Quarto posto in classifica a quota 28 punti e playoff sempre più vicini. Il bottino della trasferta di Treviso della Pallacanestro Varese è questo, di quelli pesantissimi e pregiatissimi, che lancia i biancorossi verso il finale di stagione più bello che ci si potesse immaginare o sperare.

La squadra guidata da coach Matt Brase fa un’altra vittima sul proprio cammino, lo fa segnando e subendo esattamente 10 punti in più rispetto alla gara d’andata, vincendo con lo stesso scarto, due punti: al Lino Oldrini finì 87-85 per Varese, a Treviso è finita 95-97 sempre in favore dei biancorossi e al di là delle particolarità di questa statistica, in mezzo c’è tanto di quello che è la Varese di oggi.

Parliamo di una squadra che ormai viaggia a medie fuori dal comune per le nostre latitudini, che vince solo se si avvicina a quota 100, che non è quella dibattuta in politica sulle pensioni, ma è linea di riferimento per il gioco della nuova Pallacanestro Varese. Nuova perchè questa stagione sta segnando un punto zero nella storia varesina, da cui si è ormai partiti per creare un qualcosa che mai nessuno aveva visto primo in Italia.

Un percorso lungo, nel quale però Varese è capace di aggiungere ogni volta un pezzo e da un paio di settimane a questa parte il pezzettino in più riguarda il carattere, la faccia giusta e tosta con cui i biancorossi giocano le partite, anche quelle che possono sembrare più semplici. E’ stato così con Verona, in una gara non scontata come la stessa vittoria dei veneti ieri su Sassari dimostra, lo è stato ancor di più a Treviso, dove Varese ha saputo rimanere in partita per tutti e 40 i minuti di gioco, anche nelle difficoltà, anche sotto nel punteggio, anche quando l’inerzia della gara non era nelle sue mani, anche contro un Adrian Banks capace di segnare 31 punti tirando da ogni dove ed in ogni maniera.

Quel carattere che è l’espressione di Ross, leader tecnico e non solo della squadra, pronto a sgridare i compagni quando a pochi minuti dalla fine un doppio tecnico riapre il match; che è la forza mentale di Brown, capace di non uscire mai dalla partita anche quando la serata sembra delle più nere, finendo per risultare decisivo nel giro di pochissime azioni; che è la forza di Nino Johnson, che non ha paura di mettersi contro tutto e tutti, caricandosi la squadra sulle spalle quando conta, anche con il rischio di sbagliare ma assumendosi sempre la responabilità di un tiro o una giocata anche al limite; che è la solidità ormai acquisita di un Owens che c’è sempre, che ha imparato a fare della propria forza anche quel lavoro sporco che linfa per le vittorie della OJM; che è la faccia tosta di Librizzi che entra in campo senza la minima soggezione, prende i tiri che deve e li segna.

Perché tutto questo è quello che oggi Varese è, un gruppo che non guarda mai né avanti né indietro, ma che vive il moneto con una forza, un’intensità ed unione che da tempo non si vedevano nella Città Giardino, che non è un limite ma è una qualità in più, perché a volte per arrivare lontano non serve puntare il cannocchiale verso l’orizzonte ma è molto meglio abbassare la testa e seguire passo dopo passo una strada che si fa sempre più affascinante.

Alessandro Burin

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