Un’altra settimana, un’altra partita, gli stessi problemi, lo stesso esito. Sale a 4, in 4 partite, il computo delle sconfitte della Pallacanestro Varese in campionato.

Un ruolino di marcia che lascia i biancorossi ancorati all’ultimo posto in classifica a quota 0 punti. Un cammino che, seppur migliori piano piano, settimana dopo settimana, è arrivato già adesso ad un punto di non ritorno. Perché questo campionato non aspetta nessuno, perché c’è bisogno di un intervento diretto della società sul mercato per cercare di sistemare una squadra costruita, per il secondo anno consecutivo, con evidenti problemi strutturali.

Con oltre 100 punti di media subiti non ti salvi. Con 20 rimbalzi offensivi concessi ancora una volta ai propri avversari non vai da nessuna parte e non basta nemmeno la miglior partita giocata per continuità, qualità ed intensità a cambiare un copione che sembra sempre già scritto ancora prima di entrare in campo.

Non basta più il cuore di chi come Librizzi prende le vesti di Mannion e gioca la miglior partita in carriera, di chi come Fall va oltre i limiti tecnici e fisici e lotta come un leone, di chi come Mandole ci mette sempre la faccia ma è già arrivato al punto in cui non sa più dove dover sbattere la testa per risolvere un problema che, come scrivevamo settimana scorsa, solo il mercato può risolvere. Perché chili, centimetri e soprattutto una vera attitudine difensiva li alleni fino ad un certo punto, con tempo e pazienza, tutte cose che Varese non ha.

Varese in questo momento ha solo bisogno di ossigeno, di punti, di una svolta a livello di morale e di fiducia nelle proprie convinzioni, che settimana dopo settimana si scontrano, purtroppo, con una realtà cruda e cinica, quella del campo, che è inattaccabile, che è insindacabile, che dice che i biancorossi hanno bisogno di un cambiamento e se la filosofia di base non la si può cambiare, ne hanno bisogno negli interpreti, perché da qualche parte si deve pur provare a svoltare una stagione iniziata come peggio non si poteva.

Ed allora il tempo dell’attesa è finito, il tempo dei pensieri non c’è più: c’è bisogno di agire, di farlo in fretta con decisione e soprattutto con precisione chirurgica, perché sbagliare, vorrebbe dire darsi l’ultima mazzata decisiva da soli.

Non c’è più tempo, che si operi subito e senza tentennamenti: perché mentre il medico pensa, il paziente muore.

Alessandro Burin

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