Simone Roncalli, nato l’8 maggio 1996, è uno degli esponenti del tennis bustocco insieme a Mattia Bellucci e Roberto Marcora. Attualmente numero 641 della classifica ATP, Roncalli ha raggiunto nel maggio dell’anno scorso il suo miglior piazzamento al numero 536, dopo un inizio di stagione brillante. Per conoscerlo meglio e ripercorrere le tappe della sua carriera fino ad oggi, lo abbiamo incontrato e ci abbiamo scambiato due chiacchiere

Innanzitutto come stai e in che periodo della stagione ti trovi?
“Adesso sto bene. vengo da qualche giorno di influenza e sono dovuto stare fermo. Ora che mi sento di nuovo al 100% sono tornato ad allenarmi in vista delle Pre-qualificazioni del Master 1000 di Roma. Mi sono garantito la possibilità di giocarle con la finale conquistata all’Open BNL (circuito di tornei che danno accesso alle pre-quali del Foro Italico, ndr) a Milano e sicuramente farò di tutto per onorare l’impegno. È stata, per ora, una stagione un po’ travagliata. Ho avuto qualche problema fisico di troppo e non ho mai trovato la giusta continuità. Devo mettere match nelle gambe”.

Proprio a questo proposito, qual è la programmazione che hai per i mesi a venire?
“La programmazione a livello ITF è molto fluida e devo anche gestirmi con il campionato a squadre. L’intenzione è di giocare ITF da 15 o 25 mila dollari sulla terra, anche se settimana prossima dovrei disputare la qualificazioni del Challenger di Francavilla al mare. La cosa fondamentale e condizionante è che, essendo impegnato la domenica con il campionato di B1 con la maglia del TC Milano Bonacossa, a partire dal 14 maggio, non potrò mai giocare le qualificazioni in questi eventi. Ecco perché vedrò di iscrivermi ai tornei dove sono già sicuro di entrare in tabellone. Sono carico e spero di riuscire a conciliare entrambi gli impegni, facendo il meglio possibile per me e per la mia squadra”.

Facciamo un balzo a ritroso fino agli inizi della tua carriera. Come e dove hai iniziato a giocare a tennis?
“Ho iniziato a giocare a tennis a 7-8 anni con mio padre all’ASD Tennis Nerviano. All’inizio giocavo sia a calcio che a tennis, come tanti bambini, ma quasi subito scelsi di continuare con il tennis perché mi piaceva di più. Dopo poco mi sono trasferito al CT Parabiago e grazie il lavoro fatto con Mattia Ceruti, sono cresciuto tanto e ho fatto molte esperienze importanti. Proprio in questi anni il mio talento si è palesato e la mia passione con il tempo cresceva sempre di più. Ho giocato tanto a livello ETA (tennis internazionale Under 16, ndr) e ITF (under 18, ndr). In questo lasso di tempo ho vissuto emozioni forti e indelebili e ho capito veramente che il tennis poteva diventare il mio lavoro. Poi dai 19 anni fino all’avvento del Covid sono stato al Piatti Tennis Center a Bordighera. Questa è stata un’altra esperienza formativa e mi sento davvero un privilegiato ad aver lavorato con professionisti di grosso calibro. Dal 2020 mi alleno stabilmente al TC Milano e sono contento di come sta andando”.

A livello ITF junior hai ottenuto successi importanti. Il successivo salto tra i professionisti è stato difficile?
“Hai detto bene. a livello juniores ho battuto giocatori come Medvedev, Bublik, Humbert e Harris. Assurdo, se ci ripenso! Poi, quando è stato il momento di fare il salto tra i professionisti, nel tennis vero, ho incontrato qualche difficoltà. Il servizio, che è sicuramente il mio colpo meno buono, ha cominciato ad assumere un valore molto alto all’interno dei tornei e degli incontri, dandomi qualche grattacapo e non permettendomi di vincere partite contro avversari che a livello di colpi a rimbalzo erano inferiori a me. Nonostante io abbia preso quasi subito i miei primi punti ATP, la crescita in classifica non è stata veloce come mi sarei aspettato e un po’ ne ho risentito”.

Dopo qualche difficoltà, però, nel 2021, arriva il tuo primo titolo ITF…
“È stata una liberazione. In quel periodo stavo giocando bene e comunque, stavo ottenendo bei risultati. Mi era mancato fino a quel momento l’acuto decisivo e per fortuna, in quella settimana a Il Cairo è arrivato. Ho battuto un mio amico e connazionale in finale come Edoardo Lavagno, che in quel periodo stava giocando un ottimo tennis ed è cresciuto in classifica fino alla 328esima posizione attuale. La gioia è stata indescrivibile ed è comunque stato un piccolo coronamento dei sacrifici fatti. Sapevo che, prima o poi, avrei vinto un torneo, ma vincere cinque match in cinque giorni non è mai scontato. È stata anche la riprova del fatto che con Matteo Cecchetti, mio coach a Milano, stessimo lavorando nel giusto modo”.

Sei arrivato, poi, a maggio 2022, al tuo best ranking…
“Assolutamente sì. È stata un’altra emozione importante, anche se poi ogni settimana ti aspetti di ritoccarlo migliorandolo. Per ora sono a 536 ATP e ora, dopo tutti i piccoli problemi di cui ti ho parlato prima, voglio ripartire deciso per provare a migliorarlo ulteriormente. Sono totalmente consapevole del fatto che non sia per nulla facile, ma ce la metterò tutta. Tornare a giocare e vincere match con continuità mi darebbe ancora più carica e fiducia verso un ulteriore step, ovvero quello di avere il ranking per poter giocare stabilmente a livello Challenger. In quelle manifestazioni respiri ancor più l’aria di professionismo”.

Possiamo dire che ormai sei un veterano del circuito ITF. Da quel palcoscenico sono passati tanti giovani italiani e stranieri. Chi ti ha impressionato di più?
“Davvero, ormai sono tanti anni che gioco certi tornei (ride, ndr). Onestamente ti direi che tutta la nuova generazione d’oro italiana è composta da giocatori formidabili. Tanti ragazzi talentuosi che, a poco più di vent’anni, lottano già coi migliori del mondo. Tolti, ovviamente, Musetti e Sinner che sono già arrivati al top, i vari Bellucci, Cobolli, Arnaldi, Passaro ecc. sono passati rapidamente dal circuito ITF perché il loro valore era già superiore. Non ho mai avuto la fortuna di affrontarli in un match ufficiale. Ho, invece, avuto la sfortuna di giocare contro Tomasz Berkieta, ragazzo classe 2006 polacco che, a mio parere, farà una grande carriera. In quel match a Monastir l’ho battuto ma penso che il suo futuro sarà luminoso e lontano da quei tipi di campi”.

Infine, quali sono i tuoi propositi e obiettivi futuri?
“Bisogna distinguere gli obiettivi tecnici da quelli di risultato o classifica, anche se, spesso, vanno di pari passo. A livello tecnico, indubbiamente, continuare a progredire su tutti i colpi è importantissimo. Fondamentale sarà, però, trovare maggior aggressività nello scambio, anche grazie al servizio. Per quanto riguarda la classifica, invece, come ti ho anticipato, l’obiettivo è quello di poter giocare qualche Challenger in più, per non dire di stare stabilmente nel giro di quei tornei. Il confronto con quella realtà e con determinati giocatori di buonissimo livello passa dalla salute fisica, primo vero proposito per il futuro prossimo”.

Filippo Salmini

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