Per commentare la sconfitta interna della Pallacanestro Varese contro l’Olimpia Milano per 75-87, nel derby di ieri sera, domenica 12 febbraio, sul parquet del Lino Oldrini, potremmo prendere tanto di quanto affermato e scritto dopo la gara contro Tortona di sette giorni fa e copiarlo.

Contro Milano Varese ha giocato a viso apertissimo per 40′, pagando nel secondo tempo un calo fisico e di energie evidente, amplificato dalla profondità e struttura di un roster, quello in maglia Emporio Armani, che ha basato su queste caratteristiche il blitz al Lino Oldrini.

Una sconfitta che in casa biancorossa certifica una volta ancora di più come questa squadra debba ancora riuscire a scalare quell’ultimo grande gradino, che la porti a colmare il gap con le prime della classe. Probabilmente, però, questo non avverrà quest’anno, perché per riuscirci servirebbero almeno un paio di giocatori di ottimo livello in più da aggiungere ad un gruppo che sta tirando fuori tanto del massimo delle proprie qualità per accorciare questo divario, senza finora esserci riuscito.

Il dato infatti è lampante ed eloquente: 0 punti con le squadre che stanno davanti ai biancorossi Milano, Bologna, Tortona, Pesaro (in attesa della gara di ritorno) e Trento. Squadre costruite e strutturate con budget ben più alti di quello biancorosso, che hanno iniziato la stagione con ambizioni ben diverse da quelle di una OJM che in soli pochi mesi è passata da essere una grande incognita a solida realtà a cui manca solo la consacrazione.

Consacrazione che, com’era capitato contro Tortona, anche con Milano, si è fermata contro la maggior struttura fisica degli avversari. Una sconfitta che Varese ha visto materializzarsi, poi, anche nella sua arma preferita, il tiro da tre punti, nel chiaro dato di fine gara, 11/36, che racconta tutto dell’esito finale. Due punti che Milano mettendo una zona 3-2 tanto rischiosa quanto efficace e ben organizzata, capace di tenere Varese al più basso punteggio stagionale, con soli 75 punti segnati.

A questi dati si aggiunga il fiato corto, cortissimo, di una Varese arrivata spompata nelle gambe e nella testa dopo 3 quarti di battaglia all’ultimo periodo, situazione anche figlia di quella scelta, ormai attuata da un mese a questa parte dello staff tecnico, di ridurre le rotazioni a 8 giocatori, situazione che ieri addirittura ha quasi toccato quota 7 se si considera un De Nicolao in campo per soli 8 minuti.

Una scelta tattica ben precisa volta a cavalcare l’onda dei così detti titolari che però vanno sempre allo stesso ritmo ma con rotazioni sempre più corte in un gruppo che, a tre giorni dalle Final Eight di Coppa Italia, deve cercare di recuperare quell’energie necessarie a provare a scrivere una pagina di storia indimenticabile: perchè a differenza del campionato, in gara secca, anche i gradini più alti che paiono insormontabili diventano scalabili.

Alessandro Burin

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