In attesa che il campionato italiano riprenda la prossima settimana, continua il nostro viaggio nell’analisi di quello che è stato il cambiamento totale del mondo Pallacanestro Varese nell’ultimo mese.
Una rivoluzione in cui i biancorossi hanno cambiato pelle sotto tutti i punti di vista: quello della classifica, passando dall’ultimo posto al dodicesimo, a sole due lunghezze dalla zona playoff, del morale, ritrovando quell’entusiasmo come squadra e come tifo, quello tecnico-tattico, con un’identità finalmente chiara e precisa.

In questo cambiamento, ciò che più balza all’occhio è la nuova energia ed intensità che la Openjobmetis di coach Roijakkers riesce a mettere sul campo contro qualsiasi avversario, anche e soprattutto quelli più forti sulla carta finora incontrati.
Di questo ne parla il preparatore atletico dei biancorossi, Silvio Barnabà, artefice di quello che è oggi un momento di forma straordinario della squadra.

Con il cambio di allenatore, la squadra è parsa cambiare anche la propria velocità in campo. Questo è stato frutto di una modifica del lavoro atletico in palestra o è rimasto tutto come prima?
“Devo dire che il nuovo coach ha lasciato sostanzialmente la stessa programmazione di prima. Come si può immaginare un cambiamento non si può ottenere nel corso di una settimana. E’ stato un qualcosa di così repentino che non si può collegarlo ad un discorso metodologico, perché per fare questo ci vorrebbero almeno 3/4 settimane per creare un adattamento. Roijakkers ha conosciuto e approvato la nostra metodologia di lavoro, portando il suo imprinting soprattutto a livello di cura del dettaglio, ed in campo questo si vede. Il grosso lo ha fatto il cambiamento, sia di giocatori che di allenatore che in società e la componente mentale ha giocato davvero un ruolo importante come scossa per la squadra. Alcuni dei giocatori che si sentivano magari prima in gabbia, hanno sentito una nuova fiducia di allenatore e società, riuscendo a trovare grandi energie più mentali che fisiche. Il fatto che fin dalla gara con Venezia abbiamo espresso un ottimo stato di forma significa che già da prima stavamo lavorando bene. Il merito di Roijakkers è stato quello di liberare alcuni freni, a livello mentale e di esecuzione, che prima c’erano”.

Quindi da quanto mi sembra di capire, la nuova intensità che la squadra mette in campo è più frutto di un fattore mentale che fisico giusto?
“Sì. Per fare un cambio metodologico e ottenerne risultati ci vogliono almeno 6 settimane, una cosa che con noi non è successa, è stato tutto molto immediato. Il coach devo dire che tiene molto più sulla corda tutti, alzando così anche il livello di competitività del lavoro della squadra. Poi sono cambiati dei giocatori e dall’essere una squadra estremamente tecnica, siamo diventati un gruppo più “operaio” ma maggiormente dedito al sacrificio. Si sono create dinamiche che favoriscono questo, in un gruppo che nell’energia trova lo strumento per colmare magari quella qualità tecnica che può venire a mancare. Da fuori tutto questo porta a vedere una squadra che sembra corra più di prima. Ovviamente qualcosa nel lavoro è cambiato, ma anche prima con coach Vertemati devo dire correvamo in allenamento. Il mio lavoro di cercare di rendere giornalmente la squadra più allenata e performante possibile è rimasto lo stesso. Il fatto che da subito si sia vista una squadra rinvigorita e con più voglia è molto frutto di una spinta mentale”.

Volevo andare adesso su tre singoli della squadra. Il primo è Siim-Sander Vene, le chiedo se se lo aspettava così performante dopo un inizio di stagione molto difficile a Limoges e come siete arrivati a metterlo così tirato a lucido?
“Siim lo conoscevo già dal 2019. Quando è arrivato quest’anno ha mostrato delle carenze rispetto a tre anni fa e quindi con lui abbiamo impostato un lavoro di carico, sapendo che lui ha una tecnica sopraffina e un’intelligenza tattica sopra la media, che gli ha permesso di sopperire ai carichi. Dopo tre settimane iniziano a vedersi i frutti del lavoro fisico fatto, ma intanto lui è stato bravissimo a gestire tutto con molta esperienza e devo dire che anche la prolificità offensiva dal campo ne sta giovando. Sta crescendo, non è ancora al top, ma bene così”.

Il secondo giocatore di cui vorrei chiederle è Anthony Beane, che forse sta vivendo il periodo più difficile della stagione. Le chiedo se questo è dovuto ad un fattore fisico o meno?
“Dal punto di vista fisico è uno dei giocatori più in forma della squadra. E’ un atleta pazzesco tolto all’atletica leggera. Un perfezionista che cerca sempre di migliorarsi in ogni cosa che fa. Devo dire che però, avendo un carattere molto introverso, fa magari più fatica ad adattarsi ai cambiamenti e quindi sta secondo me un po’ subendo una fase di adattamento a quello che è il nuovo ruolo in squadra che deve andare a ricoprire, com’era stato prima con Kell ed ora con Keene. Sta cercando la sua collocazione migliore per tornare ad esprimersi al meglio, ma sono sicuro che ci riuscirà”.

L’ultimo è Sorokas. Le chiedo se se lo aspettava così dominante sotto canestro e se è stato fatto qualche lavoro fisico anche per aiutarlo in questo?
“Paulius a livello fisico è cresciuto molto. Io non lo conoscevo prima e non so come mai sia arrivato qui con un basso livello fisico. Lui è uno di quelli che ha avuto un incremento maggiore rispetto agli altri. Per fare un esempio, con Beane abbiamo impostato un lavoro di mantenimento delle caratteristiche fisiche, mentre con Sorokas di miglioramento e ricordo che queste migliorano in funzione del giocato. Bisogna quindi fare un lavoro in maniera più cauta che possa permettere al ragazzo poi di giocare la domenica. Non si fa lo stesso lavoro che si imposta in off season ad esempio. Lui ha accettato subito di lavorare sodo. Poi noi abbiamo una programmazione in cui io ho molto spazio per lavorare con loro, dove ogni giorno lavoro con i ragazzi e quindi facciamo molto più lavoro di qualità. Quest’anno poi, avendo una squadra molto giovane, abbiamo trovato un contesto ideale di ragazzi che accettano essere stimolati ogni giorno dal punto di vista fisico e questo agevola il lavoro. Tornando a Sorokas, per concludere, la componente mentale, in un contesto di squadra dov’è riconosciuto come leader, dove si sente importante, lo eccita a mille a lo carica, ricollegandoci così all’aspetto mentale di cui parlavo prima”.

Adesso arriva un periodo molto intenso della stagione, con la prospettiva di una stagione che potrebbe allungarsi anche in una post season con eventuali playoff. Rispetto a questo, che tipo di lavoro è stato impostato in questa pausa, per continuare ad avere questa brillantezza fisica?
“I ragazzi sono tornati in palestra mercoledì e questa settimana la spendiamo soprattutto per fare un lavoro di prevenzione che passa da un lavoro miogeno, di carichi. Se nella settimana tipo io passavo solo due volte attraverso carichi più pesanti, questa settimana la scelta è di passare 4 volte da questi carichi. In una settimana non si può fare quel lavoro di mettere tanta benzina nel motore per il futuro, perché la benzina si carica una goccia al giorno. Abbiamo cercato, visto che non ci sono gare, di passare 4 volte attraverso i carichi più pesanti per rafforzare tendini e muscoli laddove ce ne fosse bisogno, per affrontare la prossima settimana che ci porterà alla partita con Cremona come le altre che stavamo facendo prima. La programmazione che stiamo seguendo è la stessa che abbiamo impostato a settembre e che piano piano, ogni giorno, ti dà la possibilità di sentire le gambe al meglio la domenica. In più devo dire che, tolti infortuni come la frattura del dito di Caruso o alla tibia adesso, così come quello di Kell ad inizio stagione, a livello muscolare non ne abbiamo avuti di importanti e questo è simbolo del buon lavoro fatto finora “.

Alessandro Burin

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