Riposo e nuovi incontri. I due autentici must di qualsiasi vacanza che si rispetti hanno trovato un’ulteriore conferma in una bellissima, calda e soleggiata giornata a Canazei. Il tutto, come da prassi, nato per caso.

Durante la solita ricca e gustosa colazione offerta dal B&B Mia Majon (a due passi dal centro, contraddistinto dall’accoglienza calorosa e genuina di Gaia, Igor, Marti e Nadia), una chiacchiera tira l’altra e, parlando del più e del meno, ecco lo spunto: “E così sei un giornalista sportivo e segui l’hockey? Ti andrebbe di incontrare un caro amico?”. Un messaggio e il gioco è fatto. Dopo una giornata a passeggio tra lo spettacolo unico delle Dolomiti con Laura (a proposito di meraviglie, ndr), rientro alla base, doccia, e di nuovo in pole position per un aperitivo con intervista al “caro amico” che risponde al nome di Michele Marchetti.

L’attaccante classe ’94 è reduce da un’annata strepitosa con la Migross Supermercati Asiago Hockey di Tom Barrasso (coach non proprio sconosciuto dalle parti di Varese): vittoria in Alps superando in finale gli sloveni dello Jesenice, primo posto in Italia battendo il Renon e doppio successo in Supercoppa imponendosi prima su Unterland (per l’edizione 2021) e poi su Merano (nel recupero della finale non disputata nel 2020 causa Covid). Quattro trofei impreziositi da una stagione super a livello di statistiche (51 punti tra gol e assist in 50 presenze) ma, davanti ad un’ottima birra, Marchetti si dimostra a tutti gli effetti quel “caro amico” descritto in mattinata alla Mia Majon, un ragazzo con la testa sulle spalle e le idee ben chiare, pronto a raccontarci la sua esperienza e a parlare a 360° del magnifico mondo dell’hockey.  

“Vengo da una famiglia che l’hockey ce l’ha nel sangue – racconta Marchetti –: mio padre e i miei due zii hanno avviato la tradizione, io e mio fratello Stefano (anche lui all’Asiago, ndr) la portiamo avanti. Ho iniziato con le giovanili del Fassa, poi sono andato in America in un College e l’esperienza mi è davvero servita per migliorare a livello umano e sportivo. Di rientro in Italia, dopo un’altra bellissima parentesi al Fassa, sono andato a Bolzano dove ho avuto la fortuna di vincere l’EBEL (l’attuale ICE Hockey League) al termine di una stagione magica che era però iniziata per il verso sbagliato. Da lì sono tornato per una stagione al Fassa e mi sono poi trasferito all’Asiago, dove tra non molto comincerò la mia terza stagione in giallorosso. Sono davvero contento perché la società è fantastica, il gruppo è meraviglioso e sull’Altopiano ho anche trovato l’amore grazie a Valentina”.

Diciamo anche che l’ultima stagione è stata abbastanza positiva…
“Direi proprio di sì (sorride, ndr) perché vincere quattro trofei in una sola annata non capita tanto spesso. Abbiamo vinto tutto quello che potevamo vincere, tranne la Continental Cup, ma soprattutto è stata la mia miglior stagione a livello personale; voglio continuare così. Il salto in ICE? Asiago ha avviato un solido progetto a lungo termine e non vediamo l’ora di poter mettere in risalto ciò che l’hockey italiano può dare. La squadra è pronta, mancano giusto un paio di tasselli, ma ci siamo e vogliamo dimostrare il nostro valore”.

A tal proposito, qual è il livello dell’hockey italiano rispetto a quello europeo?
“Il problema è la programmazione. Per quanto riguarda le giovanili il livello è bene o male lo stesso, almeno fino ai 16/17 anni e, per quel che ho visto, anche con le società svizzere il divario non è così ampio. Quella fascia d’età è però decisiva per il salto di qualità e in questo l’Italia paga il confronto con le altre nazioni; credo che le potenzialità ci siano, ma purtroppo non vengono accompagnate nel modo giusto e molti ragazzi decidono di smettere. Differenze in Italia tra Nord-Ovest e Nord-Est? La questione, in questo caso, è puramente numerica: avere un bacino di 200 ragazzi da cui attingere ti consente di selezionare i talenti migliori, mentre con meno materiale umano a disposizione è più difficile andare avanti”.

Per il Trentino, in generale, cosa vuol dire l’hockey? È uno sport più sentito rispetto alle altre regioni italiane?
“In realtà non come si crede; anzi, penso che dalle parti di Varese l’hockey sia molto più sentito. In Trentino l’attenzione mediatica e tutta rivolta verso volley e basket, anche se negli ultimi anni il nostro sport sta prendendo un po’ più piede. Ai tempi d’oro del Fassa non eravamo seguiti più di tanto; paradossalmente, invece, gli anni d’oro del Varese sono ricordati da tutti e il passato dei gialloneri parla da sé”.

Dato che siamo in tema, un “collegamento” tra te e Varese e dato da Tom Barrasso che aveva iniziato la stagione con i Mastini prima di tornare all’Asiago; cos’ha portato alla squadra?
“Ho avuto la fortuna di avere coach Barrasso già al mio primo anno qui ad Asiago, anche se a metà stagione è poi andato a Sheffield. È stato bello riavere a che fare con lui perché dà tantissimo a livello sia umano sia professionale, è un allenatore che porta avanti la filosofia del lavoro come prima caratteristica: sul giacchio o dai sempre il 100% o stai seduto. Io sono amico di Caletti e, sentendolo, so che Barrasso si è trovato benissimo a Varese, anche se forse per le sue caratteristiche aveva bisogno di un livello più alto; la mia speranza è che i Mastini possano ben presto tornare a competere in lidi più prestigiosi”.

Cosa puoi dirmi dei Mastini dal tuo punto di vista?
“Non li conosco così da vicino, ma li ho seguiti un pochino proprio quando c’era Caletti; in Nazionale Under16 ho fatto qualche torneo con Erik Mazzacane e ho incrociato qualche volta Lorenzo Piccinelli. La squadra in quanto tale l’ho affrontata nella stagione 2014/15: all’epoca il Fassa aveva stipulato un accordo di Farm Team con l’Alleghe e mi ricordo di aver faticato davvero tanto contro i gialloneri soprattutto dal punto di vista dell’agonismo. Del resto, il nome dei Mastini è già di per sé una garanzia…”.

Conosci l’IHL?
“So che è un campionato interessante, soprattutto per quelle squadre italiane che vogliono far crescere i propri giovani. Ci sono stranieri molto validi e alzare il livello dell’IHL contribuirebbe a migliorare il movimento hockeistico italiano. Nell’ultima stagione i Mastini sono arrivati ai playoff, ma hanno avuto la sfortuna di incontrare subito Unterland che partiva forse un gradino sopra le altre; mi auguro che già da quest’anno la squadra possa riscattarsi”.

Potresti far comodo a Varese… quali sono i segreti di un grande attaccante?
“Non me ne volere, ma al momento sono concentratissimo su Asiago (ride, ndr). Il segreto è molto semplice: dare il massimo ad ogni cambio sfruttando al meglio i propri punti di forza che, nel mio caso, sono la velocità e il tiro; da attaccante vedo bene la porta e ho l’obbligo di segnare ogni volta che posso”.

Hai un sogno nel cassetto?
“Voglio giocare le Olimpiadi del 2026. In questi anni cercherò di crescere sempre più a livello sportivo per diventare il miglior giocatore che posso ambire ad essere; mi farò trovare pronto perché giocare le olimpiadi in casa è il sogno di ogni atleta. La Nazionale? Ammetto di essere stato deluso dalla non chiamata al Mondiale, ma rappresentare il proprio Paese è sempre un grande onore e un’emozione unica ambita da tutti gli atleti in qualsiasi disciplina”.

Chiudiamo con i classici pronostici di inizio stagione: chi trionferà alla fine?
“Per me sarebbe un sogno vincere l’ICE con l’Asiago perché daremmo un bello schiaffo in faccia alle austriache che si stanno rinforzando davvero tanto e, soprattutto, replicare quanto fatto da Bolzano vincendo nella stagione d’esordio avrebbe un sapore magico. In Alps credo che se la giocheranno il Renon e lo Jesenice, mentre la Serie A sarà di proprietà esclusiva proprio del Renon. In IHL non posso non dire Varese: so che i Mastini si stanno rinforzando e sarebbe davvero bello, credimi, se tornassero protagonisti sul palcoscenico nazionale”.

Matteo Carraro

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