Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono appena finite, eppure le emozioni che tutti gli atleti e le atlete italiane sono riusciti a regalare in questa rassegna olimpica rimarranno nel cuore e nella testa di tutto un popolo che sta vivendo un’estate all’insegna delle vittorie dopo quella agli Eurovision Song Contest con i Maneskin e il trionfo all’Europeo di calcio della Nazionale di mister Mancini.
L’estate magica è proseguita e culminata con le 40 medaglie olimpiche complessive che la delegazione tricolore ha portato a casa dal Giappone, nei Giochi più particolari che si possano ricordare a causa della pandemia di covid-19 che li ha contrassegnati. Una particolarità che però non ha tolto la magia, l’emozione, l’atmosfera unica che solo le Olimpiadi sanno regalare, qualsiasi sia la disciplina che si segue per passione da tifosi, da giornalisti come lavoro o da atleti come professionisti.

Una manifestazione senza eguali che Gemma Galli, atleta varesina della Nazionale di Nuoto Sincronizzato, racconta in tutto e per tutto, dopo che con la sua squadra ha ottenuto un grande risultato, classificandosi quinta nella classifica generale finale superando il Canada.

Com’è stato l’arrivo al villaggio olimpico e quest’atmosfera magica che si respira in un’edizione delle Olimpiadi particolare legata al covid-19?
“Essendo state per tanto, tantissimo tempo chiuse in ritiro, arrivare a Tokyo è stato magico, soprattutto per il villaggio olimpico. Le compagne che erano già state alle Olimpiadi mi avevano raccontato di questo posto unico ma fino a che non lo vedi non capisci fino in fondo, è una cosa indescrivibile: tantissimi atleti, le bandiere attaccate ai palazzi, tutte cose uniche che abbiamo vissuto all’ennesima potenza noi come gruppo squadra. Per quanto riguarda il covid-19, non ci ha limitato più di tanto, dovevamo fare solo un tampone al giorno ma sinceramente non mi sono sentita troppo costretta”.

C’è stato qualche aneddoto particolare del villaggio olimpico, qualche incontro con gli altri atleti che ti è rimasto particolarmente impresso dei giorni vissuti a Tokyo?
“Noi soprattutto i primi giorni eravamo proprio come delle bambine ad un parco giochi. Dopo i successi dell’atletica essere lì e sentire e vivere i retroscena di quegli atleti che hanno fatto la storia è stato qualcosa di unico. Ad esempio, prima che Jacobs partisse per andare in pista il giorno dei 100 metri, siamo passate da dove era lui per caso e abbiamo sentito il suo dialogo con il Commissario Tecnico che gli diceva: “Io non devo dirti niente, sai quello che devi fare, corri”. E’ qualcosa di unico vivere anche questi episodi. Se già prima quando ero a casa cercavo di immedesimarmi con questi atleti e vivere con loro le emozioni della gara, ora averli avuti così vicini è stato veramente qualcosa di indescrivibile. Sicuramente con i ragazzi dell’atletica, ma anche con i pallavolisti come Zaytsev o Juantorena, oppure Gallinari e Melli per il basket, c’è stato un incontro, un bello scambio con noi che giravamo entusiaste a chiedere foto a tutti loro”.

Com’è diventare la figurina di un album?
“E’ un altro di quei sogni che non sai mai se realizzerai e quando succede lo trovi pazzesco. Ogni piccola cosa ti riporta all’essere bambino e a vivere quelle emozioni che avevi solo sognato. Tutto questo mi ha ripagato e mi sta ripagando di tutti gli sforzi fatti da quando avevo nove anni fino ad oggi”.

Parlando delle vostre gare come squadra di Nuoto Sincronizzato, ti chiedo come le valuti, se c’è stata soddisfazione o qualche rimpianto comunque per un risultato importante che avete raggiunto?
“Non per essere polemica, però il Canada era anni luce indietro e non capisco davvero cosa sia successo a livello di punteggio intendo. Meritavamo di essere quinte e molto più vicine al Giappone e penso che un occhio esperto veda questo con facilità. Ho imparato comunque negli anni anche a gestire queste situazioni di frustrazione che, quando succedono, ti fanno crollare abbastanza il mondo addosso. Però noi siamo una grande squadra, l’abbiamo buttata un po’ sul ridere e abbiamo capito che più che nuotare non potevamo fare e fortunatamente alla fine siamo finite davanti alle canadesi, anche se il distacco è molto più ampio rispetto al solo decimo con cui si sono concluse le Olimpiadi. Secondo me siamo anche molto più vicine al Giappone rispetto a quanto abbiano detto i punteggi. Va bene così però, abbiamo reagito un’altra volta e andiamo avanti”.

A livello personale, come senti di aver nuotato a questi Giochi?
“In realtà ho sempre vissuto male gare come Mondiali o Europei negli anni passati perché il mio focus era sull’Olimpiade e se avessi sbagliato o non avessi nuotato al meglio mi sarei giocata la chiamata. Una volta arrivata qui mi sono isolata e non ho pensato di essere arrivata a Tokyo, in vasca ho nuotato più tranquilla. A dire la verità è quando sono arrivata a casa che mi sono resa conto di aver nuotato alle Olimpiadi. Dopo il tecnico un po’ innervosita lo ero, ma la gara l’ho vissuta bene”.

Com’è stato riabbracciare tutti i tuoi cari dopo un’esperienza come i Giochi Olimpici e dopo tantissimo tempo passata in ritiro, vivendo quasi un ritorno alla normalità?
“Penso che una normalità come quella di prima delle Olimpiadi non la vivrò mai più, perché partecipare ai Giochi ti dà una consapevolezza ed uno spirito completamente diversi, umanamente ti cambia anche un po’, in positivo. Mi hanno fatto una grande festa, mi ha sorella ha comprato tantissimi palloncini, mia mamma mi ha fatto la mia torta preferita con il tricolore. E’ stato bellissimo e commovente rivedere tutti”.

Alessandro Burin

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