Torniamo presso il Budokai di Ispra, in cui il Maestro Kupper, cintura nera al terzo Dan, ci racconta le origini dell’arte marziale nipponica, illustrandone i diversi stili, descrivendone il ruolo delle armi, e anche come lo stage di Casalzuigno abbia giovato agli allievi.

Maestro Kupper, come si avvicinò all’Aikido?
“Il mio approccio all’Aikido fu nel 1995 e ne apprezzai soprattutto il fatto che non prevede gare, la giovialità e il sorriso sui volti dei praticanti. Iniziai ad insegnarlo nel 2002 ai bambini, che all’epoca iniziavano all’età di cinque anni. Per loro era previsto un corso più ludico, finalizzato all’apprendimento delle tecniche basilari, mentre per quella compresa tra i dieci e i sedici anni, uno più avanzato, mentre quello per gli adulti introduceva invece alla conoscenza delle tecniche di caduta corretta, sia in avanti che all’indietro. Anche ai bambini si faceva usare il bastone corto, chiamato in giapponese jò, allo scopo di lavorare sulla loro coordinazione, mentre gli adulti impiegano il bastone lungo o bò. L’Aikido prevede le armi perché deriva dai Samurai e dall’Aikijitsu, antica disciplina nipponica della guerra, ma in realtà è un’arte di pace e la sua filosofia è quella di evitare il combattimento; comprende anche la katana o spada di legno, nota come boken, e il coltello detto tantò, usato anche dai principianti, per capire bene le distanze quando si effettua una tecnica”.

Prevede diversi stili?
“Sì. Gli stili dell’Aikido sono stati diffusi nel mondo dagli allievi dell’Osensei o Sommo Maestro Morihei Ueshiba, suo fondatore, considerato uno dei più grandi maestri di arti marziali della storia. Ho notato ad esempio, che lo stile Iwama è più rigido, mentre il Thoei ha dei movimenti più morbidi e lo stile Aikikai, il classico giapponese di Tokyo, non comprende quelle rotazioni di polsi, ma dei movimenti nel complesso più ampi. Noi seguiamo lo stile del Sensei Hirokazu Kobayashi, allievo diretto dell’ Osensei Ueshiba, originario della prefettura di Osaka. La Scuola del Maestro Kobayashi tiene molto alle posizioni e alle posture sempre dritte, include la rotazione dei polsi generata dal contendente, negli esercizi in coppia. L’Aikido include dei duelli brevissimi, con tecniche di prese e attacchi, in cui gli atleti crescono e imparano insieme”.

Cosa riguardava lo stage di Casalzuigno?
“Organizzato dall’Associazione Internazionale Aikido, è durato due giorni e vi hanno partecipato dei Maestri o Sensei italiani e tedeschi. Gli allievi, provenienti da tutto il Nord d’Italia, hanno potuto assistere ai diversi metodi di insegnamento nei quali i Maestri spiegavano le stesse tecniche con parole proprie e personali, facendole anche eseguire in maniera differente. I Maestri italiani si ispirano in generale al Sensei Giampietro Savegnago, deceduto dieci anni fa, mentre quelli tedeschi anche al Sensei francese Adrien Halm, che parla bene anche il tedesco, avendo vissuto anche a Basilea, in Svizzera, il quale si basava essenzialmente sulla Scuola del Maestro Kobayashi”.

Come si svolgono i katà nell’ Aikido?
“I nostri katà, forme o dimostrazioni di tecniche, sono solo con le armi, tra le quali il jò o bastone corto, o il boken, la katana o spada di legno. Le sequenze si studiano da soli in autonomia, poi si praticano anche con il compagno o contendente, che funge da ipotetico aggressore. L’anno scorso qui c’erano anche delle donne che si dimostravano delle aikidoka molto abili, perché quest’arte marziale, anziché basarsi sull’impiego della forza fisica, è finalizzata al disequilibrio del contendente. I principi originari dell’Osensei e codificatore Ueshiba valgono sia per noi, che per tutti coloro che praticano i diversi stili dell’ Aikido, ma sono applicati in modo diverso”.

Come svolgete gli esami?
“Abbiamo le cinture bianche e quelle nere. Svolgiamo un esame all’anno. Per il passaggio dalla bianca alla nera, occorre preparare degli esami da dimostrare dinnanzi ad una commissione. Si eseguono delle sequenze in ginocchio, delle tecniche di proiezione stando in ginocchio circondati da tre o quattro compagni in piedi, diverse tecniche in piedi e molte solo di braccia ed anche i katà di armi. Poi si passa ai randori, in cui l’esaminato è in piedi, con quattro contendenti che lo possono attaccare con tecniche di pugno e a mano aperta, e lui ha la possibilità di difendersi schivando i colpi con degli spostamenti, o anche proiettando i contendenti”.

Qual è il suo giudizio in merito ad un futuro risvolto sportivo dell’Aikido?
“Personalmente non lo prevedo. Il tal caso, credo che l’Aikido perderebbe la sua filosofia originaria, proveniente dall’ Osensei Ueshiba, con i suoi principi di pace e di limitazione dell’ego delle persone. In ambito sportivo, ritengo che il concetto delle gare di Aikido incrementerebbe la competitività della gente e che compremetterebbe anche quelle idee di evitare il combattimento o di usare il termine “avversario”. In generale, si verificherebbe proprio la natura opposta, rispetto quella per cui l’Aikido fu fondato”.

Nabil Morcos

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