Si è conclusa in modo spettacolare la sesta edizione della Master Cage. Il torneo estivo di basket 5vs5 tra i più belli d’Italia, svoltosi a Cavaria con Premezzo, ha registrato anche quest’anno un successo di pubblico e di seguito sui social, ma non solo, perché ancora una volta è riuscito ad alzare sensibilmente il livello di competitività in campo.

A trionfare sono stati, per la terza volta in quattro anni, i Los Angeles Lakers, guidati dall’MVP del torneo Matteo Maruca, dalle giocate di Nikola Ivanaj e dall’estro e dalla fantasia di quel funambolo cestistico che è Federico Vai. A pochi giorni dalla fine del torneo proviamo a tracciare un bilancio di questa edizione con l’organizzatore Alberto Riganti.

Qual è il bilancio generale di questa Master Cage 2025?
“E’ stata un’edizione spettacolare. Siamo rimasti sorpresi dalla riuscita dell’evento perché è andato tutto oltre le più rosee aspettative sotto tutti i punti di vista. Il successo oggi si misura anche (ma non solo) in termini di partecipazione e di impatto sui social. Beh, abbiamo visto al campo migliaia di appassionati e la nostra pagina Instagram ha avuto milioni di contatti nelle tre settimane di torneo. Anche questo ci fa dire di aver trionfato su tutta la linea.”.

Il livello tecnico si è alzato veramente tanto anche quest’anno: se dovesse farmi tre nomi di giocatori che l’hanno davvero colpita, chi mi direbbe?
“Sicuramente la più dolce sorpresa sono stati i fratelli Bottelli, in particolare Federico che si è portato a casa anche il premio di MVP dell’All Star Game e quello di miglior giovane del torneo. Due dei talenti più fulgidi del basket varesino che hanno onorato al meglio ed impreziosito il nostro torneo varesotto. Mi è piaciuto poi tanto Riccardo Gozo, un 2008 con grandissime doti atletiche e poi ovviamente non possiamo prescindere dai grandi della nostra storia come ad esempio Matteo Maruca, Filippo Testa, Nikola Ivanaj e tanti altri ragazzi che venendo da fuori si sono affacciati al nostro torneo, come Oliveri, Cardani, Negri, Lovato, Foresti. Insomma, tutti giocatori di alte categorie che vengono a giocare il nostro torneo e questa è la cosa che mi inorgoglisce di più: non c’è nessuno che viene a fare finta, a giocare giusto per farlo. Tutti s’impegnano al massimo e prendono molto sul serio il nostro torneo, elevando il livello della competitività ed allo stesso tempo, quello della spettacolarità . Questo per noi organizzatori è un onore, perché vuol dire che rispettano il gioco ed il livello che viene messo in campo”.

Ecco, il tema della competitività è fondamentale. Come si rende un torneo estivo, nel quale giocano ragazzi che magari hanno appena firmato anche contratti importanti, altamente competitivo come avete reso ormai voi la Master Cage?
“Noi alla parte campo diamo tantissima attenzione e gestiamo tutto con estrema serietà. Viene arbitrato da tre arbitri molto bravi che fanno un lavoro molto difficile e poi penso che i giocatori vengano a giocare e lo facciano al massimo perché si sentono tutelati dal livello del torneo. Quando ti confronti con giocatori della tua stessa categoria o affini, sai fino a dove poterti spingere, quali contatti sono ammessi o meno e quindi più ci sono giocatori di alto livello più loro stessi sanno come stare in campo mantenendo un livello di gioco tale da elevare anche quello di chi, magari, solitamente giocano ad un target più basso”.

Quest’anno è cambiato il format con più squadre iscritte ed anche più partite disputate. E’ soddisfatto del risultato ottenuto?
“Molto. La formula a 8 squadre ha portato un ulteriore dose di talento al torneo e poi fino ai Play-In tutti hanno la possibilità di qualificarsi alle finali e questo porta i giocatori a sentirsi coinvolti fino alla fine. Alla Master Cage giochi un minimo di 5 partite, ed un massimo di 9 per vincere il torneo. Diciamo che bisogna arrivare belli pronti, anche dal punto di vista fisico. Quindi posso dire che sicuramente è stato un esperimento positivo che riproporremo anche l’anno prossimo”.

Si parla sempre di giocatori ma è giusto anche citare gli allenatori, perché poi riuscire a coinvolgere dei coach veri e propri in un torneo estivo, è cosa piuttosto insolita. Come ci siete riusciti?
“E’ una conquista anche questa. Riuscire ad appassionare allenatori professionisti o para-professionisti ci dà la misura di come anche loro vedano il nostro torneo come davvero competitivo e per il quale valga la pena impegnarsi. Poi ognuno di loro, devo dire, si approccia nella maniera migliore, accettando il verdetto del campo, lasciandosi coinvolgere da tutte le attività social che facciamo e anche questo per noi è importante. Poi è chiaro che il risvolto più bello, per lo spettacolo, è vedere questi coach che allenano, impostano schemi, fanno i cambi, chiamano timeout, cambiano le difese. Tutto ciò non fa altro che alzare il livello di attenzione e competizione. Certo, poi fa sorridere pensare che l’unica squadra senza coach abbia vinto il torneo ma anche questo è lo spettacolo della Master Cage”.

Non solo risvolti sportivi ma anche benefici visto l’aiuto concreto che ormai da anni date a SuperO e da quest’anno anche a Slums Dunk…
“Come dicono quelli bravi: “This is why we play”. Io penso che se non abbinassimo un progetto benefico o una serie di attività volte a fare del bene, faremmo una cosa un pò monca. Ha poco senso avere ogni sera centinaia/migliaia di persone e non provare a sfruttare questa cosa per aiutare il prossimo, sostenere un progetto. Questo sempre nella massima libertà e discrezionalità di ogni persona. Siamo felici di quanto stiamo facendo e dell’aiuto che nel nostro piccolo possiamo dare a queste realtà”.

L’altro risvolto sociale del torneo è il riuscire ad aggregare tantissime persone, ogni sera, attorno ad un campetto per vedere delle partite di pallacanestro…
“Diciamo che la provincia di Varese vive di basket, ha una forte tradizione verso questo sport e riuscire a muovere tante persone dalla propria casa per 9 sere in due settimane circa solo per venire da noi, beh è tanta roba. Ciò che più mi fa piacere è vedere una persona alla prima sera e magari ritrovarla lì alla seconda, alla terza, alla quarta e magari ogni volta si porta un amico in più, ecco questo per me è il vero successo di tutto”.

L’ha nominata lei ed allora le chiedo se l’obiettivo è portare il torneo a Varese per il 2026?
“Sono abbastanza convinto che nel 2026, se il comune ce lo concederà (e ce lo concederà), saremo ancora a Cavaria con Premezzo. Quello di Varese rimane un piccolo sogno per il quale dobbiamo fare ancora un pò di strada e anche Varese stessa penso debba farla, nel senso che ad oggi un playground come quello che c’è a Cavaria con il campetto esterno, la palestra a disposizione nel caso piova, gli spogliatoi per i giocatori, il magazzino per noi, a Varese non c’è”.

Ed allora le chiedo come si alza ancor di più il livello?
“Continuando a fare quello che stiamo facendo nel modo in cui lo stiamo facendo, provando ad offrire sempre di più ai nostri giocatori a livello di contenuti e magari chissà, con qualche collaborazione di altissimo livello per le quali ci stiamo già muovendo e che possano impreziosire ancor di più tutto il torneo”.

Alessandro Burin

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