In questa estate movimentata in cui la Castanese ha costruito una squadra ambiziosa e competitiva, alla corte di Mister Garavaglia è arrivato anche Emanuele Orlandi. Centrocampista classe 1988 cresciuto nel settore giovanile del Milan, ha alle spalle una ricca carriera nel calcio professionistico. Dopo gli anni in rossonero, ha esordito con il Carpenedolo nell’allora Serie C2, per poi passare alla Carrarese, con cui ha vinto i playoff per la promozione in C1. Dopodiché Castiglione, Piacenza, Fiorenzuola, Sestri Levante, Montevarchi, Ribelle e Alcione Milano, con cui ha disputato 4 stagioni, l’ultima delle quali coronata dalla vittoria del campionato. Centrocampista offensivo con il vizio del gol, è pronto a mettere tutta la sua esperienza e la sua mentalità da professionista al servizio della squadra.

Partiamo dal passato e dai tuoi otto anni al Milan: cos’ha significato per te affacciarsi in così giovane età al calcio con la C maiuscola?
“Ero un bambino che tifava Milan, quindi è stato come realizzare un sogno entrarci a 12 anni e uscirci a 20 dopo aver passato due stagioni a Milanello allenandomi con il Milan di Ronaldo e Maldini che vinse la Champions League. Devo anche dire che adesso, scendendo nei dilettanti tra Eccellenza e Serie D, sto vedendo come l’aver fatto così tanti anni di Milan aiuti non solo dal punto di vista calcistico, ma anche sotto l’aspetto dell’educazione, dell’organizzazione e della mentalità da sportivo e professionista, che è qualcosa che mi permette di ottenere buoni risultati anche dopo così tanto tempo. Quindi è stata sicuramente un’esperienza importante per mille motivi, tra cui il fatto che adesso, a 33 anni, sono ancora qui a correre con i più giovani”.

C’è un momento del tuo percorso con la maglia rossonera che ti ha segnato in modo particolare?
“Il massimo è stato essere convocato in serie A: era un Milan-Udinese di tanti anni fa, tre giorni prima della finale di Atene vinta 2-1; si giocava a San Siro ed era anche la partita di addio di Costacurta. Poi purtroppo sono andato in tribuna e non in panchina, però il fatto di essere lì e di avere la maglietta con il mio nome è stato bellissimo. Un altro bel momento è stato andare in panchina durante il Trofeo Tim d’estate”.

Tra le tante stagioni passate nel calcio professionistico, qual è quella che ti è rimasta più nel cuore?
“Per quanto riguarda gli anni del professionismo, penso di aver raggiunto il top alla Carrarese: sono stati tre anni in cui abbiamo fatto molto bene ed ero anche abbastanza amato dalla tifoseria, così come io ero attaccato a quella piazza. È stato bellissimo vincere i playoff di C2 e guadagnarsi sul campo la Promozione in C1. E proprio l’anno dopo in C1 è stato forse il punto più alto della mia carriera, quando abbiamo sfiorato i playoff e io ho anche fatto una tripletta fuori casa contro il Piacenza, partita che abbiamo vinto per 3-0”.

Parlaci della tua esperienza in Eccellenza.
“La mia primissima volta in Eccellenza è stata in Toscana con il Montevarchi, dove avevo giocato da febbraio fino a fine campionato due anni prima di passare all’Alcione. Dopo Montevarchi sono tornato in D e poi ho fatto la scelta di scendere di categoria e tornare a Milano vicino a casa, Quindi con l’Alcione è stata la mia prima esperienza completa in Eccellenza”.

Dopo gli anni passati lì, con la fascia di capitano al braccio, quanto è stato difficile cambiare piazza? Ti sarebbe piaciuto tornare in D con loro?
“Il mio periodo all’Alcione è stato bellissimo così. Sono molto orgoglioso di essere arrivato al primo anno di Eccellenza della storia del club e di averli lasciati in una categoria superiore. Sicuramente sì, sarebbe stato bello partecipare anche a quel campionato, ma era arrivato il momento giusto di salutarci, anche perché giustamente in D sarebbe stato un altro tipo di impegno, quindi va bene così. Ho chiuso un percorso molto positivo in cui ho dato il mio contributo con la mia esperienza e sono cresciuto insieme alla squadra negli anni, riuscendo anche a diventare il giocatore che ha fatto più gol nella storia dell’Alcione per quanto riguarda la categoria dell’Eccellenza. Ora, però, era giusto cambiare”.

Come hai scelto la Castanese?
“Un paio di anni fa avevo conosciuto il direttore De Bernardi e sia lui che la società mi avevano fatto un’ottima impressione, però stavo bene all’Alcione e avevo deciso di restare lì. Quest’anno si è presentata l’occasione e quando mi hanno ricontattato ci siamo ritrovati subito, quindi non è stata una trattativa molto difficile. La Castanese è un posto dove secondo me si può fare molto bene con le pressioni giuste, nel senso che c’è ambizione ma non si vuole fare il passo più lungo della gamba. Il progetto che mi era stato presentato e che sto già verificando da un paio di giorni è molto interessante perché si basa su un mix di giovani e nomi di spessore. A me personalmente piacciono tantissimo i posti con voglia di fare bene, dove mi fanno sentire importante e ho la possibilità di far crescere i giovani”.

A questo proposito, ti senti un punto di riferimento per loro? Ti piace, dunque, avere questa responsabilità all’interno della squadra?
“Sicuramente, e da un lato è un brutto segno perché vuol dire che si diventa vecchi (ride, ndr). In generale, nel calcio, non è neanche scontato che a un giocatore esperto possa piacere questo ruolo, però secondo me è molto bello quando si riesce a portare la propria esperienza a ragazzi che non hanno mai giocato con i grandi o che lo fanno solo da una o due stagioni. Sinceramente non mi piace che i giocatori esperti siano poco pazienti, quindi, soprattutto con chi dimostra di avere voglia di ascoltare e di ‘rubare’ qualcosa da qualcuno che ha qualche anno in più alle spalle, cerco sempre di pormi nel modo migliore possibile. Penso che poi i risultati si vedono a livello di squadra, perché se i vecchi sono a disposizione e i giovani si impegnano in modo umile, so per esperienza che si vivono stagioni importanti”.

Com’è andato questo inizio di preparazione? Stai già trovando la giusta intesa con i compagni?
“Siamo appena gli inizi, ma sta andando molto bene. Non avevo ex compagni qui dentro, ma solo ragazzi con cui avevo giocato contro. I ragazzi sembrano tutti molto a modo e la società non ci sta facendo mancare niente, dal vestiario alla frutta per le pause. L’organizzazione finora è proprio come mi aspettavo, con umiltà, sorrisi, voglia di fare bene, e sono sicuro che sarà così per tutta la stagione”.

Sei un centrocampista che cerca spesso la porta e il numero dei gol che hai realizzato in carriera ne è una conferma. Dal punto di vista tattico, come ti inserirai nel calcio di mister Garavaglia?
“Penso di avere il pregio di sapermi adattare molto bene a più ruoli. Mi piace dialogare con il mio mister di turno, capire il calcio che desidera e muovermi di conseguenza cercando di adeguarmi alla sua visione. Penso che sia stimolante avere un ruolo per un anno e dei compiti un po’ diversi l’anno dopo. Ovvio, le mie caratteristiche non si possono modificare al 100%. Sono un centrocampista offensivo a cui piace inserirsi, quindi cercheremo di trovare il giusto equilibrio. Mi è stato detto che forse potrei avere una posizione più arretrata per essere al centro del gioco e sono molto contento perché è una cosa che mi piace molto, poi vedremo come e quando sganciarmi in avanti per fare qualche gol… che non dispiacerebbe”.

Con la tua esperienza in categorie superiori, qual è il tuo obiettivo personale per la stagione? E parlando invece di squadra, dove pensi che possa arrivare questa ambiziosa ed entusiasta Castanese?
“Patendo dalla squadra, devo dire che in questo mercato si sono rafforzati un po’ tutti e secondo me il girone sarà molto equilibrato e competitivo. C’era paura che dopo il Covid le società avessero meno disponibilità economiche o i giocatori decidessero di lasciare, e invece vedo anche molti miei ex compagni che si sono accasati in tante squadre diverse. Sarà un campionato difficile e dovremo capire quale sarà il nostro posto. È inutile negare che avendo preso nomi importanti per la categoria vogliamo fare un bel campionato, poi a cosa puntare lo vedremo. Ci sono big che investono da anni con budget altissimi ed è giusto che provino a vincere, ma quando si riesce a trovare la chimica giusta, ogni anno ci sono squadre che provano a dare fastidio, e sarebbe bello essere una di queste. Prima, però, bisogna essere bravi ad arrivare a quel punto. Sotto l’aspetto personale, non ho un obiettivo in particolare. Sarà una bellissima sfida dimostrare di poter fare molto bene anche al di fuori dell’Alcione. Qualche anno fa nel campionato di Eccellenza lombarda non mi conosceva nessuno e sono riuscito a impormi lì, quindi spero di dimostrare che il mio valore può emergere anche in altre squadre. Poi quando si è tra i più vecchi, è sempre stimolante giocare contro i ventenni e far vedere che puoi stare al loro passo e rendere anche meglio. Voglio dimostrare in primis a me stesso di poter far bene in questa categoria riuscendo anche a divertirmi, perché poi di conseguenza vengono fuori le mie capacità”.

Silvia Alabardi

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