Domenica scorsa c’è stata la prima partita in campionato per la Openjobemtis Varese che ha conquistato due punti fondamentali per morale, consapevolezza ed entusiasmo contro la più quotata Germani Brescia, squadra costruita per occupare i primi posti della classifica e per riscattarsi dopo le difficoltà della scorsa annata che l’avevano vista invischiata nella lotta retrocessione fino all’ultima giornata.

La squadra di coach Adriano Vertemati è riuscita però, nonostante la pesante assenza di Kell, a condurre una partita fatta di tanta qualità ma anche di molto sacrificio, in un mix ben riuscito che ha portato alla vittoria finale. L’ambiente che, dopo il precampionato complicato, si approcciava a questa prima gara con tanti dubbi e poche speranze di uscire vincitore dai 40′ dell’Enerxenia Arena si è così rianimato.

Questo è il primo tassello di un lungo mosaico da completare nei prossimi mesi con il primo obiettivo che è quello della salvezza da raggiungere il prima possibile, per poi vivere con maggior tranquillità ciò che regalerà il trascorrere dei mesi. Tante partite nelle quali a Varese, a maggior ragione dopo le ultime news sulle riaperture delle impianti, non mancherà il calore del suo pubblico, tornato piano piano a far sentire quel valore di sesto uomo in campo che mancava.
Di tutto questo ha parlato il presidente del Trust dei tifosi biancorossi Il Basket Siamo Noi, Umberto Argieri, con un importante passaggio sulle attività dell’associazione, che in questi mesi stanno dando lustro e smalto a Varese non solo in campo, ma anche al di fuori.

Che sensazioni le ha lasciato la vittoria biancorossa di domenica?
“Sono molto contento di com’è andata. A parte per il risultato, ovviamente, devo dire che la risposta della squadra mi ha lasciato colpito. Alla prima di campionato, con il ritorno del pubblico, contro una squadra forte, le pressioni c’erano, eccome. Era pur sempre l’esordio, dopo un precampionato che aveva dato dei segnali di una squadra un po’ work in progress e, considerando tutte queste variabili, la risposta sul campo è stata ottima. Abbiamo fatto una partenza fin troppo bella per essere vera da un lato, dall’altro ha messo in evidenza come questa squadra possa davvero fare della fisicità l’arma con cui alzare il livello di gioco e delle ambizioni, nonostante una tenuta fisica non ancora ottimale che ha visto come esempio massimo di questo Jalen Jones, partito a razzo, poi calato con il passare dei minuti, anche se è stato la spina dorsale della squadra per tutta la partita. Vedo comunque dei segnali molto positivi. C’è da lavorare e qui Vertemati dovrà dimostrare di essere l’allenatore che tutti noi ci aspettiamo ma in questo momento è normale che il gruppo sia a questo punto. Tolte la Virtus e Treviso che ha fatto la coppa e quindi fisiologicamente più avanti di condizione, tutte le altre mi sembrano più o meno sul nostro livello in termini di preparazione fisica”.

Come sta vedendo il nuovo coach in questi primi mesi a Varese?
“Molto concentrato e con un atteggiamento che a me è piaciuto parecchio. Dimostra di essere molto sicuro delle sue idee, zero tentennamenti in tutto ciò che è legato a livello di gestualità, alla gestione della partita, l’ho visto molto determinato e concreto. Per essere un esordiente, alla prima davanti al pubblico, in un appuntamento così importante, sicuramente ha dato dimostrazione davvero di grande personalità. L’atteggiamento del corpo, il modo di porsi, dà molta fiducia, fa capire che sa quello che vuole. Anche la scelta di Sorokas alla fine che ha portato un po’ di brusio dalle tribune, ha dimostrato il suo coraggio ed alla fine ha avuto ragione lui. Rispetto magari al primo periodo in cui è arrivato, nel quale ha cercato di conoscere l’ambiente in tutto e per tutto, come logico che fosse, ora lo vedo sempre più sicuro, con la situazione ben salda in mano, conscio di quello che vuole fare per ottenere i risultati, con una filosofia molto chiara: lavoro, lavoro, lavoro”.

Com’è stato vedere il palazzetto tornare in vita, dopo mesi di assopimento totale? Cosa ne pensa delle novità sulla riapertura al 50% degli impianti al chiuso?
“E’ stato sicuramente emozionante. Si è rivissuta l’atmosfera solita, anche se ancora un po’ sopita dall’acclimatamento normale in questa fase di ritorno al palazzetto. Siamo lontani da quello che era l’ambiente pre pandemia, la mascherina in questo limita parecchio nel tifo, rimane un condizionamento forte. Però ho trovato un bel clima, con lo spirito che quella di domenica fosse solo un passaggio verso una riapertura decisa. Il 50% mi sembra un misura che non accontenta nessuno. Si può osare molto di più ed i segnali mi sembrano quelli giusti per arrivare almeno al 75%. Quella di oggi mi sembra una non scelta. Tra il 50% ed il 75% cosa cambia? E tra il 75% ed il 100%? Se vale la regola di Green Pass e mascherine non vedo grosse problematiche rispetto alle riaperture totali. Io penso che ci voglia un po’ di coraggio ora per ripartire definitivamente”.

A questo discorso si può legare il fatto che c’è un rischio disaffezione da tenere in conto?
“Purtroppo sì. Bisogna vedere se davvero la gente è pronta, per varie mille ragioni, a tornare al palazzetto sulle medie del pre pandemia e su questo ho qualche dubbio. La gente si è disabituata ad andare al palazzetto. Io lo avverto in maniera molto forte. Non ho i numeri ma ho la sensazione che questi due anni abbiamo cambiato il modo di approcciarsi alla partita del pubblico, come se siano subentrate una sorta di disaffezione, paura, anche poca voglia di venire al palazzetto per seguire un match con la mascherina, quando posso vederlo da casa senza comodamente sul divano. A questo va aggiunto un discorso di orari e giorni da ritrovare in maniera fissa. La domenica tra le 17 e le 18 io credo sia l’orario perfetto per giocare e per permettere al pubblico di approcciarsi ai palazzetti senza problemi. Altrimenti tra il fare un abbonamento che costa 500 euro e saltare alcuni partite per orari improponibili e comprare il biglietto solo per poche sporadiche partite di cartello, la gente opterà per la seconda opzione, riportando al problema degli impianti sempre più vuoti. Insomma, ci vorrà un periodo quasi di rieducazione all’andare al palazzetto”.

Lasciando le questioni di campo ed andando sulle attività del trust, qual è il bilancio che traccia dopo le iniziative delle ultime settimane, dalla Quartieri League, al campetto di Minibasket, passando per la riqualificazione del Lavatoio di Bobbiate, ad esempio?
“Stiamo raccogliendo i frutti della semina di questo anno e mezzo. Non ci siamo mai fermati e piano piano ora iniziamo a vedere i risultati. Ci sono progetti in piedi grossi, come quello della Quartieri League che ha coinvolto davvero tanti soggetti, dalle scuole, all’organizzazione del torneo, alle varie attività. Per noi Quartieri League Varese rappresenta una sorta di manifesto di quello che vogliamo fare, ovvero iniziative a 360 gradi che coinvolgano lo sport, il territorio, le associazioni e le scuole. In questo senso la collaborazione con il Liceo artistico “Manfredini” per la realizzazione dei tabelloni è stata bellissima. Il tutto con un’idea diversa rispetto magari alla giornata Not In My House, in cui venivano quella ventina di persona a ripulire il palazzetto e basta. Queste attività sono volte al riqualificare un’area ben determinata della città che possa poi diventare il punto di partenza per altre iniziative. Faccio l’esempio del lavatoio di Bobbiate, che dopo la sua riqualificazione, sarà oggetto di visite da parte della scuole elementari del rione che porteranno le classi nel luogo a fare lezioni di educazione civica o di storia. E’ modo per riportare l’importanza del simbolo nel territorio dopo averlo sistemato e pulito, con un valore di educazione civica dietro non banale”.

Alessandro Burin

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