Ci sono persone, uomini, campioni dello sport che lasciano il segno in maniera indelebile nella propria disciplina così come nella vita al di fuori del campo, nei rapporti umani, in quelli che poi, in fondo, sono la cosa più importante.

Questo è stato Pietro Anastasi, un grandissimo giocatore di calcio che ha scritto e legato la storia del Varese a quella della Juventus, ma soprattutto una bellissima persona che ha rappresentato un’epoca, che è stato simbolo di una generazione intera, l’uomo venuto dal sud, dalla sua Sicilia, per lavorare come operaio al nord e divenuto, invece, un campione sportivo indimenticabile.

Per questi motivi, sportivi, sociali e culturali, questa mattina è stato presentato al Salone Estense di Varese il progetto di realizzazione del suo docufilm “Stella del Sud“, patrocinato dal Comune di Varese e dalla Varese Sport Commission e che l’Assessore allo Sport cittadino, Stefano Malerba, introduce così: “Grazie a chi ha pensato questo progetto. Esistono storie sportive che vanno al di là della propria disciplina ed altre, di vita, che vanno oltre tutto. Una storia che ha tanto da trasmettere ai giovani, per far capire cosa lo sport possa essere e dare. Vi ringrazio per aver scelto Varese per questo progetto che dà lustro alla città, per raccontare la vita di un uomo che ha dato molto a Varese come Pietro Anastasi“.

Un docufilm che nasce dall’idea di Antonio Zamberletti, auotre del documentario: “E’ un progetto dai forti aspetti sociali, non è solo un documentario sportivo di Anastasi come calciatore ma anche e soprattutto del Pietro uomo che ha segnato un’epoca a livello sociale e culturale. Anastasi ha rappresentato una generazione, quella che partiva dal sud per venire a lavorare al nord, un uomo che doveva lavorare in fabbrica ed è diventato, invece, un campionissimo. Torino era la città siciliana più grande d’Italia e lui ne era il simbolo. Mettiamo al primo posto la città di Varese, perchè il palcoscenico di questo documentario sarà la Città Giardino con le sue location uniche“.

Un concetto, quello del Pietro Anstasi simbolo umano ancor prima che sportivo, rispreso anche dal regista, Marco Pozzi: “Mi ha colpito molto fin da subito la figura di Anastasi che trasdcende dall’immagine singolare di calciatore. La volontà di questo progetto è fare un prodotto che coinvolga tante generazioni. Spiegare chi è stato Anastasi, una figura esemplare per tantissime caratteristiche che aveva, non solo sportive ma anche e soprattutto umane. Vogliamo andare al di là del limite chiuso del calcio. Sarà un progetto a forte connotazione culturale“.

La produzione del docufilm sarà affidata alla società diretta da Maurizio Magni: “Siamo molto sensibili a tematiche di questo livello. Cercheremo di produrre un prodotto di assoluta eccellenza. Per farlo, ci servirà il supporto di tanti attori privati che ci sostengano con sponsorizzazioni, come tante ne abbiamo già raccolte“.

Un progetto che darà lustro e risalto a Varese, la città che per ultima ha salutato Pietro Aastasi, come ricorda il Sindaco, Davide Galimberti:Un’iniziativa preziosa la cui presentazione avviene nel luogo che ha dato l’ultimo abbraccio a Pietro Anastasi. Mi colpì molto durante la camera ardente, l’affetto popolare delle persone che dimostrarono ad Anastasi, rappresentazione di un’epoca che fortemente ha vissuto dell’affetto popolare, legata più alla persona che al mero campione, per una persona che rappresentava vari aspetti del paese“.

Anastasi simbolo di vita ma anche e soprattutto di sport e di calcio, di quella coppia in campo e nella vita incredibile, vissuta con Roberto Bettega: “La cosa particolare è che io ho avuto il tempo di fare il raccattapalle a Pietro l’anno che lui arrivò alla Juve . L’anno dopo essere stato qui al Varese, la Juve mi riprese e ritrovai in campo Pietro. Eravamo compagni di camera e per me divenne molto più di un semplice compagno di squadra. Il momento iconico della nostra carriera calcistica è quel cross che mi fece Pietro per il mio famoso gol di testa con il Milan. Eravamo capaci di completarci, di trasmetterci tanto. Avevamo un rapporto umano fortissimo, sarei contento se tanti ragazzi potessero rivivere una stotia come la nostra“.

Con lui, anche l’Amministratore Delegato dell’Inter, Giuseppe Marotta, che Anastasi lo ha vissuto al Varese, al Monza ed infine alla Juventus: “Sono fiero di essere qui nella nostra Varese e ricordare una persona che ho stimato molto e che considero un amico. Evidenzia il valore della memoria, uno dei valori più importanti che può rappresentare un essere umano. Lui era un grande contenitore d’emozini. Anche io facevo il raccattapalle a Varese ed ho vissuto con lui quel 4 febbraio 1968, il 5-0 del Varese alla Juve. Con Pietro ho avuto un rapporto di stima ed ammirazione che si è rptotratto nelle collaborazioni ed incontri tra Varese, Monza e alla Juventus. Una persona che mi ha accompagnato nella totalità della vita, ed il fatto che oggi si celebri la sua vita non è solo un atto di riconoscenza ma di testimonianza di un’epoca passata che ha dato grandi emozioni ad una generazione intera“.

Un momento unico, forte, che la voce commossa della moglie di Pietro, Anna, e le lacrime trattenute a forza del figlio Gianluca sono l’immagine più vera, pura forte di un sentimento che raccoglie tantissimi tifosi, amici, conoscenti, che unisce Varese e Torino, il Varese Calcio e la Juventus, la Sicilia e il Nord Italia, insomma tutti quei contesti che Pietro Anastasi ha vissuto e nei quali ha lasciato un segno indelebile che questo documentario vuole rendere immortale.

Alessandro Burin

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