Luca Piraccini è nato a Novara il 25 febbraio 1987 e nella sua carriera ha un bottino di cinquantacinque presenze tra i professionisti e oltre 350 tra i dilettanti.
“Ricordo come se fosse oggi il mio primo, e anche unico, gol il Serie C1. Era la stagione 2006-2007, dopo aver fatto tutto il settore giovanile con il Novara ero stato un anno in Serie D a Borgomanero per poi tornare a casa. A Padova, con l’Euganeo gremito, perdevamo 1-0 e il mister decise di buttarmi nella mischia a soli 19 anni e al 90’ riesco a segnare la rete del pareggio. Una partita poi vinta nei minuti di recupero, una grande soddisfazione e la speranza di poter far parte di quel calcio”.

Poi le cose non sono andate proprio come ti aspettavi.
“Dopo aver girato un po’ per farmi le ossa in C2 tra Mezzocorona e Caravaggio sono rientrato al Novara in C1 collezionando 14 presenze. Ero giovane e mi sono fidato delle persone sbagliate che mi hanno portato a chiudere con i piemontesi per poi passare al Como dove le cose sono andate decisamente male. Sono stato fermo quasi una stagione intera (2010-2011, ndr) per problemi legati al contratto e poi sono finito in Serie D al Ravenna dove tutto crollò. Ero veramente deluso dal mondo del calcio, sono tornato a casa e ho iniziato a lavorare come bagnino. Ero anche pronto a smettere, la mia fortuna è stata quella che mister Erbetta mi ha voluto a Borgomenero in Eccellenza: lì sono ripartito e mi è tornata la voglia di giocare a calcio”.

Vinto il campionato col Borgomanero, un anno in D con i rossoblù prima di passare al Borgosesia: 2014-15 la tua miglior stagione nella Serie A dei Dilettanti dove hai realizzato 18 gol.
“È vero, è stata una grande annata. Diciassette reti più una nei playoff sono il mio miglior bottino di sempre. Un bottino che mi ha permesso di far bene anche la prima parte della stagione successiva che poi a dicembre mi ha portato proprio a Varese”.
Una stagione esaltante la 2015-16 con la cavalcata dei biancorossi dall’Eccellenza alla Serie D nella stagione post fallimento dalla Serie B.
“Un’emozione incredibile: giocare sempre con il Franco Ossola gremito, non abbiamo mai perso una partita, abbiamo realizzato record che ancora oggi esistono e, soprattutto, eravamo un gruppo di ragazzi straordinari con un ottimo mister (Melosi, ndr) che avevo avuto a Borgomanero e che mi aveva voluto con lui anche in biancorosso. Solo con un grande gruppo puoi raggiungere risultati come quello. C’erano anche i presupposti e la volontà di tentare il grande salto la stagione successiva, ma la promozione in Serie C è rimasta solo un miraggio”.

Chieri, Caronnese, Fiorenzuola e Gozzano prima di tornare a Varese lo scorso anno.
“Ho girato, mi sono divertito, ho fatto esperienze e raggiunto buoni risultati come la promozione in Serie C col Gozzano nella stagione 2020-21. Lì ho anche modificato il mio modo di giocare: da esterno offensivo, mister Soda mi ha adattato a mezzala dietro le punte; un ruolo che è mi è piaciuto e che mi è valso la chiamata di mister Rossi ad inizio della scorsa stagione”.
Un bilancio di questi ultimi diciotto mesi in maglia Varese.
“Comunque positivi. Lo scorso anno, nonostante le difficoltà, abbiamo finito molto bene. La vittoria dei playoff è stata esaltante e aveva gettato le basi per una buona stagione l’anno successivo. Le cose invece non sono andate proprio come ci aspettavamo”.

Ecco, cosa sta succedendo al Città di Varese in questa pazza annata?
“Non te lo so dire e penso che nessuno sia in grado di darti una risposta. Noi giocatori, che siamo quelli che andiamo in campo, ci siamo spesso guardati negli occhi per capire, per invertire il trend negativo. Niente, nonostante il massimo impegno di tutti le cose non hanno ancora girato”.
Il tuo secondo capitolo in maglia Varese è arrivato all’epilogo: entro fine settimana vestirai un’altra maglia.
“Vado via a malincuore facendo parte di un progetto che non è decollato. Ero tornato a Varese per riuscire nell’impresa di ritrovare il professionismo e invece abbiamo fallito. In questi giorni ho parlato con la società che mi ha spiegato che è necessario un cambiamento radicale partendo dai più anziani. Nessuno mi ha messo alla porta ma mi hanno fatto capire che se avessi trovato altre soluzioni avrei potuto anche trasferirmi. All’inizio di questa settimana ho così deciso di allenarmi da solo a bordo campo e, come hai detto tu, entro fine settimana dovrei raggiungere i miei nuovi compagni”.
Ti rivedremo a Varese da ex?
“Ho avuto diverse richieste, alcune anche molto sfidanti ma lontano da casa. Ora devo decidere tra due piazze qui nella zona, voglio restare vicino a casa, vicino alla mia famiglia”.

A proposito di famiglia: sei papà da poco più di un anno…
“Sto con Isabella da ormai 8 anni e a ottobre dello scorso anno è arrivato tra noi Pietro. Una gioia incredibile e anche una responsabilità incredibile. Per questo non voglio più allontanarmi da loro, la famiglia è troppo importante”.
Trentacinque anni, stai già pensando al dopo calcio?
“Penso ancora tanto a giocare, ma anche a quello che potrei fare dopo. Vorrei restare nell’ambiente, mi vedo più come dirigente che come mister, anche se allenare i più piccoli mi piace. A volte penso anche di svoltare completamente e dedicarmi ad altro. Vedremo”.

Chiudiamo con un saluto ai tifosi del Varese
“Potrebbe bastare una parola: grazie! In questi tre anni ho vissuto con i tifosi del Varese tantissime emozioni, gioie immense ma anche delusioni. Ho sempre dato tutto, con i miei pregi e i miei difetti non mi sono mai risparmiato e più che un saluto vorrei fare un augurio: una piazza come questa merita di stare nel calcio che conta. Tifosi come quelli biancorossi meritano il palcoscenico del professionismo e io spero presto di poter tornare allo stadio a tifare Varese con loro in quelle categorie”.

Michele Marocco

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