Se la riconoscenza non è un obbligo, l’educazione ed il rispetto si devono sempre, a tutti. A ciò è venuto meno Leonardo Okeke che, nella festa per la promozione in LBA di Cantù (a proposito, bentornati) ha avuto la bella idea di lanciare un coro dal palco della festa chiaro ed eloquente recitante: “Varesotto pezzo di m***a“, con risate sguaiate al seguito. (Video estratto dalla diretta di LE News)

Un gesto che si poteva assolutamente risparmiare, in primo luogo in quanto tesserato di un’altra società di LBA, al di là che si tratti o meno di Cantù (anche se questo a maggior ragione, vista la rivalità sportiva tra le due piazze, dovrebbe far scaturire un certo tatto ed una certa attenzione nell’uso di certe parole o comportamenti) ed in secondo luogo tenuto conto di ciò che la società di Piazzale Gramsci ha fatto per Okeke, rimettendolo in piedi da un infortunio gravissimo che avrebbe potuto anche stroncargli la carriera, aspettandolo nel lungo recupero, dandogli fiducia e offrendogli addirittura un posto di primo piano nella squadra della passata stagione, non fosse stato che poi, ancora una volta facendo tutto da sé, lo stesso Okeke si sia fatto fuori dalla società biancorossa per fatti extra campo.

In mattinata sono pervenute via social con una storia che tra 24 ore sparirà (mentre il video del coro rimarrà per sempre in rete) le scuse dello stesso Okeke verso Varese ed il suo popolo: un gesto dovuto ma che ormai ha ben poco valore visto che il danno è già stato fatto.

Queste le scuse di Okeke via social.

In merito al video apparso sui social che mi ritrae far parte di un coro contro Varese durante i festeggiamenti della nostra vittoria dei playoff, desidero sottolineare che è scaturito, certamente con troppa leggerezza, in un contesto assolutamente goliardico ma con nessuna intenzione di offendere i tifosi di Varese, verso i quali nutro grande rispetto. Non mi hanno mai fatto mancare il loro supporto neanche nei momenti più duri. Chiedo scusa a chiunque si sia sentito offeso, ma sono sicuro che possiate capire l’innocenza delle mie parole per evitare di creare ulteriori polemiche. E non era altrettanto nelle mie intenzioni offendere la città. In un momento di celebrazione ho seguito, per gioco ma sbagliando, i cori dei nostri tifosi fatti un attimo prima ai miei compagni

Alessandro Burin

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