E quando pensi, che sia finita, è proprio allora che comincia la salita”. Lo diceva un gran pezzo musicale di uno dei cantautori più famosi della canzone italiana ed usciva nel 2003. Di lì a poco un bambino avrebbe iniziato la sua salita cominciando un viaggio su un treno da cui avrebbe voluto anche scendere in un certo momento: troppa nostalgia di casa, troppa distanza, troppi sacrifici, troppo tutto per chi è ancora piccolissimo e non può immaginare che ogni sforzo verrà ripagato. Se ha fatto fatica Gigi Riva, ultima stella aggiuntasi al firmamento del grande calcio del cielo, quando era già un calciatore di Serie A a lasciare la sua terra, figurarsi un piccolo bambino che riceve la chiamata dell’Albinoleffe. Eppure…

Eppure Davide Castelli, classe 1999, ce la fa.
“Ce la fa sì, anche se ci sono stati tanti momenti bui. Ero un bambino di 6 anni quando è arrivata la chiamata dell’Albinoleffe, un’ora di pulmino dalla mia Clusone. 11 anni così, in cui non è stato tutto rose e fiori, anzi, mi è capitato di voler mollare e continuare a giocare per divertimento per la squadra del mio paese. Ero molto piccolo e non è stato facile, ci sono stati tanti momenti difficili. Ora naturalmente sono orgoglioso di non aver mollato e di essere riuscito ad iniziare a togliermi qualche soddisfazione”.

Un percorso a tratti tortuoso, che si può paragonare a quello della Pro Patria di cui sei l’uomo del momento: tre gol ed un assist nelle ultime tre partite.
“Sì e ne sono contento. Sono contento per il gol perché all’attaccante serve per ritrovare fiducia come è accaduto nel mio caso. Il gol mi serviva parecchio ed ha aiutato la squadra a fare punti”.

Punti arrivati con un modulo che sembra funzionare parecchio, ma chi scrive crede che oltre il modulo incida molto anche un percorso che questa squadra ha dovuto fare per maturare, anche passando da momenti bui, per poi iniziare a vederne i frutti.
“La chiave penso stia tutta nel mix tra il nuovo modulo ed appunto un processo che la squadra ha fatto a livello mentale e non solo. Il nuovo modulo aiuta molto ognuno di noi ad esprimersi bene ma allo stesso tempo lo facciamo con una mentalità diversa e più matura la cui formazione necessariamente passa da un processo che prevede anche momenti difficili”.

Ed ora? Come prosegue il percorso?
“Prosegue sempre nello stesso modo: con lavoro duro e con la consapevolezza che nulla ancora è stato fatto anche se sarei bugiardo a negare che queste vittorie ci abbiano fatto bene: si respira tutt’altra aria, ci sentiamo più leggeri quindi penso sia necessario goderci il momento e mantenere alto l’entusiasmo, allo stesso tempo senza montarci la testa continuando a tenere la concentrazione alta sui nostri obiettivi”.

Come cambia il ruolo del centravanti con il passaggio da un 3-5-2 o 5-3-2 al 3-4-1-2?
“Non cambia poco perché varia su entrambi i fronti. A livello difensivo ci viene chiesto uno sforzo maggiore per ovvi motivi: siamo in tre davanti e non più in due quindi dobbiamo spesso ripiegare per aiutare a difendere. Allo stesso tempo però è un modulo che aiuta l’attacco a creare ed avere più occasioni per fare male”.

Il Novara è un filo diretto per te: lo scorso anno al 90’ hai avuto la possibilità di pareggiare meritatamente in casa loro poi purtroppo persa. Passa il tempo e puoi servire la tua vendetta.
“Sì lo scorso anno ebbi l’occasione per pareggiare a tempo ormai scaduto e mi è rimasta parecchio di traverso. Poi con voglia e fortuna è arrivata l’opportunità del riscatto che mi ha regalato la gioia di un gol all’andata e due al ritorno nel derby del Ticino”.

Ti definiscono caratterialmente tosto. Da fuori sembra che tu non abbia paura di nulla, un esempio: a Padova in un grande stadio gremito, un gran portiere come Donnarumma ti nega il pari con un miracolo. Pochi minuti dopo viene fischiato un rigore solare: prendi la palla e sotto una pioggia di fischi spari sotto l’incrocio l’1-1 persino stretto per la Pro.
“Mi definiscono così forse perché sono serio, introverso e tendo ad innervosirmi quando qualcosa non va ma penso di essere una persona perbene ed è quello che più conta. A Padova è stata una bella soddisfazione, Donnarumma aveva appena fatto il miracolo allungandosi in basso a sinistra. Dopo qualche minuto rigore e senza paura l’ho tirato alto a destra: gol e grande gioia”.

Gli ultimi gol sono arrivati con quello che ormai è quasi un marchio di fabbrica: tiro di collo, secco, fulminante, splendido.
“Chiaramente varia da occasione ad occasione ma spesso e volentieri mi sembra il metodo di tiro più efficace ancor più se il campo è umido: è un tiro che non lascia tempo al portiere di leggere la traiettoria”.

Campi anche brutti, come ad Arzignano domenica, quando sembrava veramente un terreno ai limiti della praticabilità.
“Non potete immaginare. Prima era ghiacciato, poi con il passare del tempo è diventato mollissimo e solo stare in piedi era difficile. Sono le partite in cui devi fare la Pro Patria: grinta, cuore ed artigli per portare a casa punti. Così è stato”.

Nove punti in tre sfide completamente diverse tra loro, come ha dichiarato un altro uomo chiave come Mallamo a fine gara domenica.
“Sì sono state sfide differenti tra di loro in cui siamo stati bravi a vincere con partite diverse. Ora arriva l’Albinoleffe per un’altra battaglia prima che il tipo di partite che ci aspettano cambi di nuovo perché avremo in serie parecchie squadre di vertice in cui vogliamo gettare il cuore oltre l’ostacolo”.

La tua è veramente una storia particolare: dopo i tanti sacrifici fatti, dopo undici anni di Albinoleffe, arriva un’opportunità incredibile chiamata Spagna, chiamata Villarreal.
“Sì dopo undici anni con l’Albinoleffe è arrivata l’opportunità che ho voluto prendere al volo dopo aver parlato con il mio procuratore. Sono volato in Spagna dove sono rimasto quattro anni prima di venire acquistato dal Genoa che mi ha girato alla Pro Patria che ha poi acquisito il mio cartellino definitivamente”.

Quanto è stato difficile lasciare tutto e tutti per volare in Spagna a giocare?
“Sul momento non ci ho pensato due volte, in meno di una settimana le valige erano pronte e sono decollato verso la Spagna. Qualche difficoltà a livello umano poi è arrivata: io non parlavo una parola di spagnolo ed in convitto con me c’erano solo ragazzi stranieri. Al Villarreal in quel tempo giocavano Bonera, Soriano e Sansone, tre punti di riferimento con Daniele Bonera su tutti: mi ha aiutato ad ambientarmi, a capire, a crescere… Lo reputo un padre di quell’esperienza indimenticabile”.

Come ti sei trovato al Villarreal come società e come campionato in cui hai giocato?
“Come società dire benissimo è riduttivo: non ho mai visto un centro di allenamento del genere. Vi sono più di dieci campi con una marea di persone dello staff che pensano solo a far star bene sia il calciatore sia il ragazzo delle giovanili. Ti mettono a tuo agio e ti danno la possibilità di pensare solo a giocare a calcio e farlo bene. Io ho iniziato in primavera prima di giocare in Tercera Divisiòn, la Serie C spagnola con il Villarreal appunto, anche in Spagna le grandi squadre hanno compagini in terza serie. Come livello era paragonabile alla C italiana forse con un poco più di tecnica e meno aggressività e lanci lunghi”.

Ti è mancata molto casa?
“Sì ma fino ad un certo punto: la mia famiglia ed i miei amici non hanno mai fatto mancare le loro visite e la loro presenza e così avevo spesso un buon appoggio, un sostegno, un contatto umano. Poi è arrivato un incontro fondamentale per me: la mia attuale ragazza. Ci siamo conosciuti in Spagna, lei è di lì e ci siamo conosciuti nel 2018 in terra iberica. Stiamo tutt’ora insieme e mi ha seguito a Busto, è un punto di riferimento come lo era in Spagna, soprattutto nei momenti più difficili avere il suo apporto è stato fondamentale”.

Famiglia che, peraltro, è molto facile trovare sugli spalti di tutta Italia per seguirti.
“Praticamente sempre sì: mio papà, mia mamma e mio zio non mi lasciano mai. Sono tutto per me, erano il punto di riferimento e la colonna portante durante ogni sacrificio fatto e durante ogni momento buio e tutt’ora sono sempre al mio fianco. Rappresentano il mio tutto, direi che c’è poco altro da aggiungere”.

Torniamo a parlare di Pro Patria: poco dopo l’inizio della stagione 2020-21, vieni ufficializzato in biancoblù. Prima di mister Colombo, quale allenatore ti ha lasciato di più?
“Su Javorcic potrei dire tanto e solo cose positive. Potrei dire tanto perché con lui ho iniziato il mio percorso italiano nel calcio dei grandi ed essere “battezzati” da lui è un qualcosa di tanto tosto quanto formativo. Allenatore serissimo, duro e non poco a volte, ma che mette accanto alla sua durezza un chiaro obiettivo: fare bene e dar crescita al calciatore e dare e far dare il massimo per, nel mio caso, la Pro Patria. Javorcic aveva una preparazione tattica incredibile, veramente difficile da spiegare a parole. Mi ha aiutato a maturare tanto. 
Con mister Vargas lo scorso anno ho fatto una stagione positiva a mio dire, mi sono tolto soddisfazioni ed ho fatto qualche gol, era molto diverso da Javorcic, ma con lui credo di aver avuto una buona esplosione”.

Luciano Spalletti quando parlava di Totti si riteneva un privilegiato perché quel che ogni comune mortale ha visto fare dall’eterno 10 della Roma in partita, lui glielo aveva visto fare decine di volte in allenamento. Com’è allenarsi con calciatori del calibro di Gatti, Pierozzi, Caprile e Latte Lath?
“Anzitutto ti alleni con grandi ragazzi nonché tutt’ora amici e questo non è mai una cosa banale. Per il resto oltre che impressionarti ti aiuta molto, con Gatti ho fatto per motivi di ruolo, spesso e volentieri a sportellate in allenamento ed era tostissimo. Non sono arrivati per caso dove sono: bravura e mentalità la fanno da padrone. Si trovano dove tutti noi giovani sogniamo di arrivare e chissà che qualcuno di noi non abbia di nuovo la possibilità di allenarcisi insieme”.

Quando parlano di Federico Gatti tutti sono impressionati dalla sua mentalità.
“Impressionante è il termine giusto. Un temperamento, una cattiveria nel senso buono del termine, una voglia di arrivare che molto raramente ho visto. Parliamo del centrale titolare della Juventus, direi che rappresenta un esempio, oltre che di capacità e forza tecnica, di mentalità e totale convinzione nei propri obiettivi”.

Come sempre propongo una sorta di domanda quiz. Ti dico una data: 23 dicembre 2020. Chi segna e chi annuncia il gol ad uno stadio purtroppo chiuso?
“Primo gol in casa personale contro la Giana Erminio. Coincidenza vuole che pochi minuti prima io e Gatti abbiamo fatto un’azione grandiosa che ha portato al mio gol annullato per fuorigioco. Pochi minuti dopo era arrivata comunque la mia prima rete in casa, seconda in biancoblù, annunciata proprio da chi mi sta intervistando ora”.

Qual è stato l’anno più difficile a Busto e quale quello in cui hai sorriso maggiormente?
“Più difficile il primo. Sono arrivato, seppur all’inizio, a stagione in corso e come detto arrivavo dalla Spagna. Come raccontavo Javorcic è veramente bravo ma anche duro e tosto, quindi un nuovo calcio, seppur nel mio paese, con tutti questi fattori, mi hanno chiesto ancora sacrifici per ambientarmi ed essere pronto a gettarmi nella mischia. L’anno più bello, se non vogliamo parlare di questo in cui c’è ancora tanto da fare, credo sia stato quello passato con parecchie soddisfazioni a livello personale”.

Ti piace molto seguire il calcio quando non sei impegnato con le partite? Chi vince il nostro girone e chi la Serie A?
“Sì seguo qualche partita anche se, soprattutto d’estate, la mia passione più grande a livello sportivo extra calcio è la pesca. Mi appassiona molto. Come previsioni per quanto riguarda il nostro girone credo ci siano alcune squadre veramente forti ma il solco che ha fatto il Mantova durante l’andata potrebbe risultare decisivo per spuntarla sulle altre. Per quanto riguarda la Serie A spero Juventus per fede ma l’Inter che ho visto soprattutto ultimamente è troppo forte per non far pendere la bilancia verso Milano”.

“Che fantastica storia…”. Venditti aggiungeva anche qualcosa di grandezza incalcolabile come la vita, tocca farlo anche a noi? Decida chi sta leggendo, sta di fatto che la storia calcistica di questo ragazzo è davvero incredibile, racconta tanto ed è un esempio. Non un ragazzo qualsiasi: un gran centravanti che a colpi di cannonate e giocate, insieme ai suoi compagni, è riuscito a far tornare il sorriso in casa Pro Patria. Gli ingredienti per poter continuare a mostrarsi felici sono ben chiari come gli obiettivi e di Davide Castelli e della Pro Patria intera.

Alessandro Bianchi

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