La porta amaranto può dormire sonni tranquilli. Luca Monciardini, infatti, nelle ultime uscite ha dimostrato di essere un portiere di alto livello. Il classe ’95 ha già accumulato diversa esperienza tra Crenna, Cassano, Brescia e Conversano ed è ormai considerabile uno dei veterani degli amaranto. Sono diverse le occasioni in cui l’estremo difensore si è messo in mostra, a partire dalla finale scudetto con la maglia di Conversano, fino alla finale di Coppa Italia con i cassanesi.

Chi o cosa ti ha fatto conoscere la pallamano?
“L’ho conosciuta in quinta elementare con un programma scolastico che ci ha mostrato tutti gli sport. Ho iniziato in prima media e prima avevo svolto altre discipline come judo, nuoto e calcio. La differenza l’ha fatta l’ambiente, a Crenna mi sono trovato bene ed ho iniziato a fare tre allenamenti a settimana e poi, man mano, sono diventati sempre di più. Sono rimasto lì fino alla seconda superiore, poi sono venuto a Cassano, dopodiché sono andato a Brescia”.

Dopo Cassano sei arrivato anche a Conversano, con cui hai giocato una finale scudetto, cosa ti ha dato quell’esperienza?
“Conversano è una piazza importante, insieme a Trieste e Bolzano sono le maggiori esponenti italiane. Quando arrivi al palazzetto capisci che è una città che vive di pallamano; qui hai la fortuna e la sfortuna di essere vicino alle grandi città, dove nessuno considera la pallamano. A Conversano invece ti trattano proprio come un atleta, senza nulla togliere a Cassano, però è proprio una situazione diversa: quando entri al palazzetto vedi i campioni che ci hanno giocato, dà proprio delle emozioni diverse”.

Cosa ti ha convinto a tornare a Cassano?
“Mi sono sempre spostato per la pallamano, ma i miei movimenti non sono mai dovuti solamente allo sport perchè so bene che non si può vivere di pallamano. Quando mi trasferivo c’era sempre una motivazione. In passato studiavo e a Conversano ho provato a muovermi verso Bari per l’università. Poi per vari problemi, non si è potuto concretizzare questo passaggio. A quel punto ho deciso di tornare a Cassano perché, come dicevo prima, vivendo meno la pallamano, riesco a far coincidere diversi impegni”.

Cosa speri di riuscire a raggiungere nei prossimi anni con gli amaranto?
“Gli anni scorsi si poteva puntare a far bene, ora è cambiata la situazione, si è riaperto un ciclo. Non nascondo che i risultati degli anni scorsi, semifinale scudetto e finale di Coppa Italia adesso siano difficili da ripetere. Per questa stagione l’obiettivo è finire il più in alto possibile, ma non c’è modo di lottare per le posizioni di vertice, bisogna rifondare le basi. Degli scorsi anni siamo rimasti io e altri due giocatori, dobbiamo cercare di alzare il livello dei nuovi arrivi; se in passato sono stato io a chiedere consigli, ora sono io a dispensarli”.

Come cerchi di aiutare i tuoi compagni?
“Non è questione di essere presente a tutti gli allenamenti, ma di essere disponibile con chi ti viene a chiedere aiuto. Penso a me, a Sasa Milanovic, a Nikocevic, dobbiamo essere bravi a dare quello che abbiamo ricevuto in passato. Questa, secondo me, è una condizione che si crea in automatico e se si fa parte di una squadra non si possono fare le prime donne perchè va a discapito di tutti”.

Nell’ultimo weekend avete rimediato una sconfitta al termine di un match molto combattuto. Cos’è mancato per arrivare alla vittoria?
“Siamo andati ad Eppan un po’ rimaneggiati, eravamo senza Milanovic e Nikocevic e, anche se la squadra non si basa su di loro, le assenze erano pesanti. Può sembrare una frase fatta, ma è mancata l’esperienza, un po’ di lucidità e cinismo in alcune situazioni. Sono sempre stati in vantaggio loro, noi siamo stati bravi a restare sempre in partita; se si passano 60’ in svantaggio c’è poco da recriminare per una sconfitta e non mi sento di dire che meritassimo noi”.

Non c’è tempo di piangersi addosso, sabato affronterete Albatro.
“Sicuramente il fatto di essere in casa e affrontare un avversario alla portata ci obbliga a vincere. Noi dobbiamo puntare a queste partite, mentre, ad esempio, contro Sassari in trasferta, possiamo provare a strappare qualche punto. Sabato dovremo essere concentrati per vincere, c’è poco da dire. Loro arriveranno dopo una trasferta difficile, non è semplice per loro muoversi per l’Italia, dobbiamo essere cinici a sfruttare la stanchezza che comporterà il loro viaggio”.

Sulla carta partite da favoriti, inoltre giocherete al Tacca, che vi ha dato grandi gioie. Cosa dà giocare in casa?
“Oltre al solito discorso inerente al tifo, penso che a fare la differenza sia l’abitudine. Giochi su un campo in cui ti alleni per tutta la settimana, lo conosci bene; è diverso dall’andare in trasferta, dove tra le altre cose si ha l’impegno del viaggio. Non siamo professionisti, nessuno fa la vita di Cristiano Ronaldo, alcuni spostamenti possono essere veramente difficili. Detto questo, secondo me, è proprio una questione psicologica che porta vantaggio nell’essere in casa”.

Andrea Vincenzi

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