Full immersion nel Kuan Ching Tao, scuola di arti marziali cinesi situata all’interno dell’Oratorio Maschile Centro Familiare Santo Stefano di Olgiate Olona, dove il Maestro Galeazzo (52 anni, nato a Busto Arsizio ed attualmente cintura oro di Kung-fu Shaolin Chuan e di Tai Chi Chuan), le istruttrici Facchini e Colombo, e l’atleta Sivilla (35 anni, nato ad Olgiate Olona e ha conseguito la cintura nera primo Ji di Kung-fu Shaolin Chuan e di Tai-Chi Chuan) ci illustrano il Kung-fu Shaolin Chuan e il Tai-Chi Chuan stile Yang, spiegandoci anche il senso della loro pratica in un contesto oratoriale.

Maestro Galeazzo, come si avvicinò a queste arti marziali cinesi?
“Mi approcciai al Kung-fu trent’anni fa, dopo aver praticato in precedenza anche il Karate e il Taekwondo. A ventidue anni iniziai con il Kung Fu Shaolin Chuan, uno stile tipico del Nord della Cina, caratteristico della Scuola guidata dal Maestro cinese Chang Dsu Yao, ex colonnello dell’esercito, istruttore delle forze armate e della polizia a Taiwan. Lui insegnò qui in Italia fino al 1992, e in questo periodo gli fu assegnata anche la cintura rossa di decimo grado, un riconoscimento massimo a livello mondiale nelle arti marziali tradizionali cinesi. Il Kung-fu Shaolin prende il nome dal tempio Shaolin Szu in Cina, nella provincia dell’Honan. Dello stile Shaolin Chuan, apprezzai in particolare l’attenzione nell’eseguire i gesti, e anche la padronanza delle tecniche sofisticate. Dal punto di vista fisico consolida la muscolatura, e da quello psicologico, giova molto alla concentrazione mentale”.

Qual è il significato della pratica in un contesto oratoriale?
Oltre a basarsi sulla libertà di culto, questa arte marziale insegna anche il rispetto verso ogni cosa, come persone, piante e animali, un principio presente sia nell’etica cristiana che in quella di tutte le altre confessioni. Il nostro Kung-fu prevede combattimenti, noti come po-gi, nei quali non vi è un vincitore, ma si cresce insieme, imparando le tecniche di calcio, pugno, parate e proiezioni. Svolgiamo anche i lù, dimostrazioni di tecniche o forme, da eseguire con precisione, nei quali si migliora anche la direzione dello sguardo, e l’efficacia nella tecnica. Nel complesso, svolgiamo delle gare di Kung-Fu tradizionale, e nel 2009 al World Champion di Perugia, arrivai secondo nel po-gi. Impieghiamo diciotto armi di base: si inizia con il bastone corto, poi si passa alla sciabola, all’alabarda cinese e anche al pugnale cinese o tiech”.

Istruttrice Facchini, quale arte marziale insegna?
“Io insegno il Tai Chi Chuan e ho un totale di trenta allievi suddivisi tra le cinture bianche, che seguo in particolare, e le nere. Si tratta di una disciplina legata molto all’energia interiore, che sviluppa la forza interna per poi esternarla. Aiuta inoltre a sviluppare la forza delle gambe e delle anche e dona anche l’abilità a livello psico-fisico di vedere e reagire con maggior consapevolezza dinnanzi a delle situazioni più critiche. Il Tai Chi Chuan prevede anche i combattimenti prestabiliti, nei quali non c’è un vincitore, ma si lavora a coppie. Prima si studiano le quattro forme, e poi i duelli. Impieghiamo armi, come il bastone, la spada e il tiech, o pugnale cinese. Per il passaggio da una cintura alla successiva, sono previsti degli esami”.

Istruttrice Colombo, qual è la differenza maggiore tra il Kung-fu Shaolin Chuan e il Tai-Chi Chuan?
“Il Tai-Chi Chuan prevede dei movimenti lenti, ed è una disciplina che regola l’aspetto interiore e meditativo, mentre quelli del Kung-fu Shaolin Chuansono più veloci, e sono eseguiti da atleti più giovani. In queste arti marziali, le armi sono considerate come un’estensione delle parti del corpo degli atleti, che imparano a muoverle bene senza collidere con gli altri. Nella cultura cinese le armi rappresentiamo, in generale, le movenze degli animali”.

Gianmarco Sivilla, quali aspetti la coinvolgono di più in queste arti marziali?
“Ciò che mi stimola maggiormente di queste arti marziali è che mi permettono, soprattutto in allenamento, di sfogare tutte le tensioni della giornata. Anche il fatto di ripetere gli esercizi fino alla loro completa assimilazione e comprensione mi aiuta a rilassarmi”.

Maestro Galeazzo, come ne giudica il risvolto sportivo di queste arti marziale sugli allievi?
“Nei bambini lavorano principalmente sulla coordinazione, e ciò giova notevolmente alla loro crescita, mentre per le donne questa pratica è utile sia alla difesa personale, sia all’immediata percezione del pericolo. In senso sportivo, queste due arti marziali cinesi si possono definire come Wushu più moderno, perché gli aspetti originari degli stili, come ad esempio quello della difesa personale, mutano in altri più atletici ed estetico-visivi, finalizzati in gara a guadagnare punti”.

Nabil Morcos 

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