Continua il nostro viaggio nel mondo delle arti marziali della provincia di Varese, andando alla scoperta del Ju-Jitsu con il Maestro Cristian Nebuloni della Zen Action di Castellanza.

Come si avvicinò al Ju-Jitsu?
“In generale mi ha sempre affascinato la cultura giapponese, ed ebbi il mio primo approccio alle arti marziali all’età di ventitrè anni. A Sedriano, il mio direttore di Banca praticava già il Ju-Jitsu e fui molto incuriosito soprattutto dal fatto che fosse previsto anche l’uso della spada”.

Quali sono le origini del Ju-Jitsu?
“Il Ju-Jitsu è un’arte marziale giapponese che non ha un fondatore, a differenza del Karate, Judo e Aikido. Nel sedicesimo secolo era conosciuta come Taijutsu o Yawara e indicava l’arte del corpo; più precisamente lo stile di allenamento e combattimento dei Samurai. Il Ju-Jitsu tradizionale non trova alcuna applicazione sportiva, perché prevede delle tecniche belliche. I suoi valori morali sono quelli dell’etica cavalleresca dei Samurai, nota con i termini nipponici Kyubano e Bushido. In questa disciplina sono riunite tutte le scuole che insegnano le tecniche di combattimento con le armi. La nostra è affiliata alla World Ju-Jitsu Federation, e approfondiamo lo studio delle armi, definito Kobudo”.

Quali armi impiegate?
“In generale la tonfa, o manganello con impugnatura, i nunchaku, che furono in origine i battiriso o i morsi dei buoi, e anche le armi nobili, fra le quali la katana, celebre spada dei Samurai. Gli atleti con cinture precedenti alla nera, impiegano le armi in legno, come il bo, o bastone lungo, il bastone corto, perché sono meno pericolose e più adatte all’apprendimento basilare. Dalla cintura nera in poi, invece, si impiegano le armi nobili, tra le quali la katana e anche la naginata giapponese, una via di mezzo tra una lancia e una spada, in origine usata dai guerrieri anche a cavallo. Prevediamo l’utilizzo anche dei sai, gli attrezzi agricoli forchettari divenuti armi da percussione, con i quali si possono effettuare anche delle parate”.

Nel Ju-Jitsu sono previste delle tecniche a mano nuda?
“Sì. Allo scopo di colpire sono previsti pugni, calci con tutte le parti dei piedi, azioni con il taglio della mano, gomitate e ditate. Sono comprese le parate alte e quelle basse, e anche le leve e le proiezioni, provenienti dal Judo e dall’Aikido. Nel Ju-Jitsu tradizionale, le tecniche sono insegnate in modo progressivo, mentre in quello agonistico sono spiegate in modo più sintetico, perché la finalità in gara è la vittoria e l’applicazione sportiva del Ju-Jitsu, richiama in parte il fighting system”.

Come introducete i bambini alla pratica del Ju-Jitsu?
“In modo ludico, impostando il lavoro sull’ aspetto coordinativo, basandolo anche sull’ equilibrio, percezione del corpo e dello spazio. Svolgiamo tutti gli esercizi in coppia. L’età dei bambini parte dai cinque e va fino ai tredici anni e faccio usare loro dei nunchaku in spugna, riuniti da una corda, insegnando il modo di tenerli e anche i colpi con le diverse impugnature. In generale, ai bambini insegniamo delle tecniche simili a quelle che praticano gli adulti ma con tempi più lunghi. Robert Clark, fondatore della World Ju-Jitsu Federation, scomparso dieci anni fa, ha previsto in questa disciplina quattro Katà, o combattimenti con avversari immaginari, di base. Dalla cintura nera in poi, sono invece previsti degli altri Katà superiori, di probabile derivazione dal Wing Chun cinese. Nel complesso, questi Katà sono utili per imparare i corretti movimenti nello spazio. Durante gli allenamenti, non simuliamo fra noi i combattimenti, perché il nostro Ju-Jitsu non sfocia nell’agonismo”.

Come si svolgono gli esami di Ju-Jitsu?
“Nei passaggi da una cintura all’altra vi è la prova del Katà, nella quale bisogna dimostrare di averlo memorizzato ed eseguirlo correttamente. In generale, sono previsti anche i Katà con le armi, agli esami non richiesti, e ciascuna di esse ne ha un proprio. Successivamente, vi è la prova dei fondamentali, che riguarda i colpi, cadute, parate, spostamenti e gomitate, eseguiti singolarmente; una parte importante, finine, prevede la dimostrazione delle tecniche. Insegniamo il Ju-Jitsu per ragioni di passione e cultura e anche per la sicurezza personale, allo scopo di evitare le situazioni più critiche”.

Nabil Morcos

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