Lo diceva Nereo Rocco, uno che con loro c’entra ben poco: triestino doc lui, con la bassa padana nel sangue loro, cultore del calcio di un tempo lui, simboli del nuovo che avanza loro. Ma cosa diceva un santone del calcio che può essere affiancato a due giovani prospetti che la Pro Patria ha preso in prestito dall’Inter? Semplice: “Nel calcio come nella vita”. Almeno da questa intervista è quello che ci pare di capire, perché poi dietro ogni calciatore c’è un ragazzo, specie se giovane, come hanno voluto sottolineare entrambi con precisione ma anche determinazione e giocando d’anticipo come vedrete.

Andrea Moretti e William Rovida si sono protetti a vicenda in parecchie partite all’Inter con cui hanno già visto da vicino grandi campioni e vinto lo scudetto primavera di cui vanno orgogliosissimi: “La partita di cui andiamo più orgogliosi è sicuramente la finale scudetto vinta contro la Roma due anni fa. Qualcosa di magico.”… e visto come entrambi usano le stesse parole non stentiamo a crederlo, anche se vogliono entrambi precisare una postilla. 

Andrea Moretti: “In finale scudetto William ha fatto la parata della partita, era quasi il 120’ ed è stato superlativo su Cassano che ora gioca nel Cittadella. Parata che è valsa uno scudetto.”

Rovida ringrazia e racconta: “E’ stata una bella parata in effetti, poi con Andrea siamo grandi amici tanto che questa estate ci siamo fatti una risata quando entrambi abbiamo saputo che l’altro era in prossimità di approdare a Busto. C’erano migliaia di possibilità che ci portavano a separarci ed invece dopo l’Inter ci troviamo anche qui.”

Ragazzi, partiamo veramente dal principio: qual è stato il vostro approccio con il calcio ed il vostro percorso calcistico?
Andrea Moretti : “Inter. Solo Inter o quasi. Vi sono approdato a cinque anni ed eccezion fatta per due anni di prestito a Novara ho sempre giocato ad Appiano Gentile, ho chiuso il mio percorso con le giovanili vincendo lo scudetto primavera. Cosa chiedere di più?”
William Rovida: “Io a differenza di tanti portieri sin da piccolo ho voluto giocare tra i pali. Sono partito dal Marigolda, la squadra della mia Curno, poi Brusaporto e dall’under 15 sono volato all’Inter fino allo scudetto e poi il prestito alla Carrarese.”

Proseguiamo parlando di approcci: com’è avvenuto il contatto con la Pro Patria?
A.M.: “Tutto molto semplice, ho saputo dell’interesse della Pro ed ho chiesto al mio procuratore prima di approfondire e poi di chiudere. Scelta ottima perché da subito mi sono sentito come a casa.”
W.R.: “Posso dire la stessa cosa, parlando con il direttore ho subito capito la serietà sua e della società. Una società che crede molto nei giovani e li fa crescere al meglio, non potevo chiedere di più.”

Cominciamo con le domande più difficili. Avete 20 anni e poco più, eppure se entrate in uno stadio come lo “Speroni”, l’”Euganeo” di Padova, il “Menti” di Vicenza… Le gambe non possono tremare, bisogna essere uomini prima del previsto diventando calciatori?
A.M.: “Se fai il calciatore cresci e maturi prima. Devi farlo se vuoi fare questa professione ma se da tempo hai in mente di farlo diventare un lavoro, penso che sai che è una responsabilità che devi prenderti. Peraltro se hai carattere, certi stadi non ti fanno paura ma il contrario: diventano uno stimolo per fare bene.
W.R.: “Se pensate alla professione del calciatore, può essere paragonata a poche altre: serve qualche sacrificio soprattutto da giovani, disciplina e responsabilità per raggiungere i tuoi obiettivi. Così con il percorso impari a gestire certi stadi e certe situazioni. Per esempio io da portiere sono spesso a contatto con i settori più caldi dello stadio: se sento qualche insulto faccio un sorriso e mi carico.”

Avete toccato un tasto che volevo proporvi anticipandomi, come fate in campo con gli attaccanti più pericolosi?
Soprattutto quando si è piccoli, qualche sacrificio si fa per giocare a calcio, specie se a buoni livelli: vi è mai pesato? Quando avete capito che poteva diventare un lavoro?
A.M.: “Sì, i sacrifici ci sono soprattutto quando sei un ragazzino: i tuoi amici escono e fanno tardi nel weekend, tu non puoi. Succede anche ora naturalmente ma non mi è mai pesato perché ho sempre avuto chiari in testa i miei obiettivi e penso che piano piano li sto raggiungendo. Capisci che sta diventando un lavoro molto presto, per la verità, se affronti tutto con consapevolezza. Se sei consapevole dei tuoi mezzi, di ciò che fai e di farlo bene, il tutto arriva naturalmente e vieni ripagato di tante cose”.
W.R.: “Le due domande si intrecciano semplicemente perché ho capito che stava diventando un lavoro quando avevo sempre meno tempo da dedicare ad attività che non fossero scuola o calcio. Diciamo che con i sacrifici è arrivata anche l’idea che il calcio potesse diventare qualcosa di più di un semplice divertimento. Anni fa un poco mi pesava: vedevo i miei coetanei godersi l’adolescenza mentre io stavo facendo una sorta di investimento per un futuro migliore.”

Come detto la settimana scorsa, da quest’anno propongo una domanda quiz, qui vince chi risponde prima naturalmente. Vi dico una data, ditemi se vi dice qualcosa: 9 Marzo 1908.
Qui Moretti non ci dà nemmeno il tempo di finire: “Facile, la data di fondazione dell’Inter.”

Grande anticipo, quasi come in campo. Se vi dico Inter, voi cosa rispondete? Cosa ha rappresentato per voi?
A.M.: “Semplicemente famiglia. Tifo Inter ed ho avuto il privilegio di entrarci bambino ed uscirci, in prestito, uomo. Famiglia, nulla di più, nulla di meno.”
W.R.: “C’è una bella storia dietro, perché come detto io nell’Inter ci sono entrato in under 15 ma la tifo da sempre. Mio papà mi ha trasmesso questa fede e ricordo come fosse ieri la maglia di Milito che mi ha regalato quando ero ancora un bambino che aveva scelto di tifare Inter e nient’altro. Quel bambino si è trovato a giocarvici ed è stato semplicemente un onore.

Che allenatori e calciatori avete conosciuto nell’Inter e cosa ci raccontate di loro?
A.M.: “Conte ed Inzaghi. Molto differenti tra di loro ma entrambi molto preparati e meticolosi. Di Antonio Conte si dice che è un martello ed è vero, ma ti lascia anche veramente tanto.”
W.R.: “Io ovviamente posso fare un discorso un poco diverso perché mi allenavo spesso con i portieri: Handanovic per esempio lo avevo a portata di mano molto spesso ed ho potuto ammirarlo. A livello personale mi ha aiutato molto Cordaz, di una disponibilità unica con me.”

Ma cosa differenzia gli assoluti campioni dai calciatori normali?
A.M.: “Disciplina, prima di tutto. Sono disciplinati al massimo, penso sia anche da quello che traggano vantaggio oltre che dalle loro indiscusse capacità. Poi sono anche molto disponibili con chi è più giovane come noi.”
W.R.: “Talento smisurato, naturalmente, ma non basta. Parliamo di persone che se sono a certi livelli è perché hanno la testa e la disciplina perfetta per stare nei piani altissimi del calcio.”

William, c’è una foto sui tuoi profili social in cui festeggi sotto la Curva Nord con Dzeko, Lautaro, Handanovic… Che spettacolo!
W.R. : “Incredibile. C’è una storia dietro che vorrei raccontare. Era Inter – Lazio ed ero appunto convocato, solitamente nel riscaldamento alla fine i titolari calciano in porta e parano i portieri di riserva. Ricordo come se fosse ieri l’emozione indicibile nel sentire il boato della curva dietro di me quando ho parato un tiro di Brozovic diretto all’incrocio. Poi vincemmo con gol decisivo di Skriniar ed entrai a festeggiare con la squadra. Tutto meraviglioso.”

Andrea, c’è un’amicizia tra di voi vera e propria. Come l’avete coltivata? Ci racconti un aneddoto?
A.M.: “Come detto ci siamo trovati a Busto per caso dopo aver condiviso il campo e non solo per tre anni. Si è instaurato un grande rapporto dividendo spesso la camera in ritiro, per esempio durante un torneo meraviglioso con una cornice altrettando splendida. Eravamo in Under 18 ed andammo a Bali, in Indonesia, per un torneo. Fu tutto magnifico ed io e William dividemmo quell’esperienza praticamente giorno e notte.”

Avete parlato di disciplina, di esempi… Vi faccio un nome: Giovanni Fietta.
A.M.: “Un esempio a cui posso solo dire grazie. Ci gioco di fianco ed è di grandissimo aiuto, detta i tempi, ti aiuta… Insomma una garanzia, poi ovviamente in allenamento è lo stesso discorso ma si aggiunge disponibilità al dialogo ed all’aiuto verso noi più giovani. Un esempio professionale ed umano.”
W.R.: “Esperienza, leadership… Un trascinatore che ti tiene all’erta per tutti e novanta i minuti della partita. Il calcio è 80% testa e 20% talento e lui aiuta tutti noi a tenere la nostra mente lucida in ogni secondo della partita e quando poi ti parla o ti dà consigli, sai già che stai per sentire qualcosa che ti servirà in futuro.”

Leader. Figura fondamentale: chi è il leader per eccellenza che avete trovato finora?
Entrambi: “Samir Handanovic. Senza dubbio. Oltre che fortissimo era anche l’emblema della figura di spicco dello spogliatoio dell’Inter. Lo scorso anno eravamo lontani da Appiano Gentile per il prestito, ma ci hanno raccontato di come, seppur giocasse spesso Onana in porta, non era cambiato nulla: Handanovic continuava ad essere il punto di riferimento assoluto nello spogliatoio.”

Torniamo a parlare di Pro Patria: con lucidità, gambe in spalla ed ovviamente risultati, questa Pro ha iniziato a macinare punti iniziando a cancellare l’inizio zoppicante.
A.M.: “Parte tutto dalla sfida con la Triestina secondo me, ovviamente dal dopo. Mi sono proprio reso conto che, senza neanche dircelo, si è sbloccato qualcosa in noi, stiamo trovando la giusta quadra passo dopo passo, consapevoli che non basta minimamente quanto fatto, che è solo l’inizio, ma convinti che la strada presa dopo il tris interno contro l’Alabarda, sia quella giusta.”
W.R.: “Fiducia, intesa, capacità di conoscere il campionato e gettarsi a capofitto nella mischia. Penso servisse questo, ci è voluta qualche settimana ma abbiamo iniziato a carburare, iniziando anche a non voler prendere assolutamente gol come a Crema quando ci siamo difesi con unghie e denti affilatissimi per esempio.”

Domanda attuale e per nulla facile. Sono giorni in cui si parla continuamente di ragazzi che hanno la grandissima fortuna di giocare a calcio ad alti livelli, eppure commettono l’errore di scommettere, seppur sia un discorso diverso da chi lo fa per alterare l’esito della propria partita. Cosa ne pensate?
A.M.: “Il discorso è complesso, toccherà poi alla giustizia decidere, che ci sia stato un errore da parte loro è chiaro, anche perché quando si inizia a giocare a calcio e comincia a diventare un lavoro, come detto prima, sei consapevole che le scommesse anche per divertimento non vadano minimamente fatte per non andare incontro a sanzioni o squalifiche. Hanno sbagliato da uomini, perché sono questo alla fine, con i loro momenti bui e, appunto, con i loro errori.”
W.R.: “Penso sia sbagliato giuridicamente ma anche moralmente, però penso sia importante fare un distinguo: il fatto che siano dei privilegiati penso conti poco, mi spiego: le dipendenze sono qualcosa di serio che ti attaccano e che necessitano di una cura anche se sei una persona ricca, famosa, con fama… Quello non c’entra nulla. Chiunque può subire la tentazione di una dipendenza, bisogna combatterla fin da subito.”

Qual è la gag più divertente che avete visto in uno spogliatoio?
Entrambi: “Tanti la ricorderanno, ai tempi dell’Inter mister Conte e Lautaro Martinez avevano avuto un piccolo screzio subito rientrato, tanto che il giorno dopo Brozovic e Barella idearono un finto ring nel campo di allenamento in cui inscenarono l’inizio di una lotta tra entrambi. Furono risate a volontà, il video è facilmente rintracciabile sul web.”

Domanda secca: il giocatore più forte con cui vi siete allenati?
A.M.: “Lautaro Martinez.”
W.R.: “Stefano Sensi. Impressionante, al primo allenamento con l’Inter non credevo ai miei occhi, senza problemi fisici avrebbe avuto ben altro percorso. Giocatore incredibile.”

Chiudiamo provando a collegare lo scorso anno con questo: cosa vi hanno lasciato Pro Sesto e Carrarese che avete portato con voi a Busto?
A.M.: “Come minutaggio è stata un’annata discreta, con mister Andreoletti mi sono trovato veramente bene dall’inizio alla fine anche quando non contava su di me l’ho sempre apprezzato. Non ho giocato tantissimo come detto, poi la squadra girava bene e così era difficile entrare per me, però l’ho vista come una tappa di crescita e mi sono detto: quest’anno voglio giocare di più. Così sta accadendo a Busto, sono soddisfatto e ce la metto tutta per migliorarmi giorno dopo giorno.”
W.R.: “La mia risposta è simile, a Carrara ho giocato poco però è stata la prima esperienza tra i grandi ed è stata molto formativa in una squadra forte. Quest’anno volevo un’annata in cui giocare e mostrare i miei valori e sono soddisfattissimo di aver scelto Busto.”

Nereo Rocco non aveva torto, qualora si riferisse anche a questi due ragazzi, che con disciplina, consapevolezza e mezzi interessanti, vogliono crescere di pari passo con la Pro Patria di mister Colombo che si sta sempre più facendo valere nel torneo, con un sogno in un cassetto ben saldo e tenuto con cura maniacale, un sogno al sapore di futuro, come solo quelli di giovani talentuosi, intelligenti e sognanti possono essere.

Alessandro Bianchi

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