Uno dei dubbi più grossi che si è avuto sulla Pallacanestro Varese di quest’anno, riguardava e riguarda tutt’ora in realtà, la profondità della squadra diretta da coach Matt Brase. In estate infatti, la scelta societaria è stata quella di costruire un gruppo a cui, per dire la verità, a tutti pareva lampante mancasse almeno un’altra ala grande che desse spessore, fisicità e profondità ad un gruppo che sotto canestro vedeva il solo trio Reyes-Owens e Caruso.

L’infortunio poi proprio di Reyes aveva accentuato queste sensazioni e convinzioni, con una Varese che era andata in forte deficit a livello di fiato e di soluzioni di gioco, pur, lo ricordiamo, conquistando l’accesso alle Final Eight di Coppa Italia di Torino proprio nel periodo d’assenza dell’ala portoricana.

Riguardando ad oggi quel momento della stagione sembra essere stato un vero e proprio crush test superato a pieni voti per la OJM che adesso, pur avendo tutto il gruppo a disposizione, sta ruotando fondamentalmente ad otto giocatori, non utilizzando praticamente più Librizzi, Virginio e soprattutto capitan Ferrero.

Non c’e nulla di pianificato. Tutti i ragazzi lavorano benissimo in allenamento, anche chi non ha giocato in queste ultime due partite. Ci sono match e match e io cerco di leggere al meglio i 40′ e cavalcare alcune situazioni o interpreti“, questo quello che ha risposto a diretta domanda in conferenza stampa post partita coach Matt Brase anche se il fatto che non ci sia nulla di pianificiato in questa scelta sembra oggettivamente strano. Sembra molto di più, invece, una normale risposta per tutelare i tre giocatori che in allenamento si allenano, sudano e tengono alto il livello dei compagni ed il proprio, pur avendo meno spazio in questo momento.

Una scelta comunque assolutamente legittima di coach Brase e del suo staff che in questo momento cavalcano l’onda di una condizione generale di squadra ottimale, in cui Owens ha trovato ritmo, sostanza e confidenza con il ruolo; Johnson che partita dopo partita si sta mostrando sempre più solido in entrambe le fasi del campo, dando un sostanziale contributo anche nella lotta a rimbalzo; Brown e Reyes che hanno benzina, muscoli e atletismo da vendere, Ross il motorino che traina il gruppo e De Nicolao che alza ritmo e intensità della difesa. Chi appare in questo momento fuori fase, ma a livello mentale e non fisico, è Guglielmo Caruso. Woldetensae invece, dopo la bruttissima prestazione di Trento, soprattutto per l’approccio e l’atteggiamento mostrati, con Brescia si è riscattato, fornendo una prova difensiva come non gli si vedeva fare da tempo.

Tra questi è innegabile constatare come la crescita esponenziale di Owens sia la conditio che più sta pesando in questo nuovo modo di gestire minutaggi e rotazioni in casa biancorossa, con la OJM che si trova profonda sugli esterni e bilanciata nel pitturato, senza dover snaturare nessuno per ruolo o attitudine.

L’appunto che si potrebbe fare è sulla correttezza o meno di accorciare le rotazioni di un gruppo che gioca ad intensità e velocità elevatissima. Con Brescia ha funzionato, con Trento Varese ha pagato più l’approccio mentale che il calo fisico. Probabilmente anche il tenore delle avversarie, le prossime saranno Tortona e Milano, stanno portando lo staff tecnico a puntare sui giocatori di maggior peso tecnico per superare questo primo scoglio, tra i più complicati, del girone di ritorno per arrivare con il vento in poppa alla partita del 15 febbraio contro Pesaro, dove nulla vuole essere lasciato al caso, per provare a cavalcare un sogno chiamato Coppa Italia e riuscire a farlo con la legge del less is more (meno è meglio), sarebbe l’ennesima vittoria di questa stagione biancorossa, che sovverte regole e logiche che sembravano dogmi imprescindibilii e che ci stiamo abituando a dover rivalutare.

Alessandro Burin

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