Snap, ovale tra le mani del quarterback, e passaggio al running back numero 33 che, con la sua corsa micidiale e il ghigno aggressivo dipinto in volto (nella foto a destra di Giorgia Villanova), scatena la tempesta: un connubio perfetto se ti chiami Umberto Maj e la maglia cucita addosso è quella dei Blue Storms Busto Arsizio. E gli Angels Pesaro, sconfitti dai bustocchi lo scorso sabato, ne sanno qualcosa.

Fuori dal campo, invece (per fortuna dei suoi studenti alla My Language School di Milano), Maj è un concentrato di sorrisi e simpatia. Con l’entusiasmo di un bambino, il classe ’90 ci racconta il primo, singolare, approccio al mondo del football americano: “Ho sempre avuto l’attrazione per questo sport pur non conoscendo le regole e quant’altro, ma quando vedevo dei film a tema football restavo incantato. Questa passione è rimasta nel cassetto fino a vent’anni quando, grazie ad un amico di Biella giunto a Milano per studiare, mi sono avvicinato ai Rhinos Milano”.

Vedendo dove sei ora, direi che è andata bene…
“Diciamo proprio di sì. Se il mio amico ha smesso subito, io non mi sono più staccato. All’epoca i Rhinos avevano iscritto una squadra all’Arena League, l’attuale CIF9, e il mio esordio è stato proprio contro i Blue Storms, quasi un segno del destino; da rookie non siamo riusciti a qualificarci, ma è stata una stagione bella e divertente. L’anno seguente ho giocato in Under21 per poi passare ai Frogs Legnano in Seconda Divsione; al mio ritorno ho deciso insieme alla società di andare a giocare in prestito da qualche altra parte e sono stato dirottato su Busto Arsizio. Quello era un anno particolare per Busto perché i veterani erano andati a Legnano e insieme a me erano arrivati tanti giovani dai Rhinos e dai Seamen: la rifondazione dei Blue Storms è nata con noi ed è stato amore a prima vista perché si è creato subito un gruppo speciale”.

Venendo alla più stretta attualità, sabato scorso avete ottenuto una grande vittoria. Coach Ferrari aveva preannunciato una partita abbastanza chiusa e così è stato; vi aspettavate esattamente un match del genere?
“Sì, perché gli Angels sono una squadra storica, ricca di individualità importanti a cominciare dal QB Fiordoro; loro arrivavano da un record negativo di 1-3, ma venendo da un altro girone non sai mai cosa aspettarti e, infatti, ci immaginavamo una partita insidiosa e difficile da affrontare. Così è stato, anche perché sapevamo che avremmo giocato senza il nostro QB: coach Ferrari e Andrea Fimiani sono stati molto bravi a mettere in piedi un attacco inedito che ha comunque funzionato”.  

In merito a questo è evidente una grande crescita della squadra soprattutto dal punto di vista mentale: quanto è importante gestire la pressione? Allo stesso modo, quanto sarà fondamentale recuperare le energie in vista degli ottavi di finale?
“La squadra è cresciuta tantissimo a livello di mentalità e sono contento che si noti: quest’anno sono tornati elementi importantissimi sia in campo sia nello spogliatoio, coach Ferrari e il suo staff stanno facendo un lavoro incredibile per far crescere i più giovani nel modo giusto e ogni giocatore ha fatto sua la capacità del non lasciarsi andare. Visti i tanti infortuni, poi, ognuno si è sacrificato anche in altri ruoli con ottimi risultati, a maggior ragione dopo il forfait di Gabriele Tranchina rottosi la caviglia nel primo quarto (nella foto a sinistra di Giorgio Sivocci / Joe Sivox il saluto finale con maglia numero 69 di Tranchina). La base c’era, adesso è stata potenziata; visti i giovani che abbiamo, il futuro è dalla nostra parte”.

Tornando alla sfida agli Angels avete riconfermato di essere un attacco che sa segnare in tutti i modi e, in particolare, con le corse. Visto che questo aspetto ti riguarda da vicino, possiamo dire che questa sia la tua miglior stagione?
“Considerando che arrivavo da un paio di anni di stop e l’ultima mia stagione era stata condizionata da un infortunio alla caviglia, direi proprio di sì. Il modo di attaccare che stiamo usando quest’anno mi piace molto e si addice alle mie caratteristiche: si tratta di un sistema di gioco bilanciato in grado di aprire le difese avversarie per dar spazio alle corse. Gli Angels si sono chiusi bene, ma siamo riusciti comunque a perforarli in un paio di occasioni e io stesso sono stato protagonista di un TD”.

Sabato è stato confermato anche un altro aspetto, ovvero una difesa di ferro: quanto è importante, arrivati a questo punto della stagione, inaugurare i playoff senza subire touchdown? (foto a destra di Giorgio Sivocci / Joe Sivox)
“Credo che la nostra difesa sia sempre stata molto sottovalutata perché non riceve il credito che merita. Sabato i ragazzi sono stati protagonisti di ben tre intercetti, di cui uno riconvertito in meta (da Alessio Hettiarachchige, ndr). Quando c’è la difesa in campo anche noi dell’attacco siamo tranquilli, a differenza dell’Offense avversaria, e da fuori è bello vederli giocare con questa sicurezza”.

Estendendo il discorso al quadro generale dei playoff, tutti i match del primo turno sono stati vinti della squadre che giocavano in casa. Coincidenza, o il fattore campo incide davvero?
“Di sicuro farsi cinque o sei ore di pullman sotto 35° prima di una partita ti stanca soprattutto dal punto di vista mentale. Detto questo, però, gioca in casa chi sta più in alto nel ranking e la differenza di valori in campo si è vista in parecchie partite; inoltre sei a tuo agio, in un ambiente che conosci, supportato dal tuo pubblico. Anche questo incide”.

A proposito di squadre in buona posizione di ranking, avendo concluso la regular season al quinto posto, sabato 18 giugno giocherete ancora in casa contro i Doves Bologna. Cosa puoi dirmi sui prossimi avversari?
“Hanno il secondo miglior rusher del CIF9: Khalafalla in quattro partite ha macinato più di 700yard, numero davvero spaventoso. I Doves puntano molto sulle corse, ma hanno anche un QB estremamente forte: credo che proveranno a sfiancarci con le corse per poi colpire con i lanci. Banco di prova per la difesa? Assolutamente, ma come anticipato ho totale fiducia nella nostra difesa”.

 A livello personale cosa ti aspetti? (foto a sinistra di Giorgio Sivocci / Joe Sivox)
“Sono a disposizione. So che forse può sembrare una frase fatta, ma per come sono fatto io entro in campo per assecondare la volontà del coach e aiutare la squadra: se c’è da bloccare blocco, se c’è da correre corro. Tutto per i Blue Storms”.

Sogno nel cassetto?
“Non si può dire, la scaramanzia regna sovrana in Italia (ride, ndr)”.

Allora, per concludere, cosa significa giocare per i Blue Storms?
“È la mia squadra. Finché esisteranno i Blue Storms io sarò qui. In nove anni si sono creati legami indissolubili che vanno ben oltre il campo, basti pensare che ho fatto da testimone al matrimonio di un nostro ex compagno, e che mi hanno cambiato come persona. Quando sono arrivato non avevo ancora ben chiaro cosa fosse realmente il football: i Blue Storms, tra cui coach Ferrari che all’epoca era ancora un giocatore, mi hanno accolto dandomi fiducia e mi hanno fatto crescere facendomi capire che questo era il mio sport. Posso dire di sentire mia questa squadra e aver vissuto dall’interno l’evoluzione dei Blue Storms Busto Arsizio nell’ultimo decennio mi inorgoglisce”.

Matteo Carraro
Foto in Franco Gallazzi

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