Quanto è stata importante la vittoria della Pallacanestro Varese per 90-79 sulla Dinamo Sassari di ieri sera? Moltissimo. Una vera e propria grande boccata d’ossigeno per tutto il mondo biancorosso che ha spezzato un’apnea che, altrimenti, sarebbe anche potuta essere fatale.

I risultati di giornata, con la vittoria di Pistoia su Venezia e quella di Cremona sulla Virtus Bologna, richiedevano un blitz importante nelle zone calde (basse) di classifica e Varese, questa volta, ha risposto come doveva, ovvero vincendo e per lunghi tratti anche convincendo.

Con questa vittoria la OJM è guarita? Assolutamente no. Di fronte ai biancorossi, infatti, è giusto considerare che c’era una squadra “malata” a cui mancavano due perni come Bendzius e Diop (mica poca roba) ma che comunque è stata costruita con budget e per puntare ad obiettivi ben più alti di quelli della Varese attuale. Quindi, se qualche settimana fa scrivevamo che i biancorossi non erano stati in grado di cogliere l’attimo, questa volta i ragazzi di Tom Bialaszewski l’occasione l’hanno saputo sfruttare al massimo.

Lo hanno fatto dando, in tante situazioni di gioco, un’immagine diversa di loro stessi: finalmente si è vista, infatti, una squadra capace di offrire un’alternativa al gettonatissimo tiro da tre punti, ovvero l’attacco convinto e ben eseguito al ferro avversario. Scelta tattica che ha sorpreso e colpito a ripetizione Sassari, dando nuova linfa a Varese che da quest ha tratto energia, punti, falli, fiducia e la possibilità di costruire tiri aperti e piedi per terra per i suoi esterni da oltre l’arco. Non solo però, perchè con questo tipo di gioco, i biancorossi hanno saputo innestare meglio anche Willie Cauley-Stein, non a caso alla sua miglior partita per concretezza ed efficacia da quando è a Varese.

Un attacco che ha saputo girare al meglio frutto anche di una difesa sempre più ermetica, che ha tenuto a 79 punti Sassari e che ha saputo essere intensa e compatta per lunghi tratti del match. Merito questo, anche, delle prove nella propria metà campo del lungo nativo di Spearville ma anche di Librizzi e Woldetensae, che sono tornati a dare grinta e solidità alla fase difensiva varesina che finalmente non ha vissuto dei continui cambi sistematici, deleteri nell’ultimo periodo, ma ha giocato molto più 1vs1 con i diretti avversari designati.

Un quadro che sembrerebbe perfetto se non fosse che Varese, anche contro Sassari, ci ha messo quel blackout che ne ha quasi rovinato tutto il lavoro fatto nel resto del match. Un 3-20 di parziale nel quale ha allentato le maglie difensive e smesso di giocare d’insieme in attacco, tornandosi ad affidare al solo tiro da tre punti, forzato. Un calo che non è assolutamente piaciuto a coach Bialaszewski, come sottolineato dallo stesso in conferenza stampa, un calo che è figlio di un processo di crescita ancora lontano dall’essere concluso, un calo che a Napoli, sabato prossimo, non potrà nemmeno minimamente palesarsi, per una Varese che dopo questa boccata d’ossigeno non vuole e non deve rimettere subito la testa sotto l’acqua.

Alessandro Burin

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