Lo avevamo scritto nel commento post partita contro la Dinamo Sassari e senza voler essere veggenti, anzi, in qualche modo cercando di scongiurarlo il più possibile, ciò che non doveva fare la Pallacanestro Varese, ovvero specchiarsi in se stessa, è accaduto.
Sia chiaro, contestualizziamo la sconfitta, in casa della Germani Brescia, squadra costruita per arrivare tra le prime 4-5 del torneo, arrivata dopo 25′ di basket spettacolo da parte della Openjobmetis Varese tanto da far gridare al paragone con i Golden State Warriors da parte del telecronista di Eurosport.

Tanto bella, forse pure troppo e che finisce per crearsi da sola una trappola dalla quale non riuscirà più ad uscire. Perché il peccato capitale, unico di questa squadra che piace, gioca bene, con entusiasmo, voglia, fame ed intensità, è solo quello di fermarsi e bearsi da sola della propria bravura, della serie chi si loda si imbroda, come spesso ci dicono le nonne.

La Varese di Brescia getta così al vento l’opportunità di cogliere due punti che sarebbero anche stati più che meritati, che si era costruita con una versione di se stessa ancor più bella, efficace, produttiva di quella vista con Sassari, capace di dominare in lungo ed in largo con autorevolezza la partita, annichilendo un avversario ben più quotato fino al +16 di metà terzo quarto, apice della serata biancorossa.

Una serata che cambia anche sulla scelta opinabile, ci permettiamo di dire, di coach Matt Brase e dello staff di non chiamare timeout prima che la rimonta bresciana si compia, dando forse troppa fiducia ad un gruppo che nel break firmato Della Valle – Petrucelli, avrebbe avuto bisogno di una scossa ben prima del sorpasso sul 77-75.

E’ vero che a posteriori è facile parlare, ma è anche vero che il salto di qualità più importante che questa squadra deve fare è a livello di maturità, ma da un gruppo giovane nella maggior parte dei suoi interpreti, in campo come in panchina, ce lo si può aspettare ed è altrettante vero che è dannatamente bello quanto frustrante raccontare una Varese che domina e poi si scioglie contro una Germani che ha temuto tantissimo di subire la seconda sconfitta consecutiva in campionato.

Merito di una OJM che giocando con rotazioni ad 8 e con Owens ancora fuori dalla logica di squadra, ha dominato per lunghi tratti un match che solo lei poteva perdere ed ha perso nonostante la prova strastosferica di capitan Giancarlo Ferrero, nonostante la dimostrazione di non essere un fuoco di paglia e forse questa è la nota più confortevole della serata bresciana.

Alessandro Burin

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