La storia del Futebol brasileiro è costellata di vittorie, trofei, eroi pedatori più volte osannati in numerose canzoni. E’ prassi comune identificare il fuoriclasse, il palleggiatore sopraffino, il “craque” come “brasiliano”, cosi come il tenace fumatore sarà “turco”e l’indefesso operaio, artigiano o lavoratore in genere, certamente “negro”. La CBF (Confederaçao Brasieira de Futebol) che nel mio personalissimo cartellino significa Concetti Base del Football, è cinque volte Campione del Mondo, il massimo degli allori. Ma alcune cocenti delusioni hanno marchiato a fuoco la storia personale dei suoi protagonisti, già pronti ad assaporare il trionfo ed invece fango, fischi, umiliazione! Cinque disastri mi hanno particolarmente impressionato, cinque date che non dimenticherò, cinque vittorie annunciate trasformate dal destino in sonore sconfitte, la cinquina del demonio: 38-50-82-86-90. Prima puntata…
1938, Mondiali di Calcio in Francia. La Seleçao Brasileira, in completo bianco che manterrà sino al 1954, schiera un colosso, un centravanti di colore dal fisico possente ed elastico, un “Diamante Nero”, detto “homem-borracha”, l’uomo di gomma, inventore della famosa “rovesciata a bicicletta” -paternità indegnamente attribuita ai cileni-, impressiona i giornalisti presenti per rapidità, inventiva, possenza. Realizza goal a raffica e, durante la partita contro la Polonia, è protagonista di un episodio da leggenda. Gioca scalzo sotto la pioggia per controllare meglio le movenze del proprio fisico statuario, un re! Il 16 giugno accade l’impensabile. Semifinale contro l’Italia. Convinti della loro forza, i brasiliani hanno già prenotato l’aereo per la finale di Parigi. Considerano il match con gli azzurri pura formalità. Cedendo alle lusinghe della supponenza e della presunzione -brutta bestia, credi di essere e non sei-, il Commissario Tecnico Ademir Pimenta non schiera in campo Leonidas, volendolo risparmiare per il partitone di finale. E’ storia che gli dei puniscano l’arroganza degli uomini. Odisseo vagò vent’anni prima di depositare il proprio fondoschiena sul letto di casa sua. L’Italia prende fiducia, il Brasile non c’è, l’arbitro non segnala un fallo laterale per i sudamericani e, nella susseguente azione, decreta un rigore per gli azzurri. Il Brasile perderà 2-1 e Leonidas si trasformerà, suo malgrado, nel protagonista monco, un coito interrotto, l’allegria mutata in disperazione. Quel Mondiale che avrebbe dovuto essere una passeggiata, una vetrina fu, per Leonidas, un incubo. La vita calcistica gli restitui’ in seguito ciò che gli tolse nel 1938, vinse campionati con San Paolo, Vasco, Botafogo, Flamengo e si affermò in campo internazionale. Giocò con la Seleçao 37 partite segnando 37 goal, ma non dimenticò mai quel 16 giugno 1938.

Marco Caccianiga