La Varesina ha ormai raggiunto da tempo lo status di grande squadra, di realtà sempre più consolidata all’interno del panorama della Serie D che viene guardata da altre piazze come modello di riferimento. Serietà, competenza, familiarità e programmazione sono i pilastri su cui la società rossoblù ha posto le basi della sua crescita e i risultati sportivi non possono che essere conseguenza del lavoro svolto a monte. Va da sé che l’appeal di un club relativamente giovane a livello nazionale continui a crescere anno dopo anno trasformando la Varesina in un punto d’arrivo più che in un punto di partenza.

Non è un caso, quindi, se uno come Luca Guidetti ha scelto proprio Venegono Superiore per scrivere un’altra pagina della sua lunga e brillante carriera. Arrivato lo scorso anno, il centrocampista classe ’86 si è confermato un profilo fuori categoria e non ha esitato a rinnovare il suo rapporto con la Varesina per contribuire ad innalzare sempre più il livello. Da un anno a questa parte la squadra di mister Spilli ha acquisito consapevolezza e maturità, aspetto che ha portato i rossoblù ad un grande inizio di stagione che vale l’attuale -1 dalla vetta nel gruppone di testa. “Sarà un campionato lungo e complicato – è la sentenza di Guidetti, uno che sa bene come si vince un campionato – perché vedo tanto equilibrio con differenze minime tra chi sta sopra e chi sta sotto. È un esempio che è già stato fatto, ma vedere l’Arconatese ad un punto fa capire quanto sia difficile questo girone. La differenza starà nella continuità che le squadre riusciranno a dare ai loro risultati”.

La Varesina in tal senso che potenzialità ha?
“La nostra grande forza è quella di essere un gruppo di lavoratori, un unicum in cui nessuno spicca ma tutti vogliono dare il loro giusto contributo. La società e il mister ci hanno chiesto determinate cose e ognuno di noi è pronto a giocare la sua parte. Siamo consapevoli di avere qualità importanti, perché ci siamo rinforzati in ogni reparto e, per quanto la fortuna non sia dalla nostra al momento, stiamo sopperendo alle tante assenze con ottimi risultati. L’augurio, comunque, è di poter tornare a breve a pieno organico perché già l’anno scorso abbiamo causa infortuni abbiamo lasciato qualche punto per strada”.

Domanda retorica, banale e al tempo stesso difficile: come si vince un campionato?
“È purtroppo impossibile dare una risposta, altrimenti non sarebbe così difficile vincere. Quando ho vinto con il Monza nella stagione 2016/17, condividendo lo spogliatoio tra gli altri con Caverzasi e Gasparri, c’era chiaramente un organico davvero importante, ma tutti noi eravamo in linea con le decisioni del mister. Ogni giocatore, soprattutto chi era stato in categorie superiori, si è messo a disposizione del gruppo magari giocando meno ma dando più del massimo che aveva. Noi dobbiamo fare lo stesso e, giusto per fare un esempio, un plauso va in tal senso a Ghioldi che domenica è stato lanciato titolare giocando una gran partita. Dobbiamo tutti esser preposti a metter da parte l’io per abbracciare il noi”.

Che effetto ti fa vedere il Monza oggi in Serie A?
“L’effetto ormai è svanito visto che il Monza è da anni in Serie A e, visto il cambio di proprietà che c’è stato proprio l’anno dopo la nostra vittoria in Serie D, era inevitabile che arrivasse al top. Non nego, però, che il primo anno sia stato davvero bello per me vedere una squadra in cui ho giocato raggiungere la Serie A”.

Non è certo un paragone diretto, che sarebbe totalmente inappropriato, ma è indubbio che la proprietà rossoblù sia estremamente solida. Come può svilupparsi il percorso della Varesina nei prossimi anni?
“Già in tempi non sospetti l’avevo ribadito: quando hai basi così solide il salto di categoria viene da sé. Ogni anno la Varesina riesce a mettere quel qualcosa in più, come ad esempio fatto quest’estate allestendo il Centro Sportivo di Cairate dove non ci fa mancare nulla, e inserendo i tasselli al posto giusto si finisce per costruire qualcosa di importante. Il futuro di questa società e nei professionisti e, ne sono sicuro, quando ci arriverà ci rimarrà”.

Nella tua carriera c’è un’altra piazza che ricordi con affetto?
“Sicuramente la FeralpiSalò perché ci ho giocato per quattro anni facendo bene e trovandomi ancor meglio. Piuttosto che al Monza, paragonerei la Varesina proprio alla Feralpi: parliamo di due società molto giovani, magari con meno pubblico rispetto ad altre piazze, che condividono però l’ambizione e la solidità per fare le cose giuste. Questo, nel mondo del calcio, fa la differenza ed è quello che ad esempio mi ha convinto a scendere di categoria per accettare il progetto di una società sana e ambiziosa il cui futuro è trasparente: la Varesina è già attrezzata per i professionisti e auguro davvero a questo club di ripetere il percorso della Feralpi”.  

Rientri nel parterre dei giocatori laureati, nel tuo caso in Scienze delle Attività Motorie e Sportive: quanto è importante portare avanti un percorso di studi e/o professionale parallelo all’attività di calciatore?
“È fondamentale perché la carriera sportiva non è lunga e il consiglio che do a tutti i giovani è di portare avanti le proprie passioni. Il lavoro del calciatore, oltre ad allenamenti e partite, ti lascia tanto tempo libero da dedicare allo studio e al futuro. Non posso certo lamentarmi di com’è andata la mia carriera, ma avevo il timore di chiuderla e ritrovarmi con niente in mano; il dopo-calcio mi metteva un filo d’ansia e mi sono portato avanti aprendo un’attività, l’Atletix Training Lab con Simone Moretti (allenatore della Juniores rossoblù, ndr) e Mauro Apone (preparatore atletico della Varesina, ndr)”.

Il tuo futuro è quindi già definito?
“Di sicuro non farò l’allenatore (ride, ndr); semmai allenerò atleti che possono arrivare anche da realtà extra calcio. Resterò quindi in ambito sportivo, ma più a livello di preparazione atletica: l’aver aperto una palestra non è casuale, e voglio aiutare gli altri dal punto di vista della performance”.

Torniamo all’attualità. Classifica alla mano sono tutti scontri diretti e, per quanto vi riguarda, passate da un big match all’altro: archiviato il Sant’Angelo, sotto con la Pro Sesto.
“Domenica scorsa abbiamo raccolto tutto sommato un buon punto contro una squadra davvero ben attrezzata che condivide il nostro percorso in campionato. Gli otto pareggi di giornata testimoniano quanto dicevamo prima, ovvero l’equilibrio di questo girone che non ti regala partite facile. Sabato con la Pro Sesto sarà infatti un’altra partita difficile perché andiamo a giocare su un campo storico contro una società che fino all’anno scorso era tra i professionisti. Conosciamo bene il direttore Andrea Scandola e raramente sbaglia la costruzione di una squadra: dovremo arrivare alla sfida preparati e predisposti al sacrifico”.

So bene che non è certo la tua ossessione, ma quando arriverà il primo gol stagionale?
“Diciamo che preferisco fare assist e mi dà più soddisfazione far segnare i miei compagni. Con Gasparri e Bertoli, con cui avevo già giocato in passato, il feeling non manca e quando hai gente che sa come muoversi in campo viene tutto più facile. Poi se dovessi segnare sarei contento, ma come ho detto mi interessa più il collettivo”.

Qual è dunque, in chiusura, il tuo augurio per questa stagione?
“Riuscire a far meglio dello scorso anno e abbiamo le carte in regola per farlo malgrado il campionato sia molto più tosto. L’augurio più grande, però, è avere meno infortuni rispetto alla passata stagione perché giocarcela ad armi pari con tutti potrebbe fare la differenza”.

Matteo Carraro

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