Chi segna vince”. La storia di Thomas Rongen con le Samoa Americane (raccontata nel film di Taika Waititi) inizia nel 2011 dopo una cocente delusione: la mancata qualificazione al Mondiale Under20 con la Nazionale Americana. La delusione di Giuseppe Sannino inizia qualche anno prima, al termine della stagione 2007-2008, quando reduce dal secondo campionato consecutivo di Serie C2 vinto (prima con il Lecco poi con il Pergocrema) si ritrova disoccupato in cerca di una squadra da guidare. Quella col Varese, invece, inizia esattamente all’indomani del 29 settembre 2008 dopo la sconfitta per 3-2 dei biancorossi nel derby con il Como.

È tutto scritto”. Il mantra ripetuto da sempre e per sempre dal tecnico campano risuona a intervalli regolari nel viaggio dei ricordi di quel Varese che in tre anni incantò l’Italia volando dalla C2 alla B, ad un passo dalla Serie A. E forse è tutto scritto davvero perché se il Como di Corrado Cotta non avesse battuto il Varese di Pietro Carmignani, forse Sannino non sarebbe mai arrivato sulla panchina biancorossa; e al ritorno fu il Varese a vincere 3-2 portando ad un avvicendamento sulla sponda lariana con Stefano Di Chiara che subentrò a Cotta, oggi allenatore del Varese in Serie D. È tutto scritto.

Era già scritto anche il successo di una serata come quella di ieri al Cinema Multisala Impero Varese, occasione perfetta per unire due grandi storie di calcio accomunate da protagonisti “underdog”. Introdotto da Michele Marocco, mister Sannino inizia dal principio: “Sono arrivato a Varese in C2 dopo aver vinto due campionati consecutivi. Volevo ambire a qualcosa di più ma mi sono messo in gioco con passione e questa è la metafora del film: è impossibile non guardarsi alle spalle, ma a contare davvero sono il presente e il futuro perché quanto fatto non sarà mai importante come ciò che c’è ancora da fare”.

La partita più bella di Sannino è l’ultima: Varese-Padova. Dopo la sconfitta per 1-0 all’Euganeo, la sfida all’Ossola finì 3-3 e coincise con la fine di un percorso semplicemente straordinario. “Varese è diventata la mia città – prosegue Sannino – e tutt’oggi mi capita di esser fermato da perfetti sconosciuti e passare almeno venti minuti a chiacchierare. Questo dà la misura di quanto fatto in quegli anni e la summa del percorso è proprio la sfida al Padova che coincide anche con la delusione più cocente perché avremmo meritato la finale playoff. Solo allora, però, ci siamo accorti di una cosa: per 62 partite consecutive dalla C2 alla Serie B non avevamo mai perso in casa (ovazione della platea, ndr)”.

Il segreto?La bellezza di una squadra vincente è l’essere veri, sempre e comunque, sia per le cose belle sia per ciò che non funziona. Al debutto con l’Alessandria, sotto 1-0, tolsi Pisano chiedendo come facesse a giocare in quel modo: alla fine è arrivato in Serie A e noi pareggiammo 1-1 inaugurando un filotto straordinario. Con l’Alessandria c’era giusto qualche spettatore in tribuna e nei distinti, e le due curve erano chiuse; o meglio, c’ero solo io quando ero squalificato. La cosa più bella è che una città intera si è incastrata con questi ragazzi vivendo qualcosa di importante e quando sono andato via all’Ossola c’erano diecimila persone… “Vaffan**** a tutto e tutti” era il nostro motto, il nostro modo di scherzare fra di noi, che simboleggia la nostra unità e la nostra capacità di creare qualcosa di unico”.

Spazio poi ad alcuni protagonisti di quella scalata che hanno raccontato un aneddoto della loro esperienza a Varese. David Silva fu uno dei protagonisti della C2: “Sannino aveva il potere di far incazzare chiunque (ride, ndr), incluso il sottoscritto: mi spostò dalla difesa al centrocampo con l’unico compito di prendere palla e lasciarla a Danucci. Contro l’Alto Adige, alla penultima di campionato, non feci un fallo che innescò l’1-0 avversario: inutile dire che Sannino mi tolse e non la presi bene. Fortunatamente Bernardini pareggiò in extremis perché se avessimo perso avremmo vanificato tutto. Oggi non posso che ringraziare il mister per ciò che ha fatto”.

Federico Furlan (oggi tornato al Varese) esordì in Serie B proprio con i biancorossi di Sannino, in un Varese-Livorno finito 1-1: “Mi trovai catapultato in una squadra fenomenale e non posso che ringraziare il mister per aver dato il via alla mia carriera”.

Protagonista dalla C2 alla B fu Pietro Tripoli che attacca subito: “Il martedì dopo la sconfitta di Como mi presentai per l’allenamento a Carnago e scoprii che era cambiato l’allenatore. Sannino entrò nello spogliatoio e disse: “Io sono qui per vincere il campionato”. Eravamo ultimi con appena due punti, per cui la reazione di tutti fu: “Ma questo che c**** dice?”. E invece da quell’1-1 con l’Alessandria della partita sucessiva abbiamo scritto una gran bella storia”.

Così come Furlan, anche per Achraf Lazaar Varese è stato un grandissimo trampolino di lancio che lo ha portato in Serie A, in Premier League e in Nazionale: “Quel Varese mi ha fatto crescere tanto. Era un gruppo straordinario in cui tutto andava per il meglio e le tirate d’orecchio mi hanno solo fatto crescere”.

Giulio Ebagua fu invece il bomber della Serie C1 e della Serie B: “È stato un percorso fantastico e ancora non capisco come sia possibile che non abbiamo vinto contro il Padova. A Varese ho vissuto le mie migliori stagioni, ma senza il mister e Neto non avrei fatto nulla”.

E, in conclusione, spazio proprio allo Swarovski biancorosso Neto Pereira: “Giulio è stato un fratello, mentre il mister è stato semplicemente fondamentale perché nei momenti più difficili mi ha aiutato a superare tutto… anche gli infortuni”.

Presenti in sala anche Corrado Cotta e capitan Ferdinando Vitofrancesco, due protagonisti dell’attuale Varese. Il mister: “Vincendo l’andata feci esonerare Carmigliani e a Varese arrivò Sannino; al ritorno vinse Sannino e fui esonerato io. È tutto scritto davvero e certe testimonianze del mondo del calcio restano in modo indelebile”. Il capitano aggiunge: “Io sono onorato di condividere questo palco con campioni che hanno fatto la storia di Varese. Io sono varesotto adottato, ho sempre seguito la squadra e in famiglia si parlava della possibilità, un giorno, di indossare la maglia biancorosso. Oggi sono qui e sono onorato”.

La chiosa finale, però, spetta ovviamente a Sannino: “Quando sono triste vado a vedere tutti i gol di quel Varese, e non può che scendermi un lacrima e venirmi il magone. Abbiamo costruito davvero qualcosa di incredibile e l’abbiamo fatto con la città: Varese è scesa in campo con noi condividendo momenti unici, cosa che non avremmo potuto fare da altre parti. Varese è la nostra città, questi sono i nostri tifosi e spero di poter presto dire che il nostro Varese è tornato in Serie B o, perché no, in Serie A”.

Matteo Carraro

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