Vivere le Olimpiadi è qualcosa che rimane nella memoria e che in qualche modo ti cambia. Partecipare alla più importante manifestazione sportiva al mondo è il sogno di ogni bambina o bambino che inizia a fare una determinata disciplina sportiva, che esulta davanti al televisore per le gesta dei suoi idoli e che spera un giorno di poterli vedere al suo fianco ed essere lì con loro, o quanto meno calcare i loro stessi palcoscenici.
E’ stato così in questa Olimpiade per Chiara Rebagliati, arciera della Nazionale e delle Fiamme Oro, cresciuta con il cuore varesino del CUS Insubria e che ha vissuto per la prima volta tutte queste emozioni. Ha disputato un ottimo torneo, portandosi dietro tanta consapevolezza ed una spinta in più per fare ancora meglio nel futuro.
Partiamo dall’inizio, come sono stati i primi giorni a Tokyo, al villaggio olimpico, l’impatto con questa dimensione magica che solo le Olimpiadi sanno regalare?
“L’atmosfera è magica. Tutto è stato molto emozionante, un contesto enorme rispetto a quelli che siamo abituati a vedere, anche perché ci sono tutti gli sport e, rispetto alle gare che facciamo in stagione dove si è solo insieme ad altri compagni di disciplina, lì sei in mezzo al mondo sportivo. Il villaggio olimpico è qualcosa di unico, con un viale con tutte le bandiere schierate, gli striscioni con il nome dei Paesi, una piccola città a portata di atleta. E’ stato tutto emozionante, a partire dal campo di gara, che era abbastanza simile a quelli dove tiriamo di solito. In qualifica questo mi è servito per non pensare a dove fossi realmente e cercare un po’ di estraniarmi per vivere meglio la gara; poi quello che invece ha spaventato o condizionato di più, è stato il campo dei match a squadre, individuali o mixed team. Parliamo di un contesto molto più grande del solito, fotografi vicini, mega schermi che ti riprendevano, insomma era tutto molto più grande del solito e ci si sentiva un po’ piccoli. A questo si aggiungono le tribune a ferro di cavallo con 4000 posti vuoto che creavano un’atmosfera strana. I primi giorni son serviti per prendere confidenza con il campo per poi abituarsi piano piano. E’ stata un’esperienza bellissima che mi porterò dietro per sempre con emozioni che non avevo mai provato”.
Andando sul lato tecnico, come valuti la tua Olimpiade a livello di tiro?
“Sono stata molto contenta della mia Olimpiade a partire dalla qualifica. Anche se ero partita sotto tono, mi son ripresa con un bel 335 punti in seconda parte di gara, punteggio che non avevo mai fatto e farlo ad un’Olimpiade mi ha riempito di gioia. Il giorno dopo la gara a squadre miste per me è stata una novità assoluta, dovevo prendere le misure sia alla gara che al campo delle finali che lascia tensione. Sono partita bene poi mi sono un po’ allargata ma è un’esperienza che mi aiuterà a crescere. Nella gara a squadra femminile invece una cosa bisogna evitare: ovvero incontrare la Corea. Purtroppo a noi è successo questo, avendo terminato la qualifica in ottava posizione e quindi nella parte alta del tabellone ed al secondo scontro ci siamo beccate loro che sono alla nona edizione, quindi 36 anni, che vincono imperterrite l’oro. Siamo andate tranquille in gara sapendo che dovevamo fare solo il nostro, con una squadra molto affiatata e abbiamo tirato al meglio delle nostre capacità. Con gli stessi punteggi ma con altri avversari saremmo andate avanti anche in zona medaglia. Il rammarico è stato un po’ quello di incontrare subito le coreane, però per il resto tanta soddisfazione”.
Nella gara individuale hai sfidato la tua compagna Lucilla Boari, che gara è stata ?
“E’ ovvio che non è mai bello doversi sfidare con una compagna, a maggior ragione così presto ai sedicesimi. Ho tirato bene, vincendo i due set, poi lei ha iniziato a raggruppare di più, io le ho lasciato campo e con qualche freccia ho perso la volè solo di un punto, però poi lei è stata brava ad andare avanti, vincere la medaglia e riscattare la gara di Rio a squadre. E’ stata brava a raggiungere quest’obiettivo che devo ammettere mi ha emozionata moltissimo, perché io e Tatiana eravamo sugli spalti della finale e quando ha segnato il punto decisivo sono scoppiata a piangere. Essere lì e poterlo vivere è un’emozione unica, nonostante ci siamo dovute scontrare noi due”.
A livello umano cosa ti porti dietro dalle Olimpiadi? Ti senti un po’ cambiata?
“Dopo aver assaporato le Olimpiadi, capisco che quello che ho fatto finora non basta e bisogna sempre puntare a migliorarsi. Penso che debba prendere spunto dalle cose positive e da quelle negative, per crescere sempre di più. E’ stato bellissimo stare a contatto con tanti campioni che magari vedevo solo in TV, scambiarsi qualche parola, incontrare persone con culture diverse, modi di fare differenti, che però sotto lo sport si uniscono tutte”.
Quali sono questi grandi campioni con cui hai avuto modo di parlare?
“La Pellegrini, Zaytsev, la Chirichella, Garozzo, insomma tanti campioni che ho sempre ammirato e visto solo in tv e con i quali poi scopri di poter parlare tranquillamente. Sono disponibilissimi, gentilissimi e questa cosa mi ha fatto davvero piacere”.
Com’è stato il rientro a casa da atleta olimpionica?
“E’ stato molto bello. Ho visto amici che non vedevo da tanto e la cosa più bella è stato l’interessamento che tutti hanno messo nel chiedermi della gara, nonostante il mio non sia uno sport tra i più conosciuti o seguiti. Questa cosa mi ha fatto davvero molto piacere e ha dato maggior valore a tutto quanto. Ho ricevuto messaggi e telefonate da persone che non vedevo da anni che mi hanno ringraziato per averle rappresentate e questo mi dà la spinta per fare sempre meglio. Sapere che tante persone tifavano per me e per la Nazionale è motivo di orgoglio e di grande soddisfazione”.
Ora c’è il futuro con un grande passo per te, visto che farai l’atleta di lavoro d’ora in poi, giusto?
“Sì, poco prima di iniziare le Olimpiadi ho avuto la conferma di essere entrata a far parte del gruppo sportivo delle Fiamme Oro, quindi posso dire finalmente che tirare con l’arco sarà il mio lavoro, così da poter dedicargli tutto il tempo e l’attenzione che merita. E’ un nuovo punto di partenza per crescere e cercare di migliorare sempre di più. Volevo ringraziare chi mi ha dato questa opportunità, era un obiettivo che inseguivo da tempo ed è arrivato al momento giusto”.
Alessandro Burin