Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Un detto che conoscono tutti e che calza a pennello con la Pallacanestro Varese che continua imperterrita a perseverare nei propri errori, tanto da fare una sua caratteristica questa ostinata ricaduta sempre nelle solite situazioni, nelle solite mancanze che ne definiscono l’identità di squadra.

Errori, problemi, che si concentrano sempre in quel maledetto terzo quarto, capace di far gettare al vento intere partite, come accaduto ieri sera a Pistoia, ma soprattutto che minano il cammino in campionato e anche il progetto di questa squadra e società.

Perché, come diciamo sempre, i risultati sono tutto e definiscono il presente ed il futuro di una stagione e di un progetto che di risultati vive e che da essi, poi, costruisce e raccoglie tutto il resto.

Arrivati all’inizio del girone di ritorno del campionato nessuno in casa Pallacanestro Varese ha saputo darci una spiegazione chiara e logica del problema, anche perché se no sarebbe stato probabilmente arginato, ma pare evidente che non sia una questione riconducibile né alla tattica né alla tecnica: questo per la portata del crollo generale che ha la squadra in tutti i suoi interpreti.

Ed allora il problema è da ricercare nella testa, nell’atteggiamento di tutta la squadra e con questo termine s’intende società, staff e giocatori. Evidente quando le cose vanno bene sopraggiunge un certo senso di supponenza che fa sottovalutare il reale peso del momento, che limita la capacità di concentrazione e di applicazione alla partita e ciò che ne consegue è la debacle totale come avvenuto ieri in Toscana.

Un atteggiamento evidentemente sbagliato che parte da una sottovalutazione del pericolo e del vero valore degli avversari evidentemente, quando si sente parlare di playoff, o di fare 9-6 come score del girone di ritorno dopo aver appena concluso il girone d’andata e aver fatto tre vittorie consecutive, che sono cosa buona ma che sono solo un sassolino in una stagione ancora tutta da vivere.

Evidentemente, però, questa Varese è troppo figlia dei suoi stessi errori, del suo continuo perseverare sempre negli stessi errori tanto da diventare tratti distintivi della sua identità e non c’è cosa più pericolosa per chi come primo obiettivo stagionale deve avere quello di mantenere la categoria.

Errare è umano, perseverare è Pallacanestro Varese.

Alessandro Burin

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