È il settembre 1998: il Varese Calcio esiste da ottantotto anni ma ha già un fallimento societario alle spalle, mentre il croato Bruno Petkovic festeggia il suo quarto compleanno. Al cinema esce Sliding Doors, pellicola firmata da Peter Howitt che vede il tema del destino come principale leit motiv. Gwyneth Paltrow interpreta Helen, una giovane donna la cui vita viene suddivisa in due spaccati totalmente diversi attraverso un’azione ben precisa: riuscire o non riuscire a prendere la metropolitana.

La metrò come specchio dell’esistenza, quelle porte scorrevoli della vita che possono cambiare tutto improvvisamente, aprendo due varchi temporali ben distinti, scaturiti entrambi dallo stesso istante ma legati da eventi o decisioni differenti. Le strade del Varese e di Bruno Petkovic si incrociano sedici anni più tardi, nel settembre 2014, ma né la società biancorossa né l’ormai ventenne calciatore sanno cosa li aspetterà di lì a poco.

Per raccontare l’avventura del croato in casacca varesina, ci affidiamo al ricordo del suo allenatore dell’epoca, Stefano Bettinelli: “Bruno arrivò dal Catania a campionato già iniziato, non fece quindi la preparazione estiva con noi. Era giovane, ma non ci voleva molto a capire che si trattava di un giocatore dalle qualità e dal fisico importanti, nonostante avesse totalizzato giusto qualche gettone di presenza in prima squadra con la società etnea. Lo feci esordire contro il Carpi dopo neanche una settimana da quando era sbarcato a Varese, impiegando solamente undici minuti per siglare quello che, secondo me, è uno dei gol più belli realizzato da un giocatore biancorosso. Dopodiché, fece solamente altre otto presenze tra campionato e coppa, anche perché la concorrenza sul fronte offensivo era tanta e il titolare era Neto Pereira. Quando si è giovani si tende ad avere poca pazienza e Petkovic, dal canto suo, voleva ritagliarsi uno spazio importante fin da subito, sebbene non fosse così scontato avere garanzie. Giunti al mercato invernale, improvvisamente non l’ho più visto agli allenamenti: era stato ceduto, ma io non ne ero al corrente. Non so dire quali fossero le ragioni per le quali andò via, ma posso dire che ne fui dispiaciuto perché non ebbi né il tempo né il modo per aiutarlo ad emergere. Quanto alla persona conservo un buon ricordo, poiché è sempre stato un ragazzo rispettoso ed educato, ma forse un po’ frettoloso”.

Bruno Petkovic e il Varese sono stati “due destini stretti in un istante solo”, per citare una nota canzone dei Tiromancino, il cui momento focale è scandito da quel gol all’esordio, unico effimero lampo di un attaccante che probabilmente credeva di avere già trovato la sua retta via, errando. I percorsi si divisero, aprendo scenari nuovi tra la carriera del croato e la società biancorossa. Mentre quest’ultima versava in cattive acque in termini di risultati e liquidità economica, la punta scelse di accasarsi in prestito alla Reggiana, cercando in Lega Pro la chance giusta per dimostrare il proprio valore. L’avventura emiliana non si dimostrò particolarmente fortunata, con sole quattro reti messe a referto. Conclusa la stagione, il ritorno inevitabile a Catania, club che deteneva il suo cartellino e che prevedeva di dirottarlo verso la Virtus Entella per la stagione successiva. Contemporaneamente a Varese si consumò l’inizio della fine, con l’inesorabile retrocessione a seguito dell’ultimo posto occupato in Serie B e il fallimento societario decretato dalla FIGC.

Certo, se Petkovic fosse rimasto nella Città Giardino, il Varese sarebbe scomparso ugualmente: ma quale destino avrebbe riservato per l’attaccante? La scelta di spostarsi in Emilia non si è dimostrata propizia, proprio come non risultò ideale il trasferimento in Liguria, avendo marcato solamente una rete con la casacca biancoceleste dell’Entella. Con il Varese ripartito dal campionato di Eccellenza e pronto all’immediata promozione in Serie D, Petkovic trovò quella che sembrava essere la sua terra promessa: Trapani. In Sicilia visse il suo periodo più prolifico fino a quel momento, mettendo a referto dieci gol e otto assist in trentotto presenze. Si aprirono così finalmente le porte della Serie A, un’opportunità da non sbagliare per non rischiare di rimanere scottato un’altra volta. Bologna prima e Verona poi, ma le possibilità latitano e quando queste ci sono, di reti gonfiate neanche l’ombra. La delusione si mescola con la riflessione, raggiungendo un risultato di massima: lasciare il calcio italiano.

Estate 2018, ecco nuovamente le sliding doors, le strade che conducono a quel destino sconosciuto che può riservare tanto bene o tanto male a seconda degli eventi vissuti. Dopo i grandi proclami dirigenziali e la volontà apparente di tornare ad essere un club di vertice, l’entusiasmo iniziale dei tifosi del Varese si scontra con la dura realtà, scandita dalla continua mancanza di fondi e dalle insistenti e ambigue vicende societarie che esploderanno con l’ennesimo fallimento biancorosso sancito l’anno successivo.

Al di fuori da questo contesto che ha tutti i contorni del dramma sportivo, Bruno Petkovic prese la decisione che svoltò la sua carriera una volta per sempre: ripartire dalla Dinamo Zagabria. Il ritorno in patria si rivelò al di sopra di ogni più rosea aspettativa per lui, diventando il perno della squadra capitolina croata e scoprendo quella vena realizzativa che in Italia sembrava solamente un’illusione. La Nazionale, bisognosa di punte centrali che sappiano unire tecnica e fisicità, non rimase certo a guardare, facendo di lui un membro fisso della rosa e garantendogli la titolarità tanto nella UEFA Nations League quanto agli Europei 2020 e agli attuali Mondiali in Qatar del 2022. Proprio in terra qatariota, la settimana scorsa, Petkovic ha segnato il gol fondamentale ai supplementari dei quarti di finale contro il Brasile cementando l’1-1 che ha consentito alla sua Croazia di raggiungere (e vincere) la lotteria dei rigori contro i verdeoro. Il cammino della nazionale biancorossa si è però interretto proprio ieri sera con la pesante sconfitta per 3-0 rimediata dall’Argentina, non riuscendo così a bissare il traguardo raggiunto nel 2018 con l’approdo in finale (poi persa 4-1 contro la Francia).Resta però il percorso di crescita di un gruppo e, nello specifico, di un calciatore che Varese ha avuto modo, seppur per poco, di conoscere.

Non è dato sapere cosa passa per la testa di una persona in determinati momenti, specie se questi si rivelano decisivi per il futuro della stessa. Che ricordi ha della sua esperienza biancorossa? Cosa può aver pensato durante i suoi lunghi digiuni dal gol tra Bologna e Verona? E quali sono le prime immagini che appaiono nella mente dopo aver segnato una marcatura importantissima ai Mondiali? Probabilmente una risposta a tutto non l’avremo mai, ma una cosa è certa: il percorso della Croazia verrà ricordato anche per merito di Bruno Petkovic, avendo portato per osmosi un po’ di Varese in Qatar e unito il proprio destino a quella della società biancorossa. E queste cose, i tifosi non le dimenticano.

Dario Primerano

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