
Numero 504 della classifica mondiale Atp a inizio anno, numero 145 oggi, come eredità di una stagione da urlo che l’ha già visto vincere tre titoli a livello Challenger e altri sei nel circuito Itf, fino a renderlo il miglior giocatore di tennis dell’intero continente africano. Ma nel percorso con la racchetta di Moez Echargui, il tunisino classe ’93 che dal 2022 si allena con l’MXP Tennis Team (prima nel Varesotto e oggi al Quanta Club di Milano), c’è molto più del presente, fin da quando appena maggiorenne si trovò sostanzialmente costretto – come altri connazionali – a lasciare il suo paese a favore del college negli Stati Uniti. Per via della carenza di risorse economiche, ma anche di strutture e tecnici all’altezza, era la soluzione migliore (o la sola) per continuare a inseguire il mondo dei “pro”. Per lui, il sogno di fare del tennis giocato il proprio lavoro è diventato realtà non prima dei 22 anni, con in tasca una laurea in ingegneria e scienze informatiche, ma la svolta sarebbe arrivata parecchie stagioni più tardi, dopo l’approdo in Lombardia e dopo aver fatto i conti con una serie di infortuni che avrebbero messo al tappeto chiunque. Prima il crac a un ginocchio, poi problemi a un polso, a una caviglia e per ultimo – nel settembre del 2024 – uno strappo al bicipite femorale che l’ha obbligato a fermarsi di nuovo e ricominciare, alla soglia dei 32 anni.
“Ricordo quando lo scorso gennaio – dice Marco Brigo, direttore sportivo di MXP – io e Fabio Chiappini ci siamo seduti a un tavolo con Moez e l’abbiamo invitato a riflettere su cosa volesse fare del suo futuro, data l’età e la classifica di nuovo crollata. Lui ci ha guardato negli occhi e ci ha detto ‘sto bene, credo nelle mie possibilità e penso di poter ancora raggiungere i primi 100 del mondo, quindi vado avanti’. Non aveva alcun dubbio e ha avuto ragione lui”. Da quella chiacchierata è partita una super stagione, diventata da favola fra agosto e settembre: Echargui ha vinto a Porto il primo titolo Challenger in carriera, poi si è preso il sesto Itf stagionale e quindi altri due Challenger, a Hersonissos (Grecia) e a Saint-Tropez (Francia). In tre mesi ha scalato circa 300 posizioni nel ranking e si trova oggi nei primi 150, con la certezza di debuttare nelle qualificazioni dei tornei del Grande Slam. Lo farà a gennaio all’Australian Open, a 33 anni: non è un record ma poco ci manca, e lo ripaga di una carriera fatta di enormi sacrifici, impossibilità nel raggiungere le destinazioni di molti tornei a causa del visto negato, lotta per la sopravvivenza col portafoglio spesso vuoto.
“Quando nel 2022 ha iniziato il percorso con MXP – dice ancora Brigo – era senza denaro e senza permesso di soggiorno. Abbiamo trovato insieme una soluzione che gli permettesse di allenarsi con noi malgrado la carenza di risorse, ma poteva stare in Italia con un visto sportivo per un numero di settimane ben preciso. È stato molto complesso far conciliare questo obbligo con la sua attività. Fortunatamente, nel 2024 è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno grazie al tesseramento per una squadra di Serie A1, così si è potuto stabilizzare in Italia e abbiamo iniziato a concentrarci solo sul tennis”. Come è andata lo dice la classifica Atp e non è finita qua, visto che per parecchi mesi Echargui avrà pochi punti da difendere, dunque può salire ancora verso l’obiettivo top-100. “Il livello che ha raggiunto – spiega ancora Brigo – lo rende un traguardo alla portata. Sarebbe l’ennesima rivincita di un ragazzo d’oro, la cui storia può essere d’ispirazione per tanti, visto ciò che ha dovuto superare. Oggi nei primi 200 giocatori della classifica mondiale c’è un solo africano, lui. Per arrivare fino a lì, partendo da un paese che non gli offriva grandi opportunità, ha dovuto lottare molto più di tanti altri, combattendo con la burocrazia, gli infortuni e anche le difficoltà finanziarie. Siamo orgogliosi di aver creduto in Moez fin dall’inizio: è stata la scelta giusta e gli auguriamo di togliersi ancora tante altre soddisfazioni. Se le merita tutte”.
Redazione