C’è, parlando di letteratura: “Un anno sull’altopiano”.
C’è, parlando di cinema: “Un anno vissuto pericolosamente”.
C’è, parlando di pallacanestro: “Un anno nella centrifuga”.
C’è, protagonista assoluto di ultimo punto, Achille Polonara, che nel giro di dodici mesi, o poco di più, è stato letteralmente “centrifugato” da situazioni, momenti, rapporti, sensazioni, storie spesso contrastanti tra loro.
Provate a pensarci, mentre la centrifuga inizia a girare. Estate 2012 scompare Teramo e Polonara finisce a Varese. Dicembre 2012: la Cimberio, con Achille nelle vesti di attore importante si ritrova sola in testa alla classifica. Febbraio 2013: Polonara, insieme ai compagni, ingoia l’amarezza per la sconfitta nella finale in Coppa Italia e pochi mesi dopo, giugno 2013, anche quella, davvero tremenda, dell’eliminazione dai playoff. In estate sfuma il sogno di partecipare agli Europei in Slovenia e in autunno si consuma lo psicodramma di una squadra che inanella una serie di prestazioni incolori, si “becca” sette sconfitte di fila e nel catino di Masnago bordate di fischi, “buu”, contestazioni assordanti perché silenziose. Diciotto mesi perfetti per farti andare fuori di testa. Pieni di cose non semplici da gestire per un ragazzo che, però, a soli 20 anni ha mostrato maturità, assennatezza, capacità di giudizio.
“In effetti, adesso che mi ci fai pensare -dice Polonara-, tutti questi avvenimenti messi in fila cronologicamente rendono il senso di circa diciotto mesi vissuti allo spasimo. Un periodo nel quale ho assaggiato tutto il bello ed il brutto che lo sport può proporre ad un atleta: la ‘morte’ sportiva della società che mi ha lanciato, la serie A giocata da protagonista, una stagione fantastica culminata con un terribile groppo in gola e, oggi, nel presente una stagione che proprio non riusciamo a far decollare. Speravo, speravamo, dopo la vittoria ottenuto contro Pesaro, di aver invertito definitivamente la rotta. Invece, ecco la pessima gara giocata a Pistoia ed una classifica poco incoraggiante”.
Che idee ti sei fatto sulla mezza crisi che state vivendo?
“La prima idea, la più importante, è quella di non tirare più in ballo la squadra dello scorso anno. Quella è una storia chiusa, finita, non più proponibile. La seconda idea è che il gruppo di quest’anno, per ‘chimica’ e caratteristiche individuali, sia decisamente più complesso da assemblare e difficile da mettere insieme. Abbiamo diversi problemi in attacco e in difesa che poi, sul campo, si manifestano in una continuità di rendimento che tarda ad arrivare, a manifestarsi. Poi, come se non bastasse, infortuni e defezioni, vedi Coleman, hanno ulteriormente disturbato il cammino. Ma io sono, continuo ad essere, ostinatamente fiducioso e sono convinto che l’inserimento di Banks, per me già più che positivo, ci aiuterà a guadare il fiume. Adrian, grazie alle sue capacità di leggere il momento della partita, di costruire situazioni offensive e rendersi utile per la squadra anche con passaggi e aperture di gioco ci ha già dato concretezza e maggiori geometrie in attacco”.
Infatti, l’attacco non ha quasi mai rappresentato un problema. I guai nascono soprattutto dalla fase difensiva
“Vero, ma lì dietro è soprattutto questione di atteggiamento, intensità, lucidità, freschezza fisica e mentale, costante lavoro corale: tutti elementi che per un verso o per l’altro in questo periodo sono mancati. Tuttavia, anche per questa fase del gioco ho fiducia e ho la convinzione che una volta esaurito il percorso di coppa, con allenamenti e dosi di lavoro più regolari e continue miglioreremo in maniera sensibile”.
Parliamo di te e del tuo rapporto col pubblico di Masnago che, in qualche occasione, non ti ha risparmiato fischi, “buu” e critiche…
“E’ giusto che sia così anche perché, nelle circostanze, ho giocato male o in modo inconsistente. Critiche e disapprovazioni però non solo fanno parte del gioco, ma devono servire a da stimolo per fare meglio, lavorare ed impegnarsi di più, dare ai nostri tifosi quello che giustamente pretendono. Che non è solo vincere, ma giocare al mille per cento per la maglia, per l’orgoglio, per un senso di appartenenze che a Varese, per fortuna, è molto forte e radicato. Con tutte le responsabilità che questi sentimenti comportano. Ma è cento volte meglio giocare davanti ad una platea viva, critica e competente, che non in un ambiente asettico e distaccato”.
Ancora su di te: come procede la transizione da ala grande ad ala piccola?
“Siamo ai primi passi e, ovviamente, le valutazioni complessive sono rimandate a fine stagione quando, speriamo, avrò messo insieme più minuti nel ruolo perimetrale. Per ora ci lavoro tanto in allenamento e in EuroCup, competizione che taglia fisica è più adatta all’esperimento. Certo, ho almeno un miliardo di aspetti da migliorare tecnicamente e tatticamente e l’hanno visto tutti, come e quando mettere la palla a terra, rappresenta ancora un problema da risolvere. Però, coach Frates, Bizzozi e Jemoli credono in questo passaggio e mi danno una mano in tutto, attacco e difesa. Fiducia: ce la faremo”.
La mia sensazione è che alla folla di del PalaWhirlpool manchino tremendamente anche i tuoi voli verso il canestro che, di solito, si concludevano con schiacciate devastanti
“Sono d’accordo: quelli erano giocate elettrizzanti, che trasmettano energia pura e positiva a tutti: squadra e tifosi. Giocate che, sono sincero, mancano anche a me perché mi aiutavano a stare in campo sempre con la giusta concentrazione e con addosso la tensione fisica ideale. Purtroppo, però, certi gesti prendevano il via dalle grandi capacità di passatore di Mike Green e dall’intesa perfetta esistente fra noi. Anzi, ricorderai bene che in qualche occasione era Mike che mi cercava per l’halley-hoop ed ero io a non essere pronto. Quest’anno Kee-Kee Clark ha caratteristiche diverse, ma ci stiamo lavorando e,insieme, speriamo di colmare questa lacuna”.
Intesa in campo uguale intesa in spogliatoio e viceversa: come funzionano le cose nello stanzone?
“Vuoi la verità, tutta la verità, solo la verità? Emozioni, rapporti, entusiasmo, unione non sono sostanzialmente differenti da quelli dello scorso anno. I ragazzi sono tutti simpatici, disponibili e alla mano, ma è chiaro che quando vinci poco e giochi sotto le aspettative sei più preoccupato e hai meno voglia di fare ‘caciara’. Ma, ripeto, anche questo stato d’animo passerà e virerà per il meglio”.
Intanto, su Masnago, si staglia l’ombra minacciosa di Cantù: è in arrivo “la” partita
“Grandissima squadra, Cantù. Fortissima, completa in tutti i reparti, tosta fisicamente e atleticamente, con giocatori super come Ragland, Jenkins, Leunen, Uter, Cusin e trascinata da un leader vero come Pietro Aradori. Noi, per battere i canturini dovremo mettere in scena una gare perfetta, di grande continuità e senza errori per tutto il match. Quaranta minuti di intensità da vivere insieme al nostro pubblico al quale, se me lo concedi, rivolgo un pubblico appello: stateci vicini, senza inutili divisioni, senza dannose separazioni. C’è un momento per contestare noi giocatori, lo staff tecnico, i dirigenti e c’è un momento in cui bisogna restare uniti e spingere tutti insieme. Ecco, contro Cantù, è arrivato ‘quel’ momento: non buttiamolo via…”

Massimo Turconi
(foto di Daniele Notarangelo)