Si vive di emozioni perché sono le emozioni a plasmare l’uomo. Da sempre. A ogni azione corrisponde una reazione che turba lo stato psichico, in positivo o in negativo, e determina le azioni successive. Nel calcio, così come negli altri sport, questo processo viene amplificato da un aspetto irrazionale che colpisce chiunque perché nessuno può restare apatico dinnanzi a certe emozioni.

E di emozioni domenica all’Ossola ce ne sono state tante. Per carità, non sarà certo ricordata come la partita più bella del mondo né come la più importante nella storia del Varese, ma la vittoria per 3-0 sul Derthona può significare molto per la squadra e sicuramente ha significato molto soprattutto per una persona. Filippo Di Maira: è stata la sua partita. 16’ dopo il suo ingresso in campo l’attaccante siciliano classe ’94 si è fatto trovare pronto per spingere quel pallone in rete e, tre minuti più tardi, si è ripetuto. Segnare non è cosa rara per un attaccante (in caso contrario sarebbe un problema), ma torniamo al discorso precedente: emozioni. Se già di per sé è emozionante fare gol, figuriamoci realizzare una doppietta ad un anno esatto di distanza da quel maledetto 27 novembre che ha dato inizio ad un calvario apparentemente infinito.

“L’emozione sta proprio in questo – sorride Di Maira -, nel tornare a segnare sapendo di arrivare da un anno veramente duro. Quando sono arrivato a Varese il peggio era già passato, ma vivere nell’incertezza è stato davvero difficile. Mi avevano detto che per il mio infortunio ci sarebbe voluto un tot di tempo, andavo a fare la visita di controllo e mi dicevano che dovevo aspettare ancora; sta di fatto che la fisioterapia non funzionava e non si capiva se potevo guarire oppure no. Finché si è arrivati ad un dunque: il distacco muscolo tendineo al polpaccio destro andava operato e a maggio sono finito sotto i ferri. Quasi sei mesi dopo l’infortunio”.

Anche i primi passi a Varese non sono certo stati accompagnati dalla fortuna… ora come stai?
“Diciamo che già appena arrivato non ero al massimo della condizione; in più ho avuto un problema agli adduttori e poi al setto nasale, due fastidi che non mi hanno permesso di avere continuità. Adesso invece mi sto allenando regolarmente, mi sento meglio e se dovessi azzardare una percentuale direi che sto al 70% della mia condizione”.

Complici questi problemini, concedimi la battuta, a Varese ci si era quasi dimenticati di te. Nel senso, le attenzioni erano rivolte ad altri, in positivo e in negativo, e quasi nessuno considerava che il Varese aveva un attaccante ai box.
“È vero (ride, ndr). Sono dinamiche che fanno parte del calcio e di certo non ci resto male: tendenzialmente chiunque, quando segna, viene acclamato più di altri, ma per quanto mi riguarda il merito è di tutta la squadra. Domenica ho segnato due gol, e ne sono felicissimo, ma senza i miei compagni non avrei fatto nulla: io ero entrato con l’obiettivo di fare bene e loro mi hanno messo nelle condizioni di farlo. Non sono loro a dovermi dire grazie, ma è esattamente il contrario”.

La festa dopo i tuoi gol dimostra quanto tutto lo spogliatoio ci tenesse a farti segnare: cosa puoi dire in merito al gruppo?
“Che è eccezionale, e per quanto mi riguarda è una definizione già riduttiva, soprattutto perché siamo molto legati anche fuori dal campo: abitiamo quasi tutti nella stessa zona, e ci troviamo spesso per cene, uscite o anche solo per giocare alla play o con qualche gioco da tavolo. Me l’aspettavo? Sì e no, perché comunque di mio sono una persona solare e socievole. Di certo lo speravo: grazie a Palazzolo conoscevo già Zazzi e sapevo che tipo di persona fosse. Poi poco dopo è arrivato proprio Palazzolo, che definisco un fratello fin dai tempi della Giana Erminio (“A proposito, oggi è il suo compleanno e ne approfitto per fargli gli auguri anche qui”), e da lì mi sono subito integrato anche con gli altri formando davvero un bel gruppo. A Varese, inoltre, si sta davvero bene”.

A proposito, come ti sei ambientato in città?
“Bene e in fretta. Varese è una bellissima città, molto tranquilla, che ti offre di tutto: puoi fare passeggiate nel verde, girare per negozi, uscire la sera, provare cucine da tutto il mondo e, soprattutto, la vita qui è molto calma. È un posto che ti mette in pace con te stesso e me la sto proprio godendo, anche perché mi sono trasferito qui con la mia fidanzata”.

Ad Anita hai dedicato ovviamente la tua doppietta: lei come si sta trovando?
“Benissimo. Lei è laureata in lingue orientali e, per una fortuita coincidenza, dal periodo del Covid ha iniziato a lavorare in smart working; per questo motivo non ha mai esitato nel seguirmi in ogni mi avventura e anche lei qui a Varese si sta trovando davvero bene”.

A livello sportivo, invece, possiamo dire che da domenica scorsa si sia aperta una nuova pagina per te?
“Lo spero. Io qui mi sento davvero sereno, ma non posso negare che il mio sogno sia quello di andare in Serie C e, a questo punto, vorrei farlo con il Varese. In passato mi è capitato di giocare in Serie C ma, per sfortune e/o demeriti, non ho sfruttato a dovere l’opportunità; adesso credo sia arrivato il momento di riprovarci e ritengo che l’obiettivo sia alla portata di questa squadra”.

Domanda a bruciapelo: se il Varese vuole vincere diventa fondamentale la continuità di risultati. Perché fin qui non è mai stata vinta una partita in trasferta?
“Non mi voglio attaccare al discorso della sfortuna. I numeri parlano chiaro il che significa che qualcosa non sta forze andando per il verso giusto, ma posso assicurare che stiamo lavorando sodo in settimana per togliere tutte quelle imperfezioni che fin qui ci sono costate punti preziosi. Domenica a Pinerolo dovremo dimostrarlo, anche perché vincere potrebbe darci una bella carica emotiva. Partirò titolare? Questa è una domanda che va fatta al mister: io sono pronto e disponibile ad aiutare questa squadra al meglio delle mie possibilità. Se servisse andrei anche in tribuna a fare il tifo. Deciderà comunque l’allenatore e, se mi è concesso, vorrei spendere due parole su di lui”.

Assolutamente sì.
“Corrado Cotta è un mister che ti fa stare bene. Ci tengo a sottolinearlo perché raramente mi è capitato di trovare un allenatore amato da tutto lo spogliatoio, in particolar modo da chi gioca meno. Questo è un aspetto paradossale, ma dimostra quanto il suo modo di porsi sia giusto: sa essere cattivo quando serve, ma anche solare e disponibile, aiutando sempre ognuno di noi in maniera equa”.

Tornando a te, hai giocato praticamene in tutta Italia lottando contro tanta sfortuna; infortuni a parte, anche la tua miglior annata dal punto di vista realizzativo è stata “rovinata” dal Covid. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
“Tutte le squadre in cui ho giocato mi hanno lasciato qualcosa, ma soprattutto mi hanno aiutato a trovare la mia forza: saper affrontare le difficoltà. È una cosa che ho capito dopo l’ultimo infortunio, ma in realtà ho sempre trovato in ogni problema l’energia per intestardirmi sul risolverlo e tornare più forte di prima. A tal proposito ringrazio il Varese perché non era scontato che una società investisse su un attaccante reduce da un infortunio come il mio: ora sono pronto a ripagare questa fiducia sul campo, per me, per i miei compagni, per lo staff, per la dirigenza e ovviamente per i tifosi che mi hanno già fatto sentire uno di loro.

In merito a questo vuoi lasciare un messaggio finale?
“Non dobbiamo porci limiti, perché tutti insieme possiamo costruire qualcosa di importante qui a Varese per il Varese”.

LA SCHEDA DI FILIPPO DI MAIRA

Data di nascita: 25 aprile 1994
Ruolo: attaccante
Piede: destro
Altezza: 1.91cm
Numero di maglia: 33

Pregio: essere sempre di compagnia
Difetto: a volte troppo paranoico

I PREFERITI
Squadra del cuore
: Inter (“Domenica sera dopo la partita sono corso a Torino per Juventus-Inter”)
Giocatore: Zlatan Ibrahimovic
Auto dei sogni: Audi R8
Film/Serie TV: La Casa di Carta
Cantante: Sean Paul
Animale: cane
Colore: giallo
Mare o montagna: mare
Bionda o mora: bionda

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui