I 36 gol messi a segno dalla Varesina nelle prime sedici giornate di campionato non fanno ormai quasi più notizia, perché l’immenso potenziale offensivo delle Fenici con i “quattro tenori” (Vitale-Orellana-Gasparri alle spalle di Manicone) è ormai sdoganato da tempo. La Varesina non è però solo attacco, perche tra i pali rossoblù c’è un classe ’04 scuola Inter che si è fatto (e si sta facendo) le ossa a suon di prestazioni convincenti.

Matteo Basti è a tutti gli effetti un valore aggiunto della Varesina: arrivato in punta di piedi a Venegono Superiore lo scorso gennaio, ha saputo scalare le gerarchie studiando da vicino un veterano del calibro di Vito Spadavecchia (oggi suo allenatore per quel che riguarda lo specifico ruolo del portiere) arrivando ad alternarsi con lui in parecchie occasioni riuscendo sempre a mettersi in luce. Da lì la scelta, quasi inevitabile, di riconfermarlo come portiere titolare per la stagione 2023/24; decisione che si sta rivelando fruttuosa perché, nonostante i gol al passivo siano 21 (numero da ridurre), Basti ha salvato le Fenici in più di qualche occasione.

Nel 3-0 sul Legnano, ad esempio, è stato determinante neutralizzando un calcio di rigore quando la partita era ancora sull’1-0 ed è proprio dalla vittoria nel derby che parte la nostra chiacchierata con l’estremo difensore: “Domenica è stata una bella vittoria arrivata al termine di una buona partita. Potevamo sicuramente fare meglio, in alcune situazioni abbiamo concesso troppo margine ai loro lanci lunghi, ma l’importante era vincere. Il rigore? Fortuna e bravura. Non mi soffermo tanto su quell’episodio perché lo reputo un plus alla prova di squadra, che ha bilanciato la sfortuna della settimana prima a Caldiero: parata, traversa, schiena e gol preso… Io cerco sempre di dare il massimo e sono felice di aver contribuito alla vittoria”.

Sesto clean sheet stagionale, diciamo che te la stai cavando bene.
“Sto crescendo tanto e in questo voglio subito ringraziare Vito (Spadavecchia, ndr) perché sta facendo un lavoro importante con me e i miei colleghi di reparto. In ogni allenamento e in ogni partita cerco di mettere in pratica ciò che studiamo attraverso i video: ci sono sempre piccole cose da correggere e i consigli di un portierone come è stato lui non possono che farmi bene. Io cerco di ripagarlo sul campo, anche perché un mister del genere ti spinge sempre a migliorare”.

A proposito di migliorare, al netto dei tanti infortuni che hanno inevitabilmente complicato il vostro percorso, il rendimento difensivo in generale è ampiamente sufficiente: si possono però compiere passi in avanti?
“Il nostro segreto è il gruppo perché non c’è mai stata una lamentale e tutti si sono dimostrati disponibili a sacrificarsi: a Caldiero abbiamo giocato con quattro elementi fuori ruolo, mentre contro il Legnano Gatti, e prendo lui solo come esempio perché parliamo di un ottimo centrocampista che si sta sacrificando in difesa, ha salvato la situazione in almeno due occasioni. Tutti guardano solo alla squadra, non al singolo. Detto questo i margini di miglioramento ci sono, e sono tanti, ma va detto che questo è il nostro modo di giocare: nessuno segna come e quanto noi, anche se ciò implica magari il subire qualcosina in più. Siamo però sempre pronti a studiare gli errori per correggerli tutti insieme”.

A scapito della tua giovane età vanti già un percorso di tutto rispetto. Cesena, Ravenna e Inter: crescendo nel settore giovanile nerazzurro, qual è il ricordo più bello che ti porti dentro?
“Sicuramente gli allenamenti in Prima Squadra con Samir Handanovic perché è sempre stato un mio idolo, uno dei portieri che ho più ammirato in assoluto; quasi paradossale, considerando che sono juventino (ride, ndr). Condividere anche solo un allenamento con un giocatore del genere ti dà tantissimo perché vedi quanto impegno serve non solo per arrivare, ma per confermarsi a quei livelli”.

Uno juventino all’Inter. Come l’hai vissuta? Arrivare da un settore giovanile professionistico comporta maggiori pressioni?
“A Ravenna ho avuto modo di mettermi in luce e parecchie squadre mi hanno cercato, ma tra queste non c’era la Juve. L’Inter era però un’occasione da non lasciarsi sfuggire e, in questi casi, non guardi tanto la fede calcistica quanto l’opportunità di crescita. Per quel che riguarda le pressioni non ho mai avuto problemi: magari ci possono essere alte aspettative, ma è giusto che ci siano perché ti stimolano a far sempre meglio. Il sogno? Arrivare più in alto possibile, ma vivendo di domenica in domenica perché solo concentrandosi sul presente si costruisce il futuro”.

Come hai vissuto i mesi con Spadavecchia come compagno di spogliatoio?
“Vito è sempre stato un allenatore: fin dal primo giorno si è dimostrato disponibile in tutto e per tutto. Non finirò mai di ringraziarlo. Il mio rapporto con lui? Direi quasi tra padre e figlio perché mi sta aiutando tantissimo in tutte le situazioni; diciamo che un minimo di esperienza ce l’ha”.

Mancano tre partite alla fine dell’anno. Tutti si concentrano su Brusaporto e Piacenza, ma possiamo dire che il pericolo numero uno si chiama Ponte San Pietro?
“Assolutamente sì perché le squadre di medio-bassa classifica, a maggior ragione contro chi sta in alto, tendono a chiudersi molto e ripartire. Dovremo essere bravi a stare compatti e giocare con calma per portare a casa i tre punti. Poi penseremo alle altre due”.

Il regalo di natale perfetto?
“Nove punti è una risposta scontata, ma è ciò che proveremo a raccogliere dalle prossime tre sfide. Sarebbe bello chiudere il girone d’andata al primo posto, ma vedo molto difficile che l’Arconatese possa perdere due partite; per cui ti dico che l’importante è chiudere in crescendo. Sappiamo che affronteremo due top team, li stiamo già studiando, e in entrambi i casi scenderemo in campo per fare la partita, stesso principio che adotteremo contro il Ponte San Pietro. I giocatori importanti li abbiamo anche noi e spesso siamo proprio noi a dettare il ritmo partita”.

Prima abbiamo parlato dei ricordi targati Inter. In chiusura, invece, ti chiedo: qual è il ricordo più bello che hai della tua esperienza fin qui alla Varesina?
“Non c’è un momento specifico, ma sicuramente la sensazione di sapere già dai primi da aprile che sarei stato il portiere titolare di questa stagione. Lo stesso Vito ha spinto affinché io restassi: qui a Venegono mi sento apprezzato non solo come calciatore, ma soprattutto come persona. Un aspetto che purtroppo non si trova in tutte le squadre, ma che fa la differenza”.

Matteo Carraro

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