Biancoverde sulla pelle, biancoverde nel cuore. Simone Incendi è alla Valceresio da quando è nata e per l’attaccante classe 2005 la società arcisatese è a tutti gli effetti una seconda famiglia, se non addirittura qualcosa in più. Al tempo stesso proprio attraverso il suo percorso la Valceresio dimostra come la meritocrazia e la valorizzazione dei suoi talenti siano prerogative fondanti del movimento biancoverde. E il primo gol tra i grandi non poteva essere banale: in perfetta parità nei match valido per i sedicesimi di finale di Coppa Lombardia contro l’Arsaghese, mister Efrem lo lancia in campo al 31’ della ripresa. Pochi palloni toccati, ma gliene basta uno, quello più importante: gol del 3-1 che, nel computo delle due gare, vale il passaggio agli ottavi di finale.
Goia immensa, inspiegabile a parole, per una rete il cui significato affonda radicalmente nel mondo biancoverde scaldando il cuore di un semplice ragazzo di 19 anni ma anche e soprattutto di chi lo ha visto crescere. E di chi non c’è più. “Aspettavo questo gol più di qualsiasi altra cosa – racconta con un sorriso Incendi – ed è stato fantastico segnarlo in un contesto del genere. Quasi non ci credevo quando, girandomi, ho visto tutta la squadra correre verso di me. E la dedica non può che andare a Christian, perché su quel campo c’era anche lui”.
So che con Christian Pallaro avevi un legame particolare.
“Era il mio migliore amico, nonché il mio idolo a livello calcistico e soprattutto umano. Ricordo, purtroppo, quella sera perché siamo stati i primi ad esser informati dalla famiglia e non ci volevo credere. Non ci potevo credere. Era una persona meravigliosa: siamo cresciuti insieme, abitava sotto di me, e abbiamo condiviso tutto il percorso in Valceresio. Sbaglio, però, a parlare al passato, perché Christian è ancora qui con noi e, non a caso, quando gioco indosso sempre la sua maglia sotto la mia”.
Giustappunto si dice che da quel dannato momento sia comunque diverso entrare al Peppino Prisco.
“Chi ci affronta percepisce un ambiente diverso e noi, quando giochiamo a casa nostra, abbiamo una carica in più: anche solo entrare nello spogliatoio e vedere la sua foto, cui rivolgere un bacio o una pacca, ci trasforma. Scendiamo in campo per noi, ma soprattutto per lui”.
Visto che lo conoscevi così bene, quale sarebbe il miglior regalo possibile da fargli?
“Continuare a far crescere il Settore Giovanile per fare in modo che altri ragazzi compiano il nostro percorso. Vederlo a che fare con i bambini che allenava era qualcosa di clamoroso, perché con loro aveva un feeling incredibile. Veder crescere quei ragazzi, ritrovarli in Prima Squadra un domani e far sì che sempre più persone crescano col biancoverde nel sangue era il suo sogno. E sono certo che si realizzerà”.
A maggior ragione dopo queste parole, ti chiedo: cos’è per la Valceresio?
“La Valceresio è una famiglia, non c’è altro modo per descriverla. Sono qui da quando avevo quattro anni, mi hanno cresciuto sotto tutti i punti di vista insegnandomi qualsiasi cosa a livello calcistico e permettendomi di maturare a livello umano: i rapporti e le amicizie che ho coltivato nel tempo le porterò avanti per tutta la vita. È un ambiente imprescindibile per me: nessuno pretende, ma tutti sono pronti a dare qualcosa. L’importante non è il contribuito che dai, ma il farne parte”.
Qual è il ricordo più bello?
“Sono molto affezionato alla vittoria che noi del gruppo squadra avevamo conquistato al Torneo della Rasa storico, ovviamente quello riservato ai più piccoli. A livello di Valceresio non posso che dire la vittoria di due anni fa con la Juniores quando siamo saliti al Regionale A. Il più brutto? Proprio quell’anno avevo avuto un infortunio alla caviglia e, dopo un mesetto di stop, ci ho messo un pochino a rientrare a pieno regime. La squadra, e la Valceresio intera, è stata per me fondamentale nel sostenermi e aiutarmi”.
Torniamo a quel gol contro l’Arsaghese. Al di là della valenza personale, è stato fondamentale per il passaggio del turno.
“Forse proprio per questo è stato ancor più bello, ma era ora che mi sbloccassi perché anche nelle partite precedenti avevo avuto le mie possibilità. Siamo contenti di esser passati perché è una competizione cui noi teniamo molto, è comunque un trofeo che si può mettere in bacheca, e dà l’opportunità di giocare a chi magari trova meno spazio”.
In generale come sta andando la tua stagione?
“È un’annata strepitosa perché non mi aspettavo la promozione diretta in Prima Squadra, ma il mister ha visto qualcosa in me e sono pronto a ripagare sul campo la sua fiducia ogni volta che ne ho l’occasione. So di dover migliorare a livello di cinismo e devo riuscire meglio a far salire la squadra in certi frangenti, ma già solo il fatto di allenarmi con compagni del genere mi fa crescere a 360°. Domenica con l’Antoniana? Il nostro obiettivo è far bene ad ogni partita, a maggior ragione in casa, e non vogliamo sbagliare: arriviamo da un 5-0 sul Gorla, ma come dice il mister non dobbiamo considerarci fenomeni. Con umiltà e determinazione approcceremo il match nella maniera migliore per conquistare i tre punti”.
Dove ti vedi tra qualche anno?
“Alla Valceresio, non riesco nemmeno a immaginarmi lontano da qui o senza questi colori”.
Mi tocca rigirare la domanda: dove vuoi arrivare con la Valceresio?
“Per me riuscire ad arrivare in Promozione sarebbe qualcosa di incredibile, così come mi sembrava incredibile poter giocare in Prima Squadra. Voglio continuare a godermi questo gruppo e dare sempre il massimo ad ogni partita e ad ogni allenamento”.
C’è qualche ringraziamento in particolare che vuoi fare?
“Sarebbe impossibile fare un elenco di tutte le persone meravigliose che ho incontrato. Una doverosa citazione va anche al mitico Willy, molto più di un barista, perché con il suo sorriso e la sua instancabile voglia di fare rappresenta al meglio l’entusiasmo e la passione che muove la Valceresio. Ringrazio senza dubbio la dirigenza, tutti i mister che ho avuto e che mi hanno fatto crescere, e i compagni con cui ho condiviso lo spogliatoio fino a questo momento. Il grazie più grande, però, va ovviamente a Christian”.
Matteo Carraro