitoli: con la spinta di Marco Antonini e la benedizione di Jasmin Repesa. Dunque, una storia bella e piena di passione quella di Adriano Vertemati. Una storia tecnica che da una dozzina d’anni si relaziona con l’alto livello dal momento che il neo-tecnico di Openjobmetis ha assaggiato la serie A, quella vera, nientemeno che alla Benetton Treviso.

Dopo l’apprendistato “benettoniano” ecco le 9 stagioni filate da  capo-allenatore del Basket Treviglio, una delle formazioni più interessanti e dinamiche nel panorama cestistico italiano.
Tutto questo successo, però, ricorda coach Vertemati, prende il via alla fine degli anni ’80 al Cornaredo Basket: “Sono nato a Milano ma a sei anni la mia famiglia si  trasferisce a Cornaredo ed una delle prime mosse è quella di iscrivermi ai corsi di minibasket organizzati dal Cornaredo Basket. In quel club completo il mio percorso nelle categorie giovanili e sotto la guida di diversi allenatori – Gigi Pravettoni, Marco Antonini e Igino Fucci – esordisco a livello senior. In seguito, per altri due campionati, indosso la maglia del Basket Nerviano giocando, in verità sempre con un ruolo marginale, tra Promozione e serie D. Parallelamente alla carriera da giocatore inizio anche quella di allenatore e frequentando i primi corsi  conosco coach Massimo Meneguzzo, il quale mi vuole con sé alla Forti e Liberi Monza per allenare le giovanili. Ed è proprio la società monzese ad offrirmi la prima opportunità di allenare a livello senior affidandomi la panchina della formazione di serie B2. Ricordo quelli di Monza come anni importantissimi per la mia formazione tecnica soprattutto perché lavoro tantissimo e in totale autonomia”.

Com’è stato invece il passaggio da Monza a Treviso club che, all’epoca, era al “top”?
“Tutto avviene nel 2007 grazie all’incontro sul parquet con coach Corbani, responsabile delle giovanili trevigiane. Dopo aver fatto la sua conoscenza, Fabio mi propone di trasferirmi a Treviso affidandomi un triplo incarico: suo assistente con l’Under 19, capo allenatore dell’Under 17 e secondo assistente di coach Repesa in serie A. Ovviamente accetto al volo e in quel preciso istante inizia il mio vero percorso nel basket professionistico perché, come hai già sottolineato, essere alla Benetton significava toccare il cielo con un dito”.

A Treviso, cestisticamente parlando, hai “fatto le onde” vincendo uno scudetto con gli Under 19
“Vincere il titolo è stato bello e gratificante ma, credimi, non così determinante. Infinitamente più importante è stato lavorare e imparare quotidianamente da due grandi allenatori come Repesa e Corbani. Sono stati quattro anni di continue lezioni di tecnica, tattica e relazioni umane con giocatori e staff di eccezionale valore. Un’esperienza impagabile”.

Da Treviso sei approdato a Treviglio club in cui, nel corso degli anni, sei diventato un punto di riferimento assoluto
A Treviglio sono stato nove stagioni, tantissime se si considera l’atmosfera “giorno per giorno” del basket italiano. A Treviglio si è creato un “feeling” eccellente e una totale condivisione di obiettivi e idee in una piazza in cui è fondamentale lavorare in palestra per lanciare i giovani, sia quelli prodotti dal vivaio, sia quelli che non trovano spazio in altri club che, invece, preferiscono puntare su giocatori già formati”.

Cornaredo è la tua “country home”, ci vai ancora?
“Qualche volta, per trovare mio padre. Però, porto sempre nel mio cuore la società in cui ho mosso i primi passi e soprattutto una figura come il “Prof” Marco Antonini che, da ottima persona e bravissimo educatore, mi ha trasmesso mentalità, dedizione, per il lavoro in palestra, ma soprattutto, uso un termine forte, la “vocazione” per la pallacanestro. Senza i preziosi insegnamenti di Marco, probabilmente, non sarei dove sono ora”.

A completamento del personaggio-Vertemati ecco un paio di considerazioni accessorie offerte da un paio di personaggi ben noti: Tato Grassi, ormai ex-coach di Saronno, e Tommaso Marino, nuovo playmaker di Legnano Basket che per tanti anni è stato il “cervello” sul campo di Blu Basket Treviglio nonchè perfetto esecutore delle idee cestistiche di Vertemati.
“Mi piace pensare che nella brillante carriera ci sia, seppur in una millesima parte, il mio zampino perchè – spiega Grassi -, quando Adrianino era un ragazzino, 16-17 anni circa, io allenavo a Cornaredo e Vertemati, che probabilmente viveva un periodo di scarsa motivazione personale, mi aveva manifestato la sua intenzione di smettere con la pallacanestro per provare col calcio, sport nel quale, così diceva, se la cavava altrettanto bene. Solo dopo grandi insistenze, insieme a coach Marco Antonini, riuscimmo a tenerlo in palestra facendogli intravedere altri aspetti interessanti della pallacanestro. Altri ruoli, diversi da quello del giocatore, con cui potersi misurare, confrontare e, perchè no?, trovare una strada in grado di regalargli pari soddisfazione. Adriano si avvicinò in questo modo al “mondo dei coach” e, bravissimo lui, mettendoci passione, amore e tantissimo impegno è migliorato anno dopo anno ed ora è riuscito ad arrivare in cima”.

Tommaso Marino, per diversi anni “longa manus” di coach Vertemati, descrive così l’allenatore del team varesino: “A Treviglio ho incrociato la strada di coach Adriano Vertemati e – dice Marino -, sono stato subito colpito dalla sua preparazione e dalla grande capacità di lavoro. Vedere Vertemati in serie A penso sia solo il giusto e più che legittimo approdo per uno dei migliori coach che io abbia mai avuto ma, detto questo, vorrei sottolineare con forza un concetto: per Adriano si tratta, per così dire, di un approdo “ritardato” perchè Vertemati, per qualità del lavoro, passione e dedizione, la serie A l’avrebbe meritata già diversi anni fa. Però, così funziona il nostro mondo e Vertemati ha avuto bisogno di fare una stagione da assistente in Eurolega perchè qualcuno lo prendesse in seria considerazione”. 

Massimo Turconi

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